Reboot nel quale fuoco, sangue e sabbia dominano, Mad Max:Fury Road è adrenalina pura, un concentrato di azione che pare girato tutto d’un fiato. Un imperdibile gioiello post-apocalittico, gestito dal settantenne George Miller.
Max è un ex poliziotto che vaga nel deserto. Catturato da un gruppo di war boys, Max viene portato alla Cittadella e incatenato. Nel mentre un convoglio guidato da Furiosa (una delle mogli di Immortan Joe) cambia improvvisamente direzione e si dirige verso i territori ostili.
Interceptor aveva consegnato al cinema un prodotto dal budget bassissimo e aveva creato l’icona di Mad Max. I successivi capitoli avevano confermato la validità dell’idea e innalzato il protagonista Max a simbolo di un mondo in declino, privo di risorse e dominato dalla desolazione. 36 anni dopo Mad Max: Fury Road è l’atteso reboot firmato dallo stesso regista (il visionario Miller), che trova nella velocità, nell’estrema follia e nell’inseguimento la cifra stilistica corretta per accattivare il pubblico e coinvolgerlo fino alla conclusione.
Caratterizzato da un protagonista carismatico, che lascia spesso campo libero a un gruppo di giovani donne (le fattrici di bianco vestite) e allo loro leader Furiosa, Mad Max: Fury Road lascia con il fiato sospeso per l’intera durata. Difatti sono pochi i momenti in cui l’azione si ferma (delle piccole “oasi” nel deserto filmico) e sviluppa la narrazione, che si interroga sulla redenzione e sull’uccisione del mondo che i personaggi conoscevano. Per il resto la pellicola è un interminabile inseguimento, nel quale il pathos e la violenza raggiungono livelli altissimi, mentre la follia di un gruppo di war boys domina in lungo e in largo.
Falsi profeti del nuovo e desolante mondo, il Valhalla come terra promessa per il sacrificio alla causa, morte, vita e fuoco sono le caratteristiche di una pellicola che viene accompagnata da una partitura musicale trascinante e da una fotografia che fa leva sull’esasperazione dei colori caldi del deserto. Inoltre le piccole sortite dell’appena accennato passato dell’ex poliziotto Max divengono espedienti necessari a sviluppare altri capitoli, che lo spettatore attende con ansia, anche se il rischio è quello di effettuare una ripetizione che sarebbe difficilmente digeribile.
Difatti Mad Max: Fury Road è un prodotto unico, che difficilmente troverebbe altri sbocchi; nel caso della prima trilogia c’era un progetto che mostrava la nascita del duro e folle carattere del personaggio principale (l’uccisione del collega, della moglie e del figlio da parte di una gang di motociclisti lo portavano a vendicarsi in modo incontrollabile), che successivamente vagava in un mondo sempre più desolante. In questo reboot Miller, conscio della pericolosità di una costruzione narrativa diversamente appetibile, catapulta il pubblico immediatamente nel mezzo dell’azione, pigiando immediatamente sull’acceleratore, perfettamente in linea con gli appetiti dell’attuale pubblico seduto in sala. Per questo motivo Mad Max: Fury Road è un film unico nel suo genere, nel quale la speranza appare come una flebile rivalsa nei confronti di un mondo che si è rivoltato contro il suo popolo.
Mad Max: Fury Road rispetta le attese, esibisce una tecnica sopraffina e una creatività fuori dal comune (l’intuizione dell’esistenza di un culto religioso legato alle macchine e alle loro cromature è geniale). Miller contrappone il candore femminile, puro e custode della vita, al marcio degli uomini (sporchi, cattivi e senza pietà); nessuno viene salvato da questo confronto (a parte l’errante Max), che sebbene appaia banale e superficiale, contiene una dicotomia primordiale e realistica. Insomma Mad Max: Fury Road trova la giusta chiave di volta per farsi apprezzare completamente, appare un prodotto di livello elevato, che sarebbe riduttivo relegare esclusivamente al genere action.
Uscita al cinema: 14 maggio 2015
Voto: ****