George Miller riprende in mano il suo eroe e lo adegua ai tempi gonfiando il tutto: veicoli più fantasmagorici, più inseguimenti, più esplosioni.
Nonostante l'accentuazione degli aspetti fumettistici Fury Road rimane fedele all'estetica tribal-punk inventata dal regista: che cos'è l'immaginifica chitarra sputafuoco con il suo apparato di autoparlanti e tamburi, se non la versione punk delle bande militari che accompagnavano gli eserciti in guerra?
Lo snodo più originale della vicenda non è tanto la presenza di donne guerriere come Furiosa, che resta comunque un bellissimo personaggio o la tribù matriarcale delle Vuvalini: l'idea delle donne come portatrici di un modello di vita più naturale che salvaguarda la natura e la sua biodiversità è piuttosto scontata.
Innovativa è l'idea che non esiste un luogo migliore da raggiungere dove ricostruirsi una vita (il “Luogo Verde” dell'infanzia di Furiosa è stato devastato dai cambiamenti climatici) ma che solo salvaguardando il posto in cui si vive dalla corruzione e dalla sopraffazione si può trovare una redenzione. E' l'intuizione di Mad Max che però nella sua follia sempre più allucinata dai ricordi continua a vagare senza meta.