La trama (con parole mie): Mad Max, divenuto una sorta di vagabondo nel mondo delle terre perdute, viene derubato dalla vecchia conoscenza Jedediah: inseguendo l'ex alleato, l'uomo si ritrova a Bartertown, una città costruita e governata dalla dispotica Aunty, che prima gli propone un'alleanza in modo da sconfiggere Master Blaster - che controlla la parte sotterranea della città e la sua energia - e poi tenta di eliminarlo.Salvato da una giovane nel pieno del deserto, Max scoprirà una colonia di ragazzi cresciuti nel mito delle città che anche lui a stento ricorda e di una profezia che lo vede protagonista come guida degli stessi verso il loro futuro: l'impresa risulterà più ardua del previsto, e lo scontro con Aunty e i suoi uomini, ostacolo per la libertà ed il compimento del destino della tribù che guida, lascerà l'antieroe come di consueto solo lungo la strada, una leggenda della Frontiera.
Mi fa quasi impressione pensare che saranno passati vent'anni almeno dall'ultima volta in cui questo film aveva trovato spazio sugli schermi di casa Ford: ricordo che dovevo essere alle medie - o forse anche all'ultimo anno delle elementari -, i capelli platino di Tina Turner e il deserto rosso dell'outback australiano che non avrei mai immaginato di attraversare anni dopo.
Devo ammettere, però, di essere rimasto parzialmente deluso da quello che, per ora, resta l'ultimo capitolo delle avventure di Mad Max: non che questo film mostri particolari lacune, la produzione è nettamente più curata rispetto a quelle dei capitoli precedenti, le parti d'azione funzionano dalla prima all'ultima, la seconda metà e l'esperienza del protagonista nella colonia di ragazzi cresciuti con il mito delle città del passato ha il sapore dell'avventura che solo i grandi romanzi di genere riescono a trasmettere, Gibson e la Turner sono perfetti per i loro ruoli ed il setting è curato come mai era capitato prima in questa saga.
Eppure, in qualche modo, lo stesso successo in grado di garantire fondi per una realizzazione decisamente impressionante rispetto ai primi due capitoli finisce in qualche modo per limitare soprattutto la fase di scrittura, minata in parte dalla volontà di registi e sceneggiatori di fornire al grande pubblico che, ai tempi, si sarebbe avvicinato a Mad Max senza conoscerne l'intera storia, tutti gli strumenti possibili per conoscere e comprendere il personaggio, finendo però per stemperare troppo l'aura più grezza e violenta dello stesso.
Come se non bastasse, l'utilizzo molto forzato di Jedediah, il pilota di elicottero di Interceptor - Il guerriero della strada, nuoce alla completezza della vicenda, considerato il fatto che viene praticamente ignorato lo sviluppo dello stesso personaggio avvenuto nel film precedente, finendo per trasformare la spalla "comica" perfetta del protagonista in una sorta di alleato forzato senza una memoria effettiva dei trascorsi con Max.
Script - o almeno parte di esso - escluso, il resto convince però dall'inizio alla fine, sfoderando una serie di momenti cult che ricordano le atmosfere di Star Wars, i peplum che fecero la fortuna dei b-movies italiani negli anni cinquanta e sessanta e rimandano ai più recenti Avatar e John Carter: dall'arrivo del nostro a Bartertown alla scoperta dell'utilizzo dello sterco di maiale per l'estrazione di metano da usare come combustibile - decisamente avanti rispetto a tempi in cui tutto passava per la benzina -, dalla battaglia nella gabbia contro Master Blaster - che tanto mi ha ricordato uno degli eventi di wrestling che seguo sempre con grande soddisfazione - all'ultimo scontro con Aunty e i suoi, un duello tra mezzi che richiama le atmosfere di quelli tra pistoleri nel vecchio West, abbiamo l'imbarazzo della scelta per ritrovarci meravigliati quanto e più di quanto accade con pellicole ben più recenti portate sullo schermo a suon di effettoni e 3D.
Inoltre, la già citata parte "profetica", in cui Max assume di nuovo il ruolo di riluttante leader di una comunità "debole" amplificando il suo aspetto paterno risulta davvero efficace sia dal punto di vista visivo che di contenuti, tanto da ricordarmi - complice l'aereo che i ragazzi sognano di prendere per raggiungere quelle che ormai sono le rovine di Sidney - l'interessantissimo lavoro di Herzog Dove sognano le formiche verdi, splendido affresco legato alla cultura aborigena e al sogno di un nuovo inizio purtroppo tra i meno conosciuti del regista tedesco, uscito l'anno precedente rispetto a Oltre la sfera del tuono.
Con la conclusione - simile a quelle che hanno già visto l'ex poliziotto e giustiziere nei due capitoli precedenti -, assistiamo all'ennesima scelta di solitudine di un personaggio che è divenuto leggendario tra gli appassionati di Cinema d'avventura e non solo, e resta ancora oggi uno degli eroi "scomodi" più interessanti che la settima arte abbia proposto pescando dalla sua materia più grezza, tamarra e pane e salame, secondo soltanto all'inarrivabile Snake Plissken.
Ammetto che non mi dispiacerebbe affatto pensare ad una produzione che lo ripeschi, e che, se ben curata e non votata alle leggi di mercato, potrebbe davvero diventare un modo perfetto per salutare un mito e rendergli omaggio nel migliore dei modi.
Del resto, Rocky docet.
E quando c'è di mezzo il buon Balboa, io non posso che schierarmi dalla sua - e dalla loro, considerato Mad Max - parte.
MrFord
"We don't need another hero
we don't need to know the way home
all we want is life beyond the thunderdome."Tina Turner - "We don't need another hero" -