Parlo di Mad Men, una serie tv ( trasmessa in Italia sul canale Cult di Sky), diversa dalle solite, nuova e originale, che negli Stati Uniti, ormai è un prodotto cult che, alla terza stagione, è ancora ai primi posti negli ascolti e, nello stesso tempo, pluripremiata anche dalla critica. Eppure si tratta di una serie alla quale, quando è stata proposta, nessuno ha creduto, al punto da essere rifiutata da tutti grandi network televisivi, mentre fu accettata solo da un piccolo network indipendente!
Ambientata nella New York a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, con uno straordinario e accurato ritratto d’epoca, attentissimo ai particolari e alla sensibilità, e anche alle battute e allo slang di quei tempi. La serie riesce a riportare alla luce lo spirito di quell’epoca, trattando della vita di alcuni pubblicitari e creativi, in anni che possono essere considerati quelli di nascita della pubblicità, nel senso attuale della parola. Molto interessante, come dicevo, l'ambientazione storica, che ritrae i cambiamenti sociali in atto negli Stati Uniti, all'inizio degli anni Sessanta, con sullo sfondo, tra l’altro, la campagna presidenziale che contrappose John Kennedy a Richard Nixon.
Attraverso le vicende e i punti di vista dei protagonisti, siamo guidati a guardare e a riflettere su un tipo di società, quella del capitalismo statunitense, che ha cambiato letteralmente la storia dell’economia mondiale. Si ha l’impressione che si tratti di un rappresentazione, veramente incisiva, di una fase storica e culturale che forse può essere considerata, da diversi angoli di visuale, in un certo senso, la “culla” del nostro “sentire” contemporaneo. Infatti, è interessante come, dal gioco delle vicende, dei personaggi, dal mostrare o nascondere i loro sentimenti e le loro emozioni, talora contraddittorie, forse anche dal modo come gli stessi “oggetti” materiali appaiono, si riescano a comunicare, allo spettatore, emozioni, sensazioni, stati d’animo, ecc., che aiutano a scoprire le radici di quelli di oggi.
L’efficacia nel rappresentare, sia quel senso di spersonalizzazione, nei rapporti, che sperimentiamo o viviamo ancora oggi, sia quell’immaginare o anche creare, magari per mestiere, illusioni senza crederci, quelle identità sfuggenti, fluide… forse liquide?, come direbbe Bauman, sia quell’imporsi come unico obiettivo quello di “vendere”, anche a costo di svendere i propri valori e la propria morale, fa di questo lavoro un prodotto “pensato” e che, con “leggerezza”, e senza ambizioni moralistiche, fa pensare ( e di questi tempi non è cosa, questa, che ci si può attendere dalla nostra TV) e aiuta a leggere il nostro presente!
.Mi pare un prodotto televisivo che aiuta a condividere la speranza del regista della serie, Weiner, il quale, commentando il successo di Mad Men, alla domanda su quale possa essere il futuro del piccolo schermo per il prossimo decennio, ha risposto fiducioso: “Spero di incontrare persone vere, che si preoccupino di raccontare storie personali e artistiche, e che non abbiamo la presunzione di rivolgersi ad un pubblico “stupido”. Solo così eviteremo il degrado”.