Madame Bovary

Creato il 06 luglio 2011 da Francy
Allora care le mie belle principesse Taitù, come ve la passate? Come al solito, eh? Allora, per risollevarvi un po' il morale (sì, lo so, ci vorrebbe uno di quei paranchi che usano allo scarico merci del porto di Genova, comunque... passiamo oltre), vi propongo un post che non è proprio nuovo nel vero senso della parola, bensì speculare. Nella fattispecie, si tratta del controcanto di quello sugli Eroi dei romance di qualche tempo fa (vedi qui), cioè stavolta l'argomento verterà sulle Eroine, compagne irrinunciabili dei nostri eroi. Per la verità, mi sarebbe tanto piaciuto rivelarmi come una mente superbrillante e scrivere qualcosa di veramente originale, invece mi devo arrendere alla banalità e convenzionalità delle mie associazioni mentali. Tant'è, a mia parziale discolpa posso solo invocare la par condicio che, lì in un angolo, mi guarda truce e io non posso far altro che adeguarmi. 
 
Dunque, mi tocca escogitare qualcosa per evitare una replica in versione femminile di quanto già scritto sui nostri adorati e adorabili eroi. Strada peraltro, già in partenza, difficilmente praticabile, a mio modesto avviso, non tanto perché le Eroine dei romance siano meno incisive o catturino meno la nostra fantasia dei loro contraltari maschili. Anzi, ritengo che un bel personaggio femminile, tratteggiato e delineato con cura in tutti gli aspetti del suo carattere, analizzato nelle sue motivazioni e debitamente approfondito psicologicamente, possa essere affascinante e coinvolgente al pari di uno maschile (se si esclude l'attrazione sessuale istintiva che proviamo verso l'eroe di turno, ma questo è un altro discorso).
 
La verità è che mi risulta piuttosto arduo (non so cosa ne pensiate voi in merito, poi mi direte) immaginare delle classificazioni ben definite all'interno del macro personaggio dei romance "protagonista femminile", perlomeno molto più difficile di quanto lo sia stato con i protagonisti maschili. È vero, la protagonista può presentarsi sotto diversi cliché anch'essi ricorrenti: la ragazza ricca, di buona famiglia e viziata che ritiene tutto le sia dovuto; la nobile ridotta sul lastrico in cerca di un marito dotato di congrue finanze, che risollevi le sorti familiari, non importa quanto brutto, vecchio e/o crudele possa essere; la brava figliola tutta casa e chiesa, istruita e sensibile, ma, ahimè, povera in canna, ergo costretta a guadagnarsi da vivere; la bellezza sfolgorante sicura di sé e del proprio potere sugli uomini; la fanciulla dolcemente dimessa ed ignara "dei fatti della vita"; la vedova bella e facoltosa a caccia di amanti e divertimento senza complicazioni sentimentali, come qualsiasi maschio in circolazione degno di questo nome; la giovane donna più o meno in carriera, perennemente ansiosa e poco convinta delle proprie facoltà. 
Insomma, le possibilità sono molteplici, però, correggetemi se sbaglio, nessuna di queste caratterizzazioni è esclusiva e rigorosa, come nel caso degli eroi, dal momento che, molto spesso, questi aspetti, se non tutti almeno in parte, si sovrappongono e si mischiano fra loro, creando una protagonista nuova, più o meno carismatica e psicologicamente attraente, ma che ha una caratteristica peculiare, insopprimibile ed insostituibile: noi lettrici ci identifichiamo con lei Sempre.
 
Scommetto che vi è già capitato più di una volta di chiudere un bel romance particolarmente coinvolgente e di provare una specie di nostalgia per i protagonisti, una sorta di invidia per l'eroina perché, a vostro modo di vedere le cose, ha sicuramente affrontato e superato difficoltà e tormenti apparentemente insuperabili, però vuoi mettere l'emozione? Mentre noi, oltre a dibatterci tra stress e rogne quotidiane, in più ci annoiamo anche mortalmente. Ad essere sincera, non vi saprei spiegare esattamente il meccanismo psicologico che presiede a questo processo di identificazione di cui parlavo (a proposito, c'è una psicologa là fuori che ci legge?), quello che so è che il suddetto meccanismo ha un nome: si chiama "bovarismo".
 
Nello specifico, si definisce bovarismo l'inquietudine esistenziale provocata dal divario tra le condizioni di vita reali e le proprie aspirazioni o anche l'ansia di evadere da una condizione sociale o sentimentale giudicata insoddisfacente, sovente costruendosi una personalità fittizia.  
Eh, già, care mie, proprio così, la ragione fondamentale per cui tendiamo sempre ad identificarci con l'eroina di turno, con i suoi patimenti ed affanni, con le sue avventure rocambolesche è che la realtà che ci circonda proprio non ci piace (be', d'altronde, chi potrebbe darci torto?). Certo, non sempre siamo messe così male (secondo La Rochefoucauld: Non si è mai tanto felici né tanto infelici quanto si crede), spesso e volentieri si tratta semplicemente di una generica insoddisfazione di fondo, che però, in certi momenti, ci avvelena l'anima.
  
Il termine bovarismo, com'è evidente, deriva dal celeberrimo romanzo "Madame Bovary" di Gustave Flaubert. Qui di seguito un breve riassunto del romanzo, per chi non l'avesse letto o non lo ricordasse con precisione:
http://www.metaforum.it/archivio/2004/indexfc0c-2.html?t2287.html
In breve, a livello culturale e letterario, si tratta una corrente di pensiero sviluppatasi durante la seconda metà dell'ottocento e che definiva la tendenza di alcuni artisti a sfuggire alla monotonia della vita di provincia, la metropoli diveniva un sogno ambito, insieme alla lettura che proiettava la mente in una sorta di paradiso terreno, la lettura utilizzata quindi come mezzo di svincolo dalla realtà, come una sorta di droga.
Entrando più nel dettaglio del romanzo, Emma Bovary, più che un personaggio direi un archetipo, talmente potente da conferire il proprio nome allo stato d'animo di cui diverrà simbolo, è l’incarnazione stessa del malessere del nostro tempo, allora (XIX° sec) appena annunciato, oggi sempre più dilagante.
Le laceranti contraddizioni tra quello che si possiede e quello che si desidera, tra la semplicità e la monotonia della vita quotidiana e gli spasmi violenti della passione, il costante anelito verso qualcosa di più e di meglio di ciò che costituisce la nostra realtà, in questi fondamentali concetti si condensa il bovarismo.

Gustave Flaubert


Eppure nessuno, nemmeno l’autore, condannerà mai Emma, perché ella è l'espressione più autentica e sublime della straordinaria fragilità tipica dell’animo umano. Tant'è vero che Gustave Flaubert arriverà ad esprimere la propria comprensione del personaggio e, con esso, di tutte le sue contemporanee, con la famosa affermazione «Madame Bovary c'est moi», che creò tanto scandalo e scompiglio nella società di allora. (Me la ricordo distintamente quella santa donna della prof di letteratura che si affannava nel tentativo di inculcare il suddetto concetto nelle nostre testacce di legno. Ma a 16 anni certe cose non appartengono allo stesso emisfero in cui si vive).
Per certi aspetti, il bovarismo potrebbe essere, almeno in parte, associato all'escapismo; però, a mio modesto parere, quest'ultimo presenta caratteristiche di spensieratezza e di leggerezza che il bovarismo non possiede, oltre al fatto che l'escapismo si basa anche su altri metodi di evasione mentale, non esclusivamente sulla lettura. Nel bovarismo si tende, sull'onda emotiva provocata da un romanzo, a rimettere in discussione le proprie scelte di vita, o parte di esse. Poi, gradatamente, questo stato d'animo si attenua e torniamo a razionalizzare, ma rimane sempre una specie di malinconia di fondo.
Comunque, detto questo, Daniel Pennac, nel suo delizioso saggio sulla lettura "Come un romanzo", include il bovarismo tra i dieci diritti del lettore, cioè a dire che abbiamo tutto il diritto di farci coinvolgere anima e corpo, cuore e cervello, da una bella storia raccontata come Dio comanda. E anche di sognare di vivere le iperboli amorose e le incredibili peripezie delle nostre eroine, perché no? In fondo, che male c'è? L'unica istruzione prima dell'uso è quella di non arrivare alle estreme conseguenze di Emma Bovary (vorrei ben vedere!); tenendo ben presente la linea di demarcazione tra la letteratura e la vita il gioco è fatto, siamo libere di identificarci con le eroine dei nostri mitici romance e rendere così più sopportabile il grigiore quotidiano.
In conclusione, vorrei sottoporvi un breve estratto da una recente intervista al regista americano Woody Allen (CIAK N.° 6 GIUGNO 2011, pag. 43):
«Credo che il lavoro dell'artista sia quello di creare svago per persone intelligenti. Per un artista, il risultato migliore è essere capaci di distrarre le persone dalla miseria della loro esistenza».
Be', a questo punto tocca a voi. Cosa ne pensate delle mie elucubrazioni mentali? Siete d'accordo o dissentite? Voi vi identificate con le eroine dei romance che leggete? Ritenete che l'opinione espressa da Woody Allen si possa applicare anche alle scrittrici di romance? Vi avanzano due secondi due per rispondere al nostro sondaggio (vedi sidebar di sinistra)? (Basta così, mi hanno insegnato che fare troppe domande non è educato ;-) ).

 

OLTRE A LASCIARE LE RISPOSTE NEI COMMENTI QUI SOTTO, POTETE DARE SUBITO LA VOSTRA RISPOSTA NEL NUOVO SONDAGGIO CHE ABBIAMO MESSO SUL SIDEBAR DI SINISTRA!

  
 
 
 
 
  
 

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