Due anni dopo, quindi nel 2012, fanno un ep che io sento una volta e basta, quindi silenzio in sala. E siamo al 2014, sempre con quella pestilenza di Nuclear Blast: HARDCORE LIVES. E’ un titolo banale come una femmina che non te la dà perché ha mal di testa, ma mi piace. Penso che mi farà pentire di essere nato, ma guardo la copertina: una saracinesca con il titolo del disco scritto sopra con la bomboletta, stile graffiti. Banale come un’altra femmina che alla prima uscita ti racconta che il suo ex era stronzo/squilibrato/troppo geloso/scarso a scopare o che non la ascoltava mai. Vaffanculo, però: mi piace pure la copertina. Lo ascolto, dai. E’ un disco Nuclear Blast, quindi la plastica la devi mettere in conto: il suono è un po’ quello che è. Non è da dissenteria, ok, ma insomma. E poi no, loro non sono tornati indietro a diciotto anni fa: sono sempre i Madball di oggi, questo è chiaro. Però vanno spediti: se c’è da correre e da tirare qualche calcio volante, a ‘sto giro non si tirano indietro manco per il cazzo e anche le testate non mancano. Poi ad un certo punto arriva l’anthem Doc Marten Stomp, che ti fa ricordare che un tempo eri un giovinetto incazzato con chiunque con un voltaggio talmente alto in corpo, dalla punta dei piedi passando per il buco del culo, sino ad arrivare alla punta dei capelli e ritorno, e canti col pugno al cielo, ché anche se hai più di trent’anni il mondo te lo può succhiare comunque. E’ un album nostalgico in chiave moderna, questo: ti ritorna in mente quando eri un ragazzino in giro con lo scooter, le prime pompe sotto le barche rovesciate in spiaggia d’estate, fatte con i denti da ragazzine che oggi sono madri di famiglia, le piazzette conquistate, le sgommate con la macchina di tua madre con ‘sti stronzi sparati a palla nello stereo a cassette, la gente che non c’è più, chi c’è ancora, chi è sparito per sempre, chi non se n’è mai andato, il cazzo sempre duro e le cose che non vanno mai via, come la voglia di sborrare. Ma ti riporta anche alla realtà, perché è un album sì “di maniera”, ma il suono, pochi cazzi, è quello di oggi e ti ricorda che sei comunque forse troppo vecchio per le abitudini di quei tempi, ma che lo spirito continua (cit., ovviamente) e la razza umana fa comunque schifo al cazzo. E vaffanculo a tutti. HARDCORE LIVES. (Il Messicano)
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