Madre chiede perdono alla figlia lesbica

Da Psicologiagay

Mi scrive una donna lesbica di circa 40 anni. Laureata e libera professionista, con una vita piena e una relazione affettiva da tempo.

Visibile con naturalezza in contesti informali e lavorativi, anche in famiglia. Tranne che per i genitori. O meglio tranne che per un genitore, il padre. L’altro, la madre, sa tutto da anni, ma è sempre stata ostile, fredda, glaciale.

Mi scrive Manuela:

“Buongiorno dottoressa,
le scrivo questa email per raccontarle di un vero e proprio miracolo di Natale.

Sono una donna lesbica, vivo con serenità la mia vita o almeno ci provo e vengo, come lei, dal sud. Quindi so che potrà capire quello che le sto scrivendo.
Mia madre è una donna tutta d’un pezzo, che si è fatta da sola come si suol dire e ha sempre lavorato, sin da bambina.

Non ha avuto una vita facile, nata in tempo di guerra in una famiglia numerosa e povera. Ha capito presto che doveva cavarsela da sola. Quello che ha vissuto l’ha indurita molto: ho provato tante volte a parlarle, a spiegarle di me, a dirle che ero felice così. A regalarle libri a tema sperando che li leggesse. Ritrovandomeli poi in valigia perchè non le servivano.

Nel tempo, e a causa di un evento piuttosto pesante, si è un pò addolcita.

Ma ogni volta che pronunciavo la parola gay o lesbica, il nome di una donna o di un’associazione, diventava di ghiaccio e chiudeva in fretta la conversazione.
Un muro impenetrabile. Fino allo scontro perchè chiedevo di passare le feste con la mia compagna, insieme a loro.

“A casa tua fai quello che vuoi, qui non voglio nessuno. Neanche amici” mi diceva lapidaria.

Anche quest’anno passerò il Natale con lei e mio padre (e altri familiari) e sarà un Natale speciale.

Lei, l’altro giorno, en passant mi ha lanciato un amo: “Hai letto di Celentano? Eh…dice che è stato un dramma per lui”. Io acida: “E’ più difficile per la figlia avere un padre così”.

Lei: “Ma hai letto l’articolo? Vieni…ce l’ho qui” muovendosi verso il soggiorno. Io: “Si, l’ho letto. Non serve, grazie”.

Dopo qualche ora, mentre appendo il mio cappotto nell’ingresso mi dice che forse Celentano non era riuscito ad accettare subito (ndr il fatto che la figlia Rosalinda sia lesbica), a capire, perchè non sapeva, non conosceva. Le ho chiesto: “Anche per te è stato così?” aspettandomi un volo pindarico per cambiare discorso.

“Si, anche per me è stato così. Non riuscivo a capire, non sapevo che cosa significasse. Pensavo che dovessi operarti. E mi chiedevo perchè mai non me ne parlassi. Se ti ricordi, anni fa quando sono venuta a prenderti alla stazione, ti ho detto che per l’operazione non c’era problema”.

Io con aria sconvolta: “Non mi ricordo questa frase, non l’ho mai sentita. Io non devo operarmi….”

“Si, lo so!. Ora lo so. Prima non capivo, poi piano piano, leggendo i giornali, guardando trasmissioni in tv, ho capito. Sei sempre mia figlia, non cambia nulla”.

Partono i lucciconi, inevitabilmente.

“E’ già da tempo che sono cambiata, da quando finalmente ho capito”. Io: “Ma non me l’hai mai detto…” e continuo “Come tu ti sei innamorata di papà, io mi innamoro di donne. Che devo fare?”

Lei mi abbraccia forte con un sorriso e una serenità che non avrei immaginato neanche nel più bello dei miei sogni: “Devo chiederti perdono. Perchè ho fatto tanti gravi errori nella vita. Perchè hai sofferto per colpa mia. Ti chiedo perdono per quello che ti ho fatto, perchè sei stata male per colpa mia. Già è tutto così difficile là fuori, mi ci sono messa anche io a complicare le cose”.

Sono sempre più sconvolta. Mia madre, detta Zia Adolphina per la sua rigidità e pugno di ferro (polso, mano, tutto di ferro) che mi chiede perdono. Sto sognando, ora mi sveglio.

Le chiedo se ora posso parlarle di quello che vivo e mi fa cenno di si con la testa. L’argine è rotto, si aprono le dighe e il fiume di emozioni e parole corre veloce fuori dalla mia bocca. “Amo da anni XX, ti ho detto che era un’amica perchè avevo paura che ti irrigidissi come tutte le volte, che non potessi più dirti nulla, che mi avresti chiuso la porta in faccia come in passato. Vorrei fartela conoscere…”

Lei: “Magari non qui…vorrei che qui fossimo solo io e te…” Io: “Non ti preoccupare, non la devi ospitare se non te la senti, ma vorrei che la conoscessi”.

Sono al settimo cielo, avevo un buco enorme nell’anima e questo Natale si è inaspettatamente chiuso. I miracoli esistono, questa è la prova. E se ce l’ha fatta mia madre, la persona più rigida che esista al mondo, dopo 20 anni di guerra e di violenza psicologica, c’è speranza per ogni gay, lesbica, trans nel mondo.

Ecco, volevo condividere questo momento di gioia con lei che da tempo seguo con interesse e attenzione. Grazie per quello che fa”.


Sono contenta per queste due donne che dopo anni di sofferenza e distanza sono riuscite a ritrovarsi.
La madre perchè ha superato le sue difficoltà e i suoi timori, i pregiudizi, anche religiosi per mettere in primo piano il suo amore per la figlia; la figlia che, pur essendo serena rispetto al suo essere lesbica, lamentava la mancanza di accettazione nel posto più intimo e vicino a lei: la sua famiglia di origine.

Per chi vive in contesti chiusi e rigidi questo è pane quotidiano. Soprattutto gay, lesbiche, trans in giovane età sono spesso obbligati al silenzio e al nascondimento perchè altrimenti sarebbero vittime facili di omofobia e denigrazione, di violenze sottili e quotidiane perchè percepiti e additati come diversi, perversi, anormali, malati, peccatori, strani, differenti, disturbati.

Ho scelto di pubblicare questa lettera perchè vorrei la leggessero tutti i genitori che hanno (o sospettano di avere) un/a figlio/a gay, lesbica, transgender e credono sia più importante osservare leggi invisibili che li obbligano ad amare solo se l’altro è come lo vogliono loro, come lo vuole Dio (qualunque Dio, qualunque religione, qualunche culto), come lo vuole la società eterosessista e patriarcale in cui viviamo.

SOLO SE vostro figlio, vostra figlia, finge di essere un’altra persona, SOLO SE si nasconde per una vita intera rinnegando la sua vera identità pur di avere il vostro abbraccio, il vostro sostegno, il vostro affetto, il vostro consenso.
SOLO SE amate veramente chi avete generato potrete, questo Natale, andargli/le incontro, facendo voi il primo passo e non aspettando che i tempi siano maturi, che sia lui/lei ad iniziare il discorso, rimandando di giorno in giorno, negando l’evidenza, sperando che un domani ci sia ancora e non sia così fragile da pensare che non valga più la pena vivere.

NON aspettate ancora. Cogliete l’occasione di questo Natale per levarvi i paraocchi e aprire il cuore: l’unica vera legge è l’amore vero e il rispetto per vostro figlio, per vostra figlia, accettando che sia solo quello che è e amandolo/a proprio per quello che è. Non per quello che vorreste che fosse.

Fatevi un regalo, siete ancora in tempo.