Il numero 100 di MADRUGADA, bellissimo trimestrale giunto ormai al venticinquesimo anno di vita, pubblica un resoconto sul tema della speranza. Poeti, scrittori, esponenti del mondo civile e politico, espongono la loro idea di speranza. Ecco il mio testo. Il giorno in cui questa esperienza di scrittura in rete finirà, mi piacerebbe concluderla proprio con queste parole.
Ringrazio molto Maurizio Casagrande per l’invito
SPERANZA E’ RINOMINARE
Sono un insegnante di scuola elementare e un poeta. Qualcuno mi ha detto che, prima di essere un poeta che scrive, bisogna esserlo nella vita; fare qualcosa, fare azione, e questa è l’essenza dell’arte e della poesia. La poesia, allora, di per sé, è un atto di speranza perché rompe il silenzio e prepara nuovi paesaggi. Non sono paesaggi tranquilli, ma quelli devastati dopo il passaggio della marea. Mi piace camminarci con i bambini al fianco. Loro sanno costruirci segni minimi, come dopo il passaggio delle bestie: piccole costruzioni con i legnetti, con le pietre, terra rappresa. Loro non pensano. Fanno. Questo ricreare, dopo la devastazione delle forze oscure – ricreare, sempre, non si sa se per speranza o per scommessa – è un gesto che si ripete fin dagli albori dell’umanità e che spetta agli ultimi arrivati: gli ultimi, nel senso dei diseredati; gli ultimi, nel senso dei bambini che sfidano l’inimmaginabile, che rinominano le cose con lo sguardo degli innocenti. Forse non dovremmo insegnare le parole ai bambini. Dovremmo indicare solo le cose.
Rinominare: è una parola capace di azzerare tutte le nostre certezze, di ripartire senza pregiudizi. Non credo a una speranza pensata, progettata. Credo a un imperativo che ci fa incontrare in nome di ciò che di più utile e di più bello la razza degli uomini è stata capace di preservare. Tutto il resto è il superfluo del male, la corruzione del mondo che si manifesta nella corruzione delle nostre parole.
Sebastiano Aglieco