Mafia narco e stato: l’altra faccia dell’america latina

Creato il 12 gennaio 2015 da Eurasia @eurasiarivista
:::: Ambra Barone :::: 12 gennaio, 2015 ::::  

Una molteplicità di contraddizioni caratterizzano la multietnicità delle città latinoamericane sempre meno influenzate da culture e tradizioni europee. In questo primo decennio del nuovo secolo le preoccupazioni che attraversano la quotidianità dei latinoamericani sono molte: per governanti e cittadini in cima alla classifica si colloca il tema della sicurezza, anteponendosi con un’evidente urgenza anche ai problemi economici. La principale causa di morte in America Latina è oggi la violenza, che indebolisce ulteriormente tessuti sociali resi già problematici da un retaggio storico, che sembra non essersi mai concluso nelle sue ingarbugliate trame economiche.

La popolazione latinoamericana rappresenta un 8% della popolazione mondiale, pur tuttavia in essa si registra il tasso più elevato di sequestri avvenuti in questi ultimi anni nel mondo. Il tasso annuo di omicidi stimato nel 2012 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è di 28,5 omicidi per ogni 100.000 abitanti: gli omicidi commessi nel 2014 sono stati 165.617 di cui il 75% con armi da fuoco. Le vittime hanno un’età compresa tra i 15 e 44 anni; un tasso tre volte maggiore rispetto la media mondiale. Questa degradazione della sicurezza cittadina trova spiegazione nel progressivo radicamento di un “potere parallelo” nei vari ambiti sociali. Il crimine organizzato, in America Latina, ha compiuto il suo salto di qualità colonizzando l’iniziativa privata e assoggettandola alle sue strutture gerarchiche. Il Brasile è oggi il secondo stato consumatore di cocaina e occupa il terzo posto nella classifica degli Stati con la maggior percentuale di morte per cause violente, preceduto solo da Colombia e Russia. Tra i Paesi più violenti della regione nell’anno 2013 sono stati classificati: Honduras (103,9 morti per 100.000), Venezuela (57,6 morti per 100.000), Giamaica (45,1 morti per 100.000), Belice (44,7 morti per 100.000), El Salvador (43,9 morti per 100.000).

Il crimine organizzato latinoamericano ha il preciso nome di “mafia narco” o “narcos”, genera corruzione, violenza e instabilità politica. I baroni della droga hanno sviluppato un solido sistema di controllo politico su ampie zone della regione, nonché di reclutamento e di appropriazione della ricchezza, una ricchezza forzosa. Lo scenario risulta essere molto complesso. Il problema della criminalità dei narcos in America Latina scoppiò in modo ufficiale negli anni Novanta e oggi ha completamente trasformato la morfologia sociale delle grandi città latinoamericane. Insidia anche i piccoli centri rurali rendendoli suoi feudi destinati alla produzione di sostanze illecite raffinate o alla collocazione della ricchezza e del profitto dell’illecito. I piccoli Paesi del Centro America e dei Caraibi sono diventati veri e propri centri di smistamento della droga, destinata, da lì, a raggiungere il mercato internazionale dell’illecito. Sono anche centri di rifugio delle principali reti di gestione della prostituzione: esse commerciano persone, o, come definiscono lì le vittime, carne para perrazos (carne per cani). La tratta di esseri umani è il commercio che procura nello Stato messicano un alto guadagno insieme al traffico di immigrati, una compravendita che avviene senza la minima interferenza delle forze statali. In Messico, la tratta di esseri umani non è solo un affare per cumulare grandi ricchezze ma è soprattutto un compromesso sicuro per un’integrazione yankee. I 3000 chilometri di frontiera tra Messico e Stati Uniti rappresentano un fenomeno unico, una linea di demarcazione culturale e, al tempo stesso, socio-economica ricca di valore simbolico. La frontiera affascina milioni di messicani candidati alla migrazione clandestina, nel Paese più ricco del pianeta. La città di Juarez è un crocevia di esseri umani dove la donna è oggetto di un aberrante sfruttamento taciuto dall’autocensura dei media.

Nelle economie della regione latinoamericana trovano collocazione i soldi illeciti ricavati dal contrabbando e dalla prostituzione. Penetrati nella finanza degli Stati, i narcoprofitti costituiscono un sistema finanziario parallelo finalizzato alla corruzione di funzionari, polizia, esercito. I costi sociali ed economici, causati dalla narcocriminalità per l’America Latina sono altissimi, considerando anche il valore annuo che la regione perde in termini di investimenti stranieri; la carenza di strutture alternative oltre a quelle istituzionali utili a fornire servizi di sicurezza e di protezione rende per gli investitori esteri il terreno latinoamericano poco appetibile. Secondo la Banca Mondiale la violenza criminale costa all’America Latina più di 30.000 milioni di dollari annuali. La logica criminale basa le sue decisioni sulla valutazione costi-benefici: essa calcola i potenziali benefici del commettere un delitto, relazionandoli con gli eventuali pericoli, con gli eventuali rischi e con la probabile severità del castigo. L’industria del sequestro in Messico è un indicatore affidabile per comprendere con quale logica agiscano le bande ed i cartelli dei narcos: ne risulta che il crimine è estremamente lucrativo mentre le conseguenze penali sono davvero scarse. In passato membri della Divisione antisequestro e lo stesso generale Jesús Gutiérrez Rebollo misero a disposizione del cartello narco di Tijuana intere basi militari, ed assegnarono proprie truppe per sequestrare ed arrestare i membri delle bande rivali. Gutiérrez venne successivamente arrestato nel 1997. Una delle bande più pericolose operanti in Messico per tutti gli anni Novanta fu quella dei “los Zetas”; oggi è il gruppo dei “Guerreros Unidos” a controllare il circuito messicano del narcotraffico.

La corruzione negli stati del Cono Sud

All’inizio degli anni Ottanta, il passaggio verso la democrazia di molti Stati dell’America Latina aveva fatto sperare che la supremazia della legge e della legalità si affermasse. Tuttavia la violenza generata dalla pluralità di attori armati, mafia del narcotraffico, milizie urbane, forze paramilitari, ha seguito e segue il suo indisturbato cammino dell’illegalità, affliggendo l’economia e la politica di molte provincie e città. La metà dei sequestri mondiali si produce in Colombia, che detiene il riconoscimento di Stato leader del settore, seguito da Messico e Argentina. La principale vittima dei sequestri è la classe sociale medio-alta. I casi di sequestro denunciati presso le autorità pubbliche di sicurezza sono davvero molto inferiori rispetto ai sequestri avvenuti. Molte famiglie non denunciano a causa della fondata paura di una eventuale complicità e corruzione delle forze di polizia con i cartelli della droga. Nella sola provincia di Buenos Aires, 23.000 poliziotti sono stati sospettati ed indagati, mentre 4.000 sono stati giudicati per corruzione o per abuso di potere. Nessuno dei 18 Paesi della regione latinoamericana è libero dalla piaga della violenza, indipendentemente dall’orientamento politico del suo governo.

L’Argentina è il terzo Stato, dopo Colombia e Brasile, produttore di droghe destinate al grande commercio internazionale. Le rotte utilizzate per l’introduzione delle sostanze illecite nel Paese sono per lo più aeree, la Gendarmeria Nazionale ha intercettato nel 2013 circa 700 voli non identificati di cui 242 trasportavano droga. Le rotte seguite interessano prevalentemente le frontiere di nord-est e nord-ovest dello Stato, e attraverso esse perviene la cocaina dalla Bolivia e la marijuana dal Paraguay. La droga viene consegnata dai corrieri dei narcos attraverso il lancio di pacchetti in luoghi precisamente stabiliti, la metà della droga che perviene in Argentina è da raffinare per poi essere messa in commercio. Gli aerei dei narcos, quasi sempre si tratta di velivoli di medio carico, non oltrepassano mai la zona di frontiera. Una volta penetrata nel Paese, una parte della droga viene destinata ai grandi centri urbani per soddisfare la sempre crescente domanda interna, la sostanza non raffinata viene invece inviata nelle numerose “cucine” per essere elaborata, e il restante dei pacchetti trova collocazione nel mercato internazionale della droga attraverso i porti argentini. Un importante punto di snodo per il commercio illecito è il porto di Buenos Aires.

La droga che transita in Argentina ha tre mercati principali: Stati Uniti, Europa ed Africa Occidentale. Oggi tre Paesi latinoamericani soddisfano la totalità della domanda mondiale di cocaina: Bolivia, Colombia, Perù. La droga destinata al mercato europeo transita attraverso l’Africa; ultimamente la domanda globale sembra essere stimolata da un incremento della domanda nei Paesi emergenti, cioè da un incremento del consumo di stupefacenti negli Stati produttori e fornitori. In questi ultimi anni il centro di consumo della droga si sta spostando dall’asse Sud-Nord all’asse Sud-Sud e quest’ultimo sembra destinato a divenire predominante nel mercato internazionale della droga. L’endemica povertà negli Stati emergenti è la causa dell’incremento del consumo di sostanze illecite, ed anche la motivazione che spinge gli adolescenti ad affiliarsi alle bande ed ai cartelli narcos, fornitori principalmente di protezione e di un’identità di gruppo.
La mafia narco si avvale di due peculiari aspetti prodotti dalla globalizzazione: lo sviluppo del trasporto aereo intercontinentale, e l’impoverimento di una buona percentuale della popolazione. Il mercato della droga riproduce le stesse disuguaglianze dell’economia globalizzata: la maggior ricchezza (illecita) permane nelle mani di chi ne organizza la distribuzione, e non dei piccoli produttori. Il denaro sporco trova collocazione nei vari settori economici utili a riciclarlo: immobili, turismo e studi legali rappresentano i settori principali per un buon investimento. Le attuali reti di commercializzazione della droga che si estendono da Sud a Nord del mondo, si strutturarono e globalizzarono durante la Guerra Fredda con il consenso dei servizi segreti americani ai quali finanziarono gli interessi geopolitici: la lotta contro il comunismo. Sul finire degli anni Ottanta la mafia narco radica saldamente il suo malaffare negli Stati del Cono Sud contamina le alte sfere delle istituzioni politiche, amministrative, della polizia di: Argentina, Uruguay, Cile e ne stravolge il profilo democratico di tutti questi Stati, interrompendo il loro cammino verso una stabilità politico-istituzionale. Nel corso degli anni, il colore politico dei governi non ha mai arrestato il crescente potere della mafia narco, anzi, lo Stato, attraverso le attività illecite in cui si scoprono essere coinvolti numerosi poliziotti, ne ha favorito la sua configurazione attuale, divenendo esso stesso un narco-stato. Non sono rari i casi in cui la classe politica dopo uno scandalo affermi che i poliziotti coinvolti siano solo funzionari corrotti isolati dalle istituzioni, o ancor peggio vittime della cattiva informazione divulgata dall’opposizione. La verità trova la sua essenza nel “doppio patto” tra governo e polizia.

Nel 1983, con la fine della dittatura militare in Argentina, l’amministrazione della sicurezza pubblica venne delegata senza deroghe dai governi che si susseguirono alle più alte autorità della polizia, a sua volta la polizia gestì (gestisce) il controllo della criminalità partecipando ai crimini: la polizia agì (agisce) come una cupola mafiosa e strinse un patto con i narcos per dividere con essi i profitti generati della gestione del territorio della droga e della prostituzione. Il paradigma che ne derivò è di una crescente violenza che affligge tutti i settori della società argentina e coinvolge tutte le classi sociali. Nel 1990, la rilevanza assunta dal tema della sicurezza ed il disaggio manifestato dalla pubblica opinione non indussero la classe politica ad adottare delle misure utili per modificarne la gestione; di conseguenza, la violenza e la corruzione si radicarono fino ad assumere le forme e l’intensità attuali. La sola preoccupazione della classe politica che divenne (diviene) un limite per l’amministrazione della sicurezza da parte della polizia fu (è) l’acuirsi della conflittualità sociale. Essa poteva (può) mettere in discussione la legittimità dei governanti e creare delle congiunture negative per la politica.

In tale contesto, non è il delitto in sé ad assumere rilevanza, o l’illegalità del modo di operare della polizia, ma il possibile discredito che si ripercuoterebbe negativamente sulla stabilità politica. Il doppio patto rappresenta la condizione che ha propiziato l’espansione del mercato della droga e della prostituzione; un mercato redditizio e diversificato la cui ricchezza è incrementata dai furti e dalle estorsioni. I gruppi criminali stabiliscono delle relazioni con la polizia e con gli attori più influenti dell’economia per esercitare facilmente il dominio esclusivo su un’area attraverso l’uso della violenza difensiva. Il monopolio della violenza su un territorio è fondamentale per lo sviluppo e l’espansione delle attività illecite, perché esso favorisce una soddisfazione economica immediata. Nella fase di consolidamento del potere, i narcos mantengono dei rapporti di vera subordinazione con politici e dirigenti (della polizia), fornendo ad essi i loro favori: fondi o l’eliminazione dei nemici. La protezione dei rappresentanti della legge per i gruppi criminali rappresenta la chiave per il potere territoriale. Nella fase di consolidamento del loro dominio i gruppi criminali non fondano il proprio potere sulla propria capacità logistica ma sull’amicizia di soci esclusivi: lo Stato. In definitiva, è la polizia che esercita, in questa fase di affermazione del potere criminale, il vero controllo sul territorio e sulla popolazione, stabilendo le regole per gli affari criminali. Formalmente, la polizia applica la legge con la detenzione e la successiva liberazione dei criminali, cosicché partecipa al crimine ed accumula ricchezza per sé e, allo stesso tempo, gestisce la sicurezza per evitare clamori e scandali.

Con la presidenza di Cristina Fernandez de Kirchner è stato approvato un programma finalizzato allo sviluppo di un’efficiente politica di contrasto della tratta di esseri umani, del contrabbando di beni e del traffico di droga. Il programma in attuazione si chiama “Operativo Escudo Norte” e contempla un controllo dello spazio terrestre, fluviale ed aereo delle frontiere a nord dello Stato, attribuisce maggior competenze alla Gendarmeria Nazionale ed alla Prefettura Navale Argentina, oltre ad incrementare il numero di Forze Speciali Antidroga attive sul territorio nord di frontiera. Tutti coordinati da un centro di comando, controllo, gestione delle comunicazioni avanzate e di vigilanza. L’istallazione dei 26 radar contemplati dal programma, tuttavia, non è ancora avvenuta, nonostante il programma trovi attuazione in base al Decreto 1091/2011. Durante il periodo della dittatura militare, era stato previsto un piano per controllare, mediante l’istallazione di radar, lo spazio aereo argentino il “Sistema Integrado del Control del Espacio Aéreo”, però esso non ebbe mai esecuzione.

Il coordinamento delle forze attivate sul territorio nord di frontiera risulta attualmente molto difficoltoso a causa anche del carente numero di radar istallati. Esistono solo tre radar aerei primari nel nord del Paese, e all’avvistamento di velivoli non identificati, la Fuerza Aérea Argentina può solo informare i vari centri di integrazione, che forniranno conferma dell’identità dell’aereo intercettato facendo scattare l’intervento delle autorità competenti. Gendarmeria Nazionale e Prefettura Navale Argentina dovranno identificarli una volta giunti sul suolo argentino. Un paradosso che indebolisce l’azione dello Stato nella sua attuale lotta contro il narcotraffico risiede nella inesistenza di una legge che consenta l’abbattimento dei velivoli non autorizzati. La Fuerza Aérea Argentina non può “intercettare direttamente” un volo non autorizzato, la sua azione si riduce ad una mera attività di assistenza verso Gendarmeria Nazionale e Prefettura Navale Argentina. Qualora il velivolo intercettato non abbia alcun contatto terrestre, la capacità d’azione dello Stato argentino è nulla. Il Governo nazionale si è sempre opposto ai vari progetti in materia di lotta al narcotraffico e sicurezza proposti dall’opposizione per legalizzarne l’abbattimento. Il rifiuto del governo è motivato dalla consapevolezza che l’approvazione di una legge che consenta l’abbattimento dei velivoli non autorizzati permetterebbe alla Fuerza Aérea Argentina di intervenire o ingerire in materia di sicurezza interna. Le Forze Armate, responsabili della gestione e del controllo dei radar, non possono dar luogo ad incursioni militari sul territorio nazionale, esse possono solo fornire un aiuto logistico quando necessario. Inoltre lo stato argentino nel 1987 con il governo di Raúl Alfonsín aderì alla Convenzione di Chicago che proibisce l’utilizzo di armi da fuoco in materia di aviazione civile. Un limite che crea delle vere zone grigie nella lotta contro il narcotraffico.

Durante tutti gli anni Novanta, le attività del narcotraffico negli stati del Cono Sud non erano del tutto autonome dallo Stato e dalle forze di sicurezza che le proteggevano e favorivano. Tuttavia, nell’ultimo decennio, l’equilibrio del doppio patto che subordina i gruppi criminali alla polizia sta cambiato. L’incremento del consumo interno di cocaina ha propiziato la nascita un mercato locale che risulta altamente redditizio, conseguentemente i modi di agire dei narcotrafficanti si stanno modificando. Con la diffusione delle cucine dove si trasforma la pasta base comprata nei Paesi vicini in droga raffinata, i narcos non sono più solo fornitori ma anche produttori di droga destinata a soddisfare la richiesta del mercato interno. L’affiliazione ai circuiti locali di produzione e di commercializzazione della droga sovente si conclude con regolamenti di conti e scontri armati, motivati dalla maggiore competizione per il controllo del territorio che sgretola ulteriormente il doppio patto, giacché l’egemonia del territorio è sempre meno subordinata al consenso delle forze di polizia. L’organizzazione narco sta divenendo progressivamente incompatibile con il potere parallelo della polizia.

Conclusioni

Gli imprenditori del crimine in America Latina adesso stabiliscono sempre più spesso relazioni di crescente parità con gli attori istituzionali; finanziano le campagne elettorali dei politici e investono in attività economiche lecite, facendo sì che il loro potere finanziario muti in un monopolio della politica e dell’economia nazionale. Il crimine organizzato si identifica sempre più come uno Stato nello Stato. La recente detenzione da parte della polizia di 43 studenti e la loro successiva sparizione ad Iguala, nel sud del Messico, ha dimostrato come il narco-stato eserciti una forma di terrorismo. La scuola normale rurale di Ayotzinapa rappresenta per i governanti e per i criminali un ostacolo ereditato dalla Rivoluzione Messicana. Le scuole normaliste, quindici in tutto il Messico, garantiscono ai giovani studenti una cultura di buona qualità e migliorano le condizioni di vita degli insegnati. Frequentate da comunità di origine indigena e contadina, le scuole normaliste messicane costituiscono un limite alla diffusione del mercato del sapere gestito dalla criminalità e dalla politica. Le famiglie degli studenti sono piccoli nuclei di agricoltori indigeni che ostacolano, con i loro diritti di proprietà, l’espansione dell’agroindustria destinata all’esportazione. Il 26 settembre gli studenti si erano diretti ad Iguala per lottare affinché la loro scuola sopravvivesse. Ufficialmente, ad uccidere e bruciare gli studenti normalisti fu il gruppo dei “Guerreros Unidos” ma dei video girati dagli stessi studenti ed alcune testimonianze rese pubbliche dopo le manifestazioni di indignazione e protesta della pubblica opinione internazionale dimostrano che l’efferato attacco contro i normalisti fu organizzato ed eseguito dalla Polizia Federale con la complicità dell’Esercito, obbedendo agli ordini dettati dal sindaco di Iguala, intimorito dalla preoccupazione che gli studenti con le loro rivendicazioni e raccolta di fondi, potessero compromettere l’attività della moglie responsabile del “Sistema per lo Sviluppo Integrale della Famiglia” del Municipio di Iguala.

Attualmente, in Messico il narcotraffico costituisce la fonte di ricchezza più consistente e significativa del Paese; il denaro prodotto dal narcotraffico risulta essere perfino maggiore dei ricavi derivati dall’esportazione del petrolio. Una narcoeconomia che presuppone istituzioni corrotte e criminali; l’arresto del sindaco di Iguala José Luis Abarca e della moglie María de los Ángeles evidenzia e dimostra l’esistenza di una forma di potere istituzionale in cui cartelli della droga e dirigenti politici si mescolano e si alternano nel suo esercizio.

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