Mentre infuria lo scandalo Datagate, la figura del whistleblower è tornata agli onori delle cronache nazionali e internazionali. L’Italia rimane indietro dal punto di vista legislativo, ma la ratifica di una convenzione europea e una mozione della commissione antimafia del comune di Milano pongono solide basi per migliorare la tutela dei “suonatori di fischietto”.
UN PO’ DI DEFINIZIONI – Il whistleblower è una figura che in Italia è poco o nulla conosciuta: la definizione recita che il “suonatore di fischietto” è il lavoratore pubblico o privato che rileva e segnala una pratica scorretta o un pericolo grave che possa danneggiare il pubblico o l’azienda stessa. Una definizione che va a svelare l’importanza di una figura che, in pratica, quando fa una segnalazione dà vita ad un processo denominato appunto whistleblowing.
Questo è uno strumento legale che permette al singolo dipendente di poter segnalare delle anomalie all’interno del luogo di lavoro, potendo contare su una tutela e protezione legale qualora dovesse incappare in ritorsioni da parte del denunciato. In pratica l’istituto del whistleblowing, il cui sviluppo legislativo maggiore si è registrato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, è quel mezzo che permetterebbe di smascherare trame corruttive o/e altre anomalie, agevolando di molto il lavoro degli inquirenti. In Italia, non essendoci alcuna tutela per queste posizioni, queste figure vengono sempre dipinte in negativo, delineando la figura di spia e il più delle volte subiscono ritorsioni che passano dall’isolamento sul posto di lavoro al licenziamento.
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