Anche se non ne usufruisci di prima persona, sai che nella vita ci sono delle certezze. Ad esempio, io (per ora) non ho mai fatto un tatuaggio, ma so se che ti fai incidere qualcosa sulla pelle, rimane per sempre. Schwarzy fa proprio questo esempio perché lui, coi film ai quali ci ha abitato, è un po' una certezza. Perché a parte i primi due Terminator e Conan il barbaro (ma aggiungiamoci anche Last action hero) non sono mai stato un cultore dei suoi film, così come non sono un amante in genere dei film d'azione, però sapevo che le pellicole che lo vedevano come protagonista mi portavano a certi risultati, a una tamarreide legittima e fracassona che però non rientra nei miei gusti - ma parla uno che si diverte con 300, quindi fate vobis. E' uno di quei casi in cui l'attore ha rilevanza di garanzia quasi quanto uno sceneggiatore o un regista, ne prendi atto, rispetti quelli che lo amano e vai per la tua strada. Poi però tutte le tue certezze vanno a bagasce quando vedi un certo trailer su youtube. Un trailer dove il senatùr sembra essere alle prese con un film diverso dai suoi soliti standard; un trailer se sembra suggerire che non prende a pugni nessuno; un trailer dove sembra che si stia impegnando a recitare seriamente; un trailer dove piange. Sì, avete letto bene. Schwarzy sa anche piangere. E sembra farlo in quella che potrà essere considerata come la pellicola di rottura della sua carriera, per certi versi. Ma d'altronde, se The Rock ha recitato in Southland tales, allora vuol dire tutto...
Il mondo è sconvolto da un virus che trasforma le persone in zombie. In questo scenario la famiglia Vogel, capitanata dall'imponente e anziano Wade, viene sconvolta quando la figlia Margaret, detta Maggie, viene morsa, e lentamente inizia a trasformarsi...
Sicuramente i più si staranno chiedendo se Schwarzy si mette a menare qualche zombie ma, come ho rettificato nel primo paragrafo, no, questo film è totalmente diverso dalle pellicole alle quali ci ha abituato. Le uniche scazzottate che si vedono sono due, una all'inizio e l'altra verso la fine, ma sono totalmente spoglie di qualsiasi testosteronicità e, cosa più importante, totalmente legate a quelli che sono i necessari sviluppi narrativi, scene che al loro interno racchiudono un'importanza più emotiva che visiva. Al che segue un'altra domanda: ma è un horror o un film sentimentale? Diciamo che è un pochissimo del primo, del cui filone conserva l'ambientazione e un paio di scene, e molto del secondo, cercando di adattare al proprio meglio il tutto verso quelli che sono i cliché tipici delle pellicole a tema non-morti. Molti si sono lamentati della cosa, io invece ribadisco che sono sempre entusiasta di queste miscele, perché il genere puro ormai è zombificato del tutto e per raccontare un qualcosa bisogna sempre trovare un metodo nuovo. Perché Maggie alla fine non è altro che una parabola di una famiglia che nel proprio nucleo racchiude un malato terminale, solo che lo fa attraverso una trovata ideologica-stilistica fino ad ora inedita, trattando gli zombie con un appeal non convenzionale e decisamente coraggioso - anche qui, ricordo che parla uno che ha trovato tenerello Warm bodies. Schwarzy si è sempre dimostrato intellettualmente superiore all'americano medio, nonostante le coattate che ha sempre servito alla sua seconda patria e certe uscite politiche propriamente non condivisibilissime, e qui lo dimostra appieno dando corpo e finanze per la realizzazione dello script di John Scott III, a lungo rimasto nella lista nera di Hollywood. Il che non è di certo un male, se pensiamo che questo film esce nella puritanissima America, perché del modo di trattare la malattia ci sarebbe molto da dire. Recentemente hanno scosso gli animi Haneke col suo Amour e il buon Felix con Alabama Monroe, ma qui si opta per un approccio diametralmente opposto: laddove il capolavoro europeo era lento e morbosamente intento a dimostrare il degrado fisico e mentale della povera consorte, qui la macchina da presa si dimostra sempre molto delicata anche nel mostrare le (poche) scene cruente, posteggiando il film in uno strano limbo, soluzione che forse alcuni potranno trovare fastidiosa e che, a differenza del film belga, non si lascia andare a gran voce a quella che sembrerebbe essere una certa ideologia di base. Henry Hobson è conscio di star dirigere un film lento e quindi il ritmo, anche senza mai essere troppo adrenalinico, è sempre abbastanza sostenuto e i vari momenti topici tenuti a galla grazie alla grazia appena accennata che, se da una parte impedisce al tutto di compiere il vero balzo, dall'altra tiene lontani da un certo sensazionalismo che avrebbe potuto far cadere tutto nella macchietta. Eppure non ogni cosa fila liscia come dovrebbe, tanto che a un certo punto mi veniva da domandarmi se questo film sarebbe stato in grado di rimanermi impresso se non fosse stato per la curiosa idea di base. Perché uno zombie che ti cammina per casa non è così irreale se pensiamo alla dura realtà di un malato terminale, un vero e proprio morto che cammina, ma qui si affiancano anche molte altre tematiche che forse meritavano una maggiore attenzione. Parliamo dell'amore di un padre verso una figlia, tema che già da solo basterebbe per venti film e altrettanti libri, oppure di come una ragazza nel pieno della sua adolescenza, periodo di folli cambiamenti, vede tutto cambiare ulteriormente intorno e dentro di sé. Forse è quel cambiamento che serve per vedere il mondo attraverso i veri occhi, quelli di un amore così solido che travalica anche la morte stessa, come sembra voler suggerire il finale agrodolce, ma per certi versi non sembra essere abbastanza. Ed è così che Maggie dimostra di essere un classico 'buon film', anche se con l'idea di base sarebbe stato possibile realizzare una pellicola davvero seminale e di alta scuola, Schwarzy o non Schwarzy - che si dimostra sorprendentemente capace, oltretutto.
Tra vivi e morti non sembra esserci molta differenza, alla fine, i primi troppo legati a un passato che non verrà più e i secondi troppo esplicati dalla loro nuova natura. Ma nel mezzo ci sono anche le dovute sfumature...
Voto: ★★★