Magic in the Moonlight: Magico Allen

Creato il 04 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

commento di Elisabetta Bartucca

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Magic in the Moonlight: Magico Allen

L’incanto degli anni ’20, la magia, l’amore, la Costa Azzurra e il Sud della Francia con i suoi splendidi paesaggi e sullo sfondo la musica jazz dell’epoca d’oro. E poi un cast affollatissimo (da Colin Firth a Emma Stone, Jacki Weaver, Simon McBurney) diretto da Woody Allen in una storia magica e romantica, che rievoca le suggestioni di “Midnight in paris”: “Magic in the Moonlight”, in sala dal 4 dicembre, sembra ispirarsi proprio a quelle fascinazioni e alla sconfinata ossessione del regista Newyorkese per la magia. Non è un caso che incantatori e prestigiatori siano apparsi ripetutamente nelle sue storie bizzarre: sui palcoscenici di Broadway in “The Floating Lightbulb” dove l’interprete principale è un giovane illusionista; in “Scoop” dove è lo stesso Allen a vestire i panni dell’improbabile mago ‘Splendini’ (Sid Waterman); senza dimenticare l’ipnotizzatore de “La maledizione dello scorpione di Giada”, il guaritore di “Alice” o l’indovino di “Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”.

La magia come sottile fil rouge che da sempre accompagna sotterranea le sofisticate commedie di Allen e che trova in “Magic in the Moonlight” quasi un approdo naturale. L’occasione è la storia di un grande prestigiatore cinese, Wei Ling Soo, sotto le cui sembianze si nasconde l’identità di Stanley Crawford (Colin Firth), arrogante e scorbutico signore inglese deciso a smascherare una sedicente medium, Sophie Baker (Emma Stone). Teatro della sua missione diventa la tenuta dei Catledge, in Costa Azzurra, dove l’affascinante Sophie abita insieme agli altri componenti della famiglia: la madre Grace, il figlio Brice (Hamish Linklater) e la figlia Caroline (Erica Leerhsen). In un continuo gioco di illusioni sospeso tra magici imprevisti, lo scetticismo di Stanley sarà messo però a dura prova… Il tutto condito dall’incanto dei ruggenti anni ’20 quando i mediumerano molto seguiti – racconta Allen – e gente molto famosa, come ad esempio Arthur Conan Doyle (creatore di Sherlock Holmes) li prendevano molto seriamente. Succedevano ogni tipo di incidenti, come fotografie spiritiche che lasciavano la gente sbigottita e le sedute spiritiche erano molto comuni”. Ma c’era anche qualcuno, come il celebre Harry Houdini, impegnato a smascherarli solo però per una profonda fede in una vita possibile nell’al di là; un antispiritismo che si avvicina a quello del personaggio di Stanley, se non fosse che il mago di Allen non crede in nessuna forma di vita dopo la morte.

Come specialista nell’arte dell’illusionismo, – spiega Firthè scettico riguardo qualunque cosa di spirituale, mistico od occulto. È orgoglioso di se stesso nel contraddire le persone che dichiarano che durante le sedute spiritiche accada qualcosa di veramente magico. Credo che questa sia la prima volta che interpreto un personaggio veramente antipatico. Sono sicuro che il pubblico vorrà tirarmi una torta in faccia”. Un illusionista colto e intelligente che alla fine capitolerà davanti all’unico vero incantesimo: l’amore. “La magia del film è l’amore – dice Emma StoneMagari non ha neanche un senso logico ma è ciò che c’è di bello e di magico”, perché “vedere qualcuno ed esserne istantaneamente attratti è una cosa inspiegabile”, le fa eco il regista. Che anche questa volta come in “Midnight in Paris” e “To Rome with love” si affida alla fotografia dell’iraniano Darius Khondji, candidato all’Oscar per “Evita” e abituale collaboratore di registi visionari come Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro (“Delicatessen” e “La città perduta”).

In questo caso la sua principale fonte di ispirazione sarebbe stato il fotografo francese Jaques Henri Lartigue. “Volevamo fare un film luminoso e gioioso, ma con una gamma di colori forti che dessero struttura visiva al film – rivela Khondji – Abbiamo usato obiettivi Cinemascope degli anni settanta per la fotografia, usando un processo speciale per abbassare il contrasto ed ammorbidire le immagini naturalmente”. Al resto ci ha pensato l’estrema e proverbiale precisione del regista, “con annotazioni accurate e dettagliate su quello che voleva vedere fino a quando non ne era del tutto soddisfatto”.

di Elisabetta Bartucca per Oggialcinema.net









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