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“Mai come mia madre” di Ruth Reichl: un romanzo autobiografico sull’eredità materna

Creato il 04 marzo 2016 da Alessiamocci

Mai come mia madre è un romanzo di Ruth Reichl edito con Ponte alle Grazie nel 2009.

«Chi sono?

Sono amabile o detestabile, giusto o sbagliato, buono o cattivo?».

Ecco le domande che, inconsciamente, ci poniamo fin dai primi mesi di vita.

Il nostro primo specchio sono due occhi nei quali ci riflettiamo ancor prima di saper pronunciare il nome di colei a cui appartengono: “Mamma”.

Ogni essere umano inizia a definirsi, nelle sue peculiarità caratteriali, nella relazione con la figura materna, ma, nel caso di una donna, tale scambio primigenio ha un peso ancora più rilevante.

Ogni figlia, infatti, è il risultante dei “fantasmi” che abitano, o che hanno abitato, la propria madre, ossia dell’immagine che quest’ultima ha della femminilità che, a sua volta, è stata costruita costruita, come in una sequenza di scatole cinesi, con la propria madre, in un ciclo infinito di volti e parole muliebri.

Ogni donna, per diventare adulta, e quindi “buona” madre, deve attraversare e risolvere il confronto con colei che ha generato e/o cresciuto, nel suo ventre di desideri ed emozioni, la bambina che era.

Per “partorire” un nuovo rapporto fra donne è necessario, però, prima prendere le distanze. C’è un’espressione comune che riassume e stigmatizza tale fase: «Mai come mia madre».

Così, con questa sequenza di parole che pare una sentenza, si intitola il romanzo di Ruth Reichl nel quale l’autrice racconta la figura di Miriam, la propria madre, con tenerezza, affetto e, finalmente, riconoscenza.

A Miriam furono negati i giovanili sogni di affermazione professionale poiché, come quasi tutte le donne della sua generazione, ossia nate agli inizi dello scorso secolo, era destinata a realizzarsi solo nel matrimonio e nell’accudimento dei figli. Tale limitazione, unita al continuo biasimo della propria madre, la renderà depressa, maniaco-ossessiva, insoddisfatta, pessima casalinga e perfino, talvolta, ridicola.

Eppure, questa donna che con i suoi esperimenti fra i fornelli è arrivata ad avvelenare una ventina di ospiti, ha cresciuto, nell’amore, una figlia divenuta critica gastronomica e direttrice della più prestigiosa rivista di cucina a livello internazionale, il “Gourmet Magazine”.

«Mai come la madre», verrebbe da commentare.

Ma Ruth Reichl, grazie ad una narrazione fluida e a un cipiglio ironico, ci fa riflettere su come il successo di una donna sia sempre legato agli insegnamenti della propria madre, anche se scaturiti da un modello negativo che lascia, però, libere di affrancarsi e non ripetere gli stessi errori.

Libere di essere diverse e uniche.

Ogni figlia, pertanto, porta con sé l’eredità materna e spesso, da adulta, torna a riconoscersi negli occhi del primo specchio che la ha riflessa.

Written by Emma Fenu


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