Una centralità non più declinata solo dall’aggregarsi attorno alle reti generaliste. Il consuntivo 2013 degli ascolti televisivi nazionali evidenzia un dato storico: per la prima volta l’insieme delle sei reti generaliste produce un ascolto inferiore al 60 per cento. Per l’esattezza le tre reti Rai più le tre reti Mediaset si fermano al 58,5 per cento di quota d’ascolto nel giorno medio dell’intero anno. Per quanto ancora elevato si tratta del valore più basso di sempre, elevato anche rispetto a quanto riescano a fare le reti generaliste degli altri paesi europei.
Nei dieci anni tra il cinquantesimo ed il sessantesimo compleanno, la televisione italiana ha subito notevoli trasformazioni, qualitative e quantitative. Nella quantità basti il numero di canali nazionali rilevati da Auditel, sette nel 2004 e 198 nel 2013. Non solo il numero dei canali si è moltiplicato, ma anche le piattaforme di distribuzione di segnali televisivi. Negli ultimi dieci anni la televisione italiana è diventata multipiattaforma.
Oggi sono sei le piattaforme operative prettamente televisive: Digitale terrestre (TDT) Free; Digitale terrestre (TDT) Pay; Satellite Free; Satellite Free ma criptato; Satellite Pay; IPTV (Internet Protocol Television). Quest’ultima, considerata la tv del futuro, in Italia appartiene anche al passato e, pur rimanendo l’opzione più convincente per una televisione Full Digital a pieno regime, vede la propria piena realizzazione in modalità diverse da quelle immaginate in attesa di investimenti su banda larga, Smart City, accordi e pieno utilizzo delle tv connesse e delle Smart Tv ed altre opzioni. Fastweb ha ritirato le Videostation Iptv, Telecom produce la CuboVision, senza riuscire a penetrare il mercato televisivo e si dedica alle applicazioni per Smartphone e Tablets, la nuova via, dopo il crollo della più classica Iptv.
Auditel indicò in 407.378 le persone che utilizzarono l’Iptv nel novembre 2008, primo mese di rilevazione per piattaforme, cinque anni dopo, nel novembre 2013, sono meno della metà, 161.432 i contatti generati dall’Iptv tradizionale. Auditel non è infatti ancora in grado di monitorare gli ascolti effettuati tramite apps e device diversi dal televisore, ma dovrà attrezzarsi e il 2014 sarà se non altro l’anno dell’inizio della misurazione della tv vista da pc. Sarà anche l’anno dei conteggi dei tweet dedicati a programmi televisivi misurati da Nielsen.
Ma si tratta di poca cosa, quantitativamente poca per la tv; anche se il target di Tweeter è composto da segmenti di popolazione interessanti e leader d’opinione la loro trasformazione in numeri appetibili per investimenti pubblicitari su singoli programmi è di là da venire. In ogni caso gli editori intendono creare le proprie Social Tv, dove attirare i pubblici.
A raggiungere i pubblici non è comunque stata la forma di tv via Internet legata al cavo, se non per il My Sky un decoder di successo ambito dagli abbonati alla pay tv, quanto la modalità Wi-Fi su tutti i device che consentono la visione in diretta e in differita, a piacere dell’utente, quelle che hanno segnato il passaggio dall’epoca del prime time a quella del My Time, dal tempo deciso dall’editore a quello stabilito da ciascuno.
Sono le applicazioni Rai, in diretta, in differita e on demand; Sky Go; quelle Mediaset, sino alla più recente Infinity e la prossima River di Sky. Sono applicazioni che compiono il salto delle piattaforme, utilizzano Internet per consentire ai pubblici di seguire programmi televisivi dove si vuole, come si vuole, quando si vuole, sul device che si crede e ovunque si voglia.
L’invasione di televisione è così ancora più pressante di quanto non sia mai stata, un’occupazione di tempo e spazio, in casa e fuori casa, una televisione che si espande nel tempo e nello spazio. Già oggi il consumo di televisione è da record. Nel 2004 l’audience media annuale delle 24 ore fu di 9,3 milioni di persone. Significa che nel 2004 in qualsiasi minuto delle 24 ore di qualsiasi giorno dell’anno il 16,7% della popolazione italiana si trovava davanti ad un televisore acceso; nel 2013 la quota è del 18,1 per cento. Ed anche il tempo di consumo è aumentato nel 2004 fu di quattro ore nette al giorno, nel 2013 è stato di oltre quattro ore e mezzo.
La rete più seguita degli ultimi dieci anni è sempre Rai Uno, nel 2004 con il 23% dell’ascolto complessivo, nel 2013 con il 17,9%, segue Canale 5 passata da uno share molto vicino a quello della prima rete Rai, il 22,5 per cento, al 14,9 per cento. Nel complesso le generaliste Rai valgono oggi il 32% del totale tv, quelle Mediaset il 26,5% nel 2004 i valori furono rispettivamente del 44% e del 43 per cento. Entrambi gli editori già analogici hanno goduto dei favori di norme che ne hanno consentito ulteriori espansioni, ovvero di assenza di norme antitrust hanno potuto moltiplicarsi a volontà sul digitale terrestre. Oggi, generaliste escluse, Rai produce undici canali rilevati da Auditel e sedici ne ha Mediaset, i risultati d’ascolto prodotti sono del 6,7% per la Rai e del 6% per i canali Mediaset tra gratuiti e a pagamento (per il pay Mediaset distribuisce al mercato solo i dati dei canali Calcio). Rai e Mediaset raccolgono quindi rispettivamente il 38,6% ed il 32,5 per cento, ribadendo il concetto di pluralismo digitale i due editori mietono il 71% dell’intero ascolto.
Eppure il primo tra i canali nativi digitali non è edito da uno dei due incumbent ma da Discovery, è Real Time con l’1,5% seguito da Rai YoYo che, forte del successo di Peppa Pig, produce l’1,3% di share sul totale ascolto, ma su bambine e bambini con età tra i 4 e i sette anni la quota è del 13 per cento.
Tra il 2004 ed il 2013 si sono comunque liberati dal duopolio sedici punti di share. Quasi due punti sono rimasti ad un canale analogico preesistente, La7, passato dal 2,4% del 2004 al 3,8% (4,3% in prima serata) del consuntivo 2013, e che nel 2013 ha vissuto il passaggio di proprietà da Telecom alla Cairo Communication. Sei punti li conquista la NewsCorp con i canali a marchio Sky al 4,6% e i canali Fox all’1,6 per cento. Risultato considerevole, si tratta infatti di canali a pagamento, ad eccezione del multipiattaforma Cielo.
Cielo inizia le trasmissioni nel dicembre 2009 le rilevazioni degli ascolti del 2010 lo danno allo 0,4%, oggi Cielo vale lo 0,8% del totale ascolto. Quest’anno trasmetterà in esclusiva tra i canali free la MotoGp e le Olimpiadi invernali, incrementerà quindi notevolmente il proprio seguito di pubblico. La questione diritti sportivi merita un capitolo a sé, qui notiamo soltanto il mancato accordo sulla Moto Gp tra Sky, acquirente dei diritti con obbligo di ritrasmissione in chiaro di almeno otto Gran Premi, e Mediaset, che li ha trasmessi negli ultimi dieci anni, o un qualsiasi altro editore con canali gratuiti. Mediaset ha ritenuto troppo gravosa la richiesta Sky, gli ascolti sono del resto in calo, nel 2004 Italia 1 con le gare della classe 500 realizzò il 35,6% di share, il 2013 si chiude con una media del 21,2%. L’assenza di campioni di casa nella corsa per il titolo influisce sempre sugli ascolti, Mediaset detiene i diritti per la Spagna dove produce un ascolto superiore al 30%, gli spagnoli hanno dominato il mondiale 2013, l’ultima gara si è chiusa con tre spagnoli sul podio.
Il canale a marchio Sky più seguito è Sky Tg 24 con lo 0,4% di quota d’ascolto precede di poco Sky Sport 1, Sky Sport 24 e Sky Cinema. Discovery nel corso del 2013 ha assorbito Switch Over Media e chiude l’anno con il 5,5% di quota d’ascolto e con i successi di Real Time e DMax. I tre editori Cairo, NewsCorp e Discovery, assorbono quindi tredici dei sedici punti persi da Rai e Mediaset.
Francesco Siliatoper "Europa Quotidiano"