Nossignori, per una volta non sto parlando per metafore. Non intendo dire che non m’accontenterò più di avanzi, cioè di scampoli di vita raccolti a bordo strada (oddio, ci starebbe pure questa, in effetti…). Intendo dire, papale papale, che non voglio più saperne di Avanzi. E con Avanzi intendo questo:
Avanzi è una enorme catena di franchising dell’occhiale; nel resto d’Italia non saprei, ma in Lombardia è impossibile entrare in un centro commerciale e non imbattersi in una vetrina come questa:
Talvolta occorre piegarsi alle necessità. Mi piegai dunque al Dio Fretta e mi diressi immediatamente in uno dei posti più blasonati del nord Italia: il temibile Oriocenter, enorme centro commerciale adiacente l’aeroporto Ryanair – pardon, l’aeroporto di Orio al Serio.
Lì, il negozio Avanzi mi prese in carico; il nipotino del signor Avanzi mi fece una visita di tutto punto e arrivò alla conclusione che «sì, le lenti di prima vanno quasi bene, c’è da fare solo una piccola aggiustatina perché la miopia è peggiorata un pochino».
Tempo mezz’ora e mi venne consegnato un nuovo paio d’occhiali.
Né belli né brutti, per la verità.
Sarà stato anche il poco entusiasmo per la loro estetica, ma ultimamente gli occhiali del signor Avanzi m’andavano stretti; arrivavo a fine giornata con uno strano pizzicore agli occhi. Leggevo le parole più piccole sui libri strizzando gli occhi come se… come se… no, attenzione: «come se» un corno. L’occhiale da lettura fa tanto effetto nonna, ci mancherebbe solo di dover prendere delle lenti bifocali alla mia tenera (…) età.
Neanche per idea.
La rima baciata è dunque giunta obbligata: Scribacchina, la vogliamo fare una controllatina?
Anche perché pare stiano tornando in auge gli occhiali alla John Lennon e quelli da gatta: meglio affrettarsi e aggiudicarsi un modello della passata stagione…
Detto, fatto: mi reco non da un optometrista, ma da un ottico fatto e finito.
Un serioso dottore di quasi ottant’anni (tutti fanciulli me li scelgo) con le dita affumicate da anni e anni di sigarette.
Il fanciullone individua le caratteristiche degli attuali occhiali: -1,25 miopia, qualche punto di astigmatismo. Lenti rigate. Montatura agé e poco performante (?!?).
«Hanno cinque anni questi occhiali?… Ma farsi una visitina agli occhi più spesso, fanciulla? Cosa aspettava?»
Eh, cosa aspettavo… sicuramente non gli occhiali alla John Lennon.
La visita si svolge con il savoir faire tipico di chi fa lo stesso mestiere da decine d’anni, ossia in assoluta tranquillità, salvo ripetute esclamazioni che punteggiano i vari cambi di lente: «Eh, lo sapevo!… Oh, vero che così va meglio?… Eccheccaspita!… Ovvio!… Accidenti… Eeeeh… Là, eccoci!… Ooooh!…». Lo lascio borbottare finché, soddisfatto come un bimbo che ha finito i compiti, si dirige verso la scrivania.
Un rivolo di sudore mi scende lungo le tempie mentre gli domando: «Ebbene, dottore? Sono peggiorata? Ha scoperto come mai non riesco a leggere bene come una volta?…». Perché con questa domanda mi sto giocando un paio di lenti bifocali. L’ultima delle cose che vorrei vincere.
Il fanciullone mi guarda gravemente ed esclama un: «Si può sapere dove diavolo è andata a farsi fare gli occhiali? Solo dei cani potevano metterle delle lenti più forti del necessario: lei ha 0,75 di miopia, non 1,25!».
Esco dallo studio lanciando mentalmente una serie di maledizioni al signor Avanzi, al suo nipotino e a tutto lo staff del negozio dell’Oriocenter. Perché io non credo nei miracoli, e tantomeno in Santa Lucia. E sono molto arrabbiata, perché per cinque anni ho portato degli occhiali che non erano i miei.
Salgo in macchina.
Non so perché, d’istinto prendo dalla borsa il referto e controllo quello che c’è scritto.
… Se vi dicessi che alla voce SF (cioè miopia) c’è un bel -0,25 anziché il -0,75 dichiarato a voce?…