I. discordia
partiamo da un esempio apparentemente piuttosto anacronistico: ne I viaggi di Gulliver del 1726, il protagonista eponimo dichiara che “l’orologio è il suo oracolo e indica l’ora giusta per ogni azione da compiere” e i lillipuziani ne concludono che, questo orologio, sia in qualche modo il dio del loro abnorme ospite. ora, a livello superficiale, questo succinto episodio è in grado di rivelare ben più d’un tratto di somiglianza con l’organizzazione moderna della struttura sociale. siamo o non siamo anche noi governati dall’orologio? abbiamo un orario per dormire- o, come è divenuto orrendamente normale affermare, ‘per ricaricare le batterie’, in un insulso e distorto paragone tra Uomo e Macchina- uno, quello diurno, per espletare i nostri rapporti sociali e lavorativi, un altro per desinare, un altro ancora per svolgere attività di tempo libero… e tutto questo viene quietamente accettato come se il Tempo e la sua struttura facessero parte dei nostri meccanismi naturali, inscritti nella genetica stessa dell’homo sapiens sapiens.
II. aporie
ponendo la questione a livello terribilmente (e colpevolmente) superficiale: che cos’è il presente? il presente è “ora” ed è, per incredibile ma logico paradosso, anche “sempre”, ma- in questo modo- perdono del tutto di senso i concetti di passato e presente (che rimangono rilevanti, e fino a un certo punto, solo in ambito linguistico), nonché quello di tempo in generale: prendendo a prestito frasi e mots formulati da persone ben più esperte di me (Sklar, Chacalos), “le cose che non esistono ora”, aggiungo io per maggior comprensione: davanti a me “in realtà non esistono affatto”. per quello che ne sappiamo noi- citando Russell- “il mondo potrebbe essere nato benissimo anche solo cinque minuti fa”.
III. i Titani
il tempo appare una catena, anzi la catena, in quanto è stata la prima ed è, a tuttora, la più indissolubile, la più difficile da scardinare. uno dei significati originari del termine chrono (dal greco antico) è ‘divisione’: il concetto e la pratica del tempo si basano, l’uno sulla quantificazione, l’altro sull’espressione numerica. la matematizzazione della natura è all’origine del tempo, al pari del pensiero simbolico e quindi del linguaggio, del quale la numerazione (la matematizzazione) è una delle modalità espressive.
IV. Dominio
in ultima analisi- riprendendo l’accenno di cui sopra del tempo come ‘divisione’- ci appare evidente lo strettissimo legame fra la divisione (numerica) temporale e la divisione (sociale) del lavoro. il tempo, matematicamente divisibile, possiamo concludere che sia l’Invenzione aborigena, l’elemento base per la conquista della natura e dell’ambiente e per qualsiasi progresso tecnologico (e anche sulla questione del ‘progresso’, simbolicamente inteso come spostamente da un punto A (zero) a un punto B (infinito), sarebbe necessario sollevare qualche interrogativo, ma non ora).
V. conclusioni.
mi rendo purtroppo conto della leggerezza e della sfrontatezza con cui mi sono scagliato sul tema, mancando ragionevolmente dello strumento dialettico ma soprattutto fonetico più adatto per rendere la fruizione dei concetti più diretta e comprensibile, ma spero comunque che l’aver nuovamente immesso il dito in questa sottovalutatissima piaga, e di conseguenza ri-sollevato microscopicamente la questione, possa risultare interessante e\o stimolante- e sarebbe un risultato più che soddisfacente- anche per un solo lettore.