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Malavita organizzata e separatismo: breve storia di un amore lungo 1000 anni.

Creato il 12 novembre 2013 da Catreporter79

Il caso “Trinacria”.

La vicenda giudiziaria del separatista (evito la formula “meridionalista” che ha un significato storico ed un portato culturale e programmatico ben differente) nonché ex Presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, incriminato per concorso esterno in associazione mafiosa, non potrà cogliere impreparato il conoscitore di quegli elementi di saldatura tra malavita organizzata, società ed apparto statale propri di alcuni segmenti del territorio italiano. La complessità e la delicatezza della tematica rendono senza dubbio inadeguate e costringenti le potenzialità offerte da un circuito quale può essere un “social network”, ragion per cui farò ricorso alla semplificazione (a limiti dell’ aneddotica) per illustrare, brevemente, i legami di contiguità tra separatismo e malavita che hanno sempre contraddistinto ed ammorbato la politica siciliana, inquinando e manomettendo anche gli stessi movimenti indipendentisti e i loro impianti valoriali.

All’indomani dello sbarco anglo-americano in Sicilia, prese forma un vasto e variegato movimento antinazionale alimentato dal malcontento verso lo Stato dopo la tragedia della dittatura, della guerra guerra ed a causa delle mistificazioni sull’operato ( ineccepibile e responsabile sotto i profili morale, politico e giuridico) di S.A.R Vittorio Emanuele III e del Presidente del Consiglio dei ministri del Regno, Pietro Badoglio (la cosiddetta “Fuga di Pescara”, altrimenti nota come “Fuga di Ortona” , “Fuga di Brindisi” o “Fuga di Bari”) ). Gli Stati Uniti, terra da sempre idealizzata e vagheggiata anche in virtù di un arsenale cinematografico alterante i contorni e la fisionomia istologica del reale, divennero il polo di attrazione delle speranza e delle aspettative di una comunità stremata e in preda al caos; Washington seppe allora cogliere la palla al balzo, organizzando il movimento separatista nel MIS (Movimento per l’Indipendenza della Sicilia) con a capo Andrea Finocchiaro Aprile (l’uomo dalle tre dita) e, addirittura, un suo braccio militare, capitanato dal bandito Salvatore Giuliano. La Mafia fu l’atomo primo di questo velleitarismo autonomista e della sua trama progettuale, quando si reintrodusse, grazie gli Alleati che aveva agevolato nello sbarco, alla guida di numerosi municipi della regione (Calogero “Don Calò” Vizzini fu addirittura sindaco del suo paese). Lo scopo che Cosa Nostra si prefiggeva, soffiando sul vento antitaliano, era quello di ritrovarsi padrona del territorio (quale Stato indipendente o come parte di una nazione lontana migliaia di chilometri e quindi impossibilitata ad un gestione diretta della cosa pubblica), com’era avvenuto dagli Angiò fino all’arrivo del Prefetto Cesare Mori, in epoca unitaria. D’altro canto, anche la Camorra era stata libera di sguazzare nelle miserie della popolazione campana fino all’introduzione della “Legge Pica” (1863), il primo tentativo di contrasto alle mafie istituzionalmente organizzato (tra l’altro, la “Legge Pica” offriva ai briganti una serie di garanzie impensabili sotto il regno delle Due Sicilie).

Raramente il separatismo è ammantabile di nobili propositi e cavalleresche ambizioni.



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