Ultimamente uno dei miei pensieri ricorrenti riguarda le scarpe. Ausilio imprescindibile nella nostra fredda Europa, optional scomodo ai più in quasi tutti i paesi africani, dove vige la religione del piede nudo.
Ce ne sono di tutte le forme e dimensioni, da quelle con i personaggi dei cartoni infilati sui piedini di chi a stento scende dal passeggino a quelle nere e gommose, rinforzate sul tacco, per aiutare l'equilibro di anziane signore in fila dal panettiere.
Le infili la mattina, ci cammini avanti e indietro tutto il giorno, concedendo loro, nel caso, solo brevi pause in cui prendere una boccata d'aria, ma rimanendo sempre nei dintorni. Solo la sera, esausti dopo una lunga e faticosa giornata, si mettono in un angolo in maniera definitiva.
Allora, quando ci abbandoniamo al sonno, finalmente al riparo dalle bizzarrie delle nostre sinapsi sovracorticali, le scarpe sono davvero libere.
Sono convinto che appena chiudiamo gli occhi non facciano altro che guardarsi intorno, allacciarsi le stringhe e solo allora, davvero, comincino a camminare. Solo allora, mentre proviamo a dormire, dimentichi di tutto ció che è, ci portano davvero dove vogliamo. Maledette scarpe, libere di andare dove gli pare e piace, senza rispondere a nessuno, tantomeno alla nostra stupidità di svegli.
Ecco, io quello che ci auguro, per l'anno che arriva, è di farle correre un po', le nostre scarpe.