Maltrattamenti sulle donne. Storia di uno scampato femminicidio.
Si parla tanto di femminicidio e di maltrattamenti sulle donne in genere, dicono che bisogna denunciare, testimoniare, scoprire un fenomeno ancora troppo sommerso. Bene, questo è il libro giusto, perché tratta l’argomento con lucidità e realismo, svelando i meccanismi contorti che spingono un uomo a cercare di eliminare “l’oggetto del desiderio”.
La storia cattura sin dall’incipit e si legge tutta d’un fiato. Scritta in prima persona ed al presente, come se la stesse vivendo in quel momento, l’autrice e protagonista racconta una relazione che già dalle prime battute promette male. Una storia controversa, discutibile se vogliamo, ma che merita ascolto perché è la vittima stessa a mettersi a nudo ed a rivelarci scenari inediti.
La trama di “Tu non mi uccidi più” scorre veloce e le vicende catapultano presto Aluna e Giulio in una realtà imprevista e fuori dagli schemi. La regia è diretta da una fatale attrazione sessuale. Scene piccanti, alternate a scene dure, piuttosto che romantiche, compongono il ritmo oscillatorio di un romanzo il cui ritornello è un contrastante sentimento di amore-odio. La scrittura è scorrevole, sintetica, senza fronzoli. Le citazioni e gli sfoghi sul word della stessa autrice aggiungono pennellate originali al testo. Come originali e calzanti sono le due poesie che aprono e chiudono lo scritto.
Questo libro, oltre a sconcertare il lettore, scatena una serie di interrogativi. Quasi giornalmente la cronaca ci riporta episodi di maltrattamenti sulle donne, ma quante di queste riescono a liberarsi in tempo del proprio carnefice? Quante intuiscono il pericolo che stanno veramente correndo? Quante s’illudono di poter correggere il compagno violento fino a rimetterci la vita? Inutile credere di poter curare il carnefice, lo si capisce bene leggendo “Tu non mi uccidi più”. Titolo anch’esso a doppia chiave di lettura che stimola un’ulteriore domanda: si “muore” tante volte quante sono le umiliazioni subite? Probabilmente sì.
Aluna crede di essere vittima di un incantesimo ordito dal destino. Ma esiste davvero una “mano” invisibile, oppure siamo noi stessi artefici della nostra sorte? E come si spiega, altrimenti, l’accecante, disarmante, irresistibile infatuazione che sconfigge puntualmente la saggia decisione di chiudere definitivamente un rapporto così pericoloso e dannoso? Oppure, la donna addebita al fato le sue inconsce scelte, avendo riconosciuto, voluto e accettato proprio il modello d’uomo che più disprezza? Certo è che i tratti psicologici della protagonista manifestano chiaramente il bisogno di colmare vuoti affettivi, la ricerca spasmodica di vedere riconosciute le sue qualità, i suoi valori. Dimostrazione questa di una totale disistima di sé.
In un crescendo di situazioni folli, l’innocua avventura estiva degenererà nell’annunciata e scampata tragedia. Il messaggio finale, tuttavia, è costruttivo. Aluna Pacis, nel suo libro “Tu non mi uccidi più”, trasmette speranza: salvarsi è un dovere, salvarsi si può, i maltrattamenti sulle donne devono finire. Certe lezioni, forse, non arrivano mai per caso. Toccando il fondo, Aluna ha finalmente imparato ad amare, prima di tutto, sé stessa.