Mama: a mother’s love is forever

Creato il 05 aprile 2013 da Alekosoul

Mama (it. La Madre) è uno di quei rari esempi di thriller-horror positivamente pe(n)santi, che, pur affondando appieno le mani nel solco del cinema di genere, riesce a ricavarne una sostanza filmica sensata e coesa, nonché dotata di tutto quel complesso portato atmosferico, sensoriale ed emozionale tipico della cinematografia (e più in generale dell’estetica) della paura. Il film, diretto da Andres Muschietti e prodotto da Guillermo del Toro, è la riedizione estesa del corto omonimo del 2008, a firma dello stesso regista, opera che è riuscita, nella sua piccola dimensione DIY in piano sequenza, a impressionare Del Toro al punto di spingerlo a produrlo in full-length.

Si tratta in buona sostanza di una ghost-story, che intreccia echi di Ju-On, Ringu e del miglior Montague Rhodes James, riscattando il concetto stesso di fantasma nelle pellicole occidentali, troppo spesso sfruttato in modo banale e stilizzato, avvicinandolo paradossalmente alla figura degli spiriti irredenti/vendicativi estremorientali (il questo senso Mama altro non è che un onryō, uno yūrei in cerca del proprio riscatto). Non solo. Come inferisce il Dr. Dreyfuss, il desiderio di maternità frustrata e il relativo delirio si avvicina molto alle probabili origini del mito latino della Lamia (e, meno esattamente, delle Empuse), che hanno rappresentato la spiegazione in chiave mistico/folklorica di molte forme di follia, apparizioni e allucinazioni, sempre legate a doppio filo con una sostanziale dialettica in qualche modo rovesciata fra vittima e carnefice.


Il fantasma rancoroso di Muschietti è tanto più spaventoso quanto più ci si accorge della sua umanità, della fragilità dei suoi umanissimi sentimenti (amore, gelosia), che infatti sono brillantemente sintetizzati nel teaser del film: “A ghost is an emotion bent out of shape, condemned to repeat itself time and time again”.

Uno dei molti pregi di Mama è quello di non limitarsi a delineare questa storia angosciante e tormentosa da un solo punto di vista, ma nel cambiare progressivamente il proprio obiettivo, focalizzandosi ora sulla figura del padre, ora sulle bambine, ora su Annabel (Jessica Chastain), per poi ovviamente raggiungere l’acme nel completo disvelamento del segreto, della figura, spettrale e umana, della Madre. Muschietti non ha infatti paura di mostrare, rischiando molto, in termini di soluzione di quella particolare tensione che esiste fintanto che perdura l’ignoto e il velo dell’incertezza, ma, ribadendo la dinamica degli occhiali da vista della piccola Victoria, la chiara visione del mostro permette, alla fine di comprendere come e perché si era radicato quel particolare rancore oltremondano, e porvi, in qualche modo, rimedio. Ciò nonostante Mama non è un film happy-ending, non c’è completo riscatto e/o catarsi, ma solo la triste constatazione che certi torti, certe storture, sono talmente radicate e antiche da essere completamente insanabili (da certe follie non v’è alcun rimedio).

In questo senso la trama evolve attraverso il canonico conteggio delle perdite umane, misurate attraverso scene dal grande impatto, che spingono il piede sull’acceleratore della tensione, senza però indulgere nel gore fine a se stesso. A livello visivo Mama ha una sua indubbia eleganza, che sta nelle palette di colori terrei e autunnali, fuse alla perfezione con le onnipresenti ombre ambientali, creando scene nelle quali l’occhio dello spettatore non sa mai davvero cosa è reale, noto, affidabile, e cosa non lo è. A differenza della stragrande maggioranza dei film di genere, Mama non molla un colpo, non si perde per strada col passare dei minuti, e riesce quindi a regalare un’esperienza continua e intensa, positivamente disturbante e angosciante al punto giusto, ribadendo come sia ancora possibile dare un senso alla paura senza ettolitri di sangue e/o effetti speciali, bensì attraverso un bouquet di elementi (tecnici, ma anche e soprattutto culturali) che mostrano con orgoglio la loro diretta discendenza dal gotico e dal romanticismo ottocentesco (epoca di cui, forse non a caso, è originaria la povera Edith Brennan).

Paese di produzione Spagna, Canada

Durata 100 minuti

Regia Andres Muschietti

Sceneggiatura Neil Cross, A. e B. Muschietti

Produttore esecutivo Guillermo del Toro

Casa di produzione Toma 78, De Milo

Fotografia Antonio Riestra

Montaggio Michele Conroy

Effetti speciali Jaime Fortea

Musiche Fernando Velázquez

Scenografia Anastasia Masaro


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