Mamma è una rivista che si trova sì su web, ma anche su carta. È una rivista che ha tra le sue menti Carlo Gubitosa, giornalista, scrittore e mediattivista di cui si parla da queste parti. Ed è una rivista che, usando il linguaggio del giornalismo a fumetti e della satira politica e sociale, ci prova a vivere di abbonamenti bandendo la pubblicità. Ma poi capita di inciampare in provvedimenti che suonano come censure minori (e che, per citare il pezzo riportato sotto, fanno sbadigliare invece di smuovere i lettori). Ne parla Ulisse Acquaviva nell’ultimo editoriale, Tariffe postali: la prova del fuoco dei gruppettari, un “appello al sottobosco ribelle italiano pronto a mobilitarsi contro i bavagli solo se qualcuno gli apparecchia la piazza”. Eccolo di seguito il pensiero del suo autore (e di tutti i mammari). Prima di proseguire con la lettura, però, si faccia almeno un giro sulla pagina in cui sono descritte le modalità per sostenere quest’iniziativa editoriale.
Sbavagliatori, gruppettari, popoliviola, grillini, fan di Santoro e Travaglio, manifestatori di piazze Navona, antiberlusconiani e contestatori, unitevi! Oggi avete la possibilità di dimostrare la vostra coerenza: reagite in massa al bavaglio che tocca le PICCOLE RIVISTE SPEDITE SU ABBONAMENTO, così come avete reagito al bavaglio sulle intercettazioni che toccava solo i grandi quotidiani (le piccole riviste non le pubblicano perché nessun amico gliele passa).
Se vi siete persi le puntate precedenti ve le riassumo io:
- 1 – Il primo aprile, senza nessun preavviso, hanno cambiato da un giorno all’altro in finanziaria le tariffe di spedizione in abbonamento postale, mandando all’aria i bilanci di migliaia di riviste calcolati sulle tariffe precedenti. È un colpo al cuore della piccola editoria che mette a rischio la biodiversità culturale del Paese.
- 2 – Di fronte alla sollevazione di popolo sono stati inseriti emendamenti in Finanziaria in cui si è detto che le poste POTEVANO applicare le tariffe precedenti, facendo credere che quel “potevano” fosse un “fate pure, accomodatevi, potete agevolare le riviste senza problemi”.
- 3 – Le Poste Italiane che non sono più un servizio pubblico ma una SPA hanno detto “sì, possiamo, ma non VOGLIAMO”. Tiè. È il libero mercato, lo stesso che porta milioni di euro nelle casse di radio, riviste e quotidiani “amici”, mentre strozza gli altri che vivono solo di abbonamenti e non di inciuci politici.
- 4 – A quel punto il governo ha fatto la sua bella figura con l’emendamento farsa, e le Poste fanno il lavoro sporco spremendo come un limone le piccole testate.
- 5 – Ora la FIEG sta contrattando con le poste per addolcire la pillola trasformando tariffe abominevoli che uccidono sul colpo in tariffe insostenibili che faranno lentamente morire di asfissia tutte le piccole riviste. E c’è chi di fronte a questa sodomia programmata della microeditoria dirà che basta mettere un po’ di vaselina per non avere più ragione di lamentarsi.
E ora tocca a voi, cittadini attivi nei movimenti di resistenza civile, decidere se si farà qualcosa o no per scongiurare il silenzioso omicidio della piccola editoria a cui si negano le agevolazioni postali per continuare a foraggiare con milioni di euro i giornali dei padroni e dei partiti.
Questa volta siete da soli, perché non avrete nessun grande blog, nessun grande comico, nessuna grande testata giornalistica, nessun grande giornalista e nessun grande opinionista a farvi da apripista. Di fronte questa mascalzonata gli “opinion leader” preferiscono occuparsi d’altro.
In breve: se domani chiuderanno migliaia di testate, questa volta non prendetevela con Berlusconi, ma con la vostra incapacità di mobilitarvi se non c’è nessun gregge da seguire.