Mamma son tanto infelice perchè ritorno da te…

Da Giovanecarinaedisoccupata @NonnaSo

Sempre più spesso, e da anni ormai, mi capita di leggere articoli o sentire le solite interviste che “lamentano” il ritorno a casa, con la coda fra le gambe, dei figlioli prodighi d’Italia.

Mammoni, li chiamano. Incapaci di farsi una vita fuori dal nido, tornano “alla prima difficoltà” a farsi proteggere, e mantenere, dai genitori. Poveri genitori, ormai vecchi e stanchi, che non possono godersi il meritato riposo perché ancora, e ancora e ancora, devono mantenere gli sventurati figli.

Dipende poi dal giornalista e dal tipo di taglio che vuol dare il suo pezzo, vediamo dare la colpa “a rotazione”: ai figli incapaci, pieni di sogni (o piscio e vento, come si dice in certi western trucidi) e poco altro, o ai genitori a loro volta incapaci (di educare adeguatamente i figli al mondo del lavoro e delle responsabilità). Qualche volta la colpa la si dà al Governo, ma sempre a quello precedente, che ha incasinato le cose, e mai a quello attuale, che non le sta risolvendo.

Il più delle volte si dà la colpa al cosiddetto Caso.

Il Caso fortuito, la fatalità che ha visto chiudere questa o quella azienda, perdere posti di lavoro, e quindi imporre la necessità del ritorno a casa, visto che posti di lavoro nuovi di certo non se ne sono creati.

Questi sono gli articoli più “gentili” con entrambe le generazioni, quelle dei figli e quelle dei genitori, e forse i più oggettivi che potremo mai leggere (anche se, imbavagliati come sono tutti quanti nel NON puntare il dito, e NON scavare più di tanto fra le vere ragioni e le catene di responsabilità che portano due generazioni – dico DUE – a trovarsi in una difficoltà a dir poco perniciosa, non ci racconteranno mai la verità “vera”, ma ne dipingeranno solo un pallido riflesso).

Figli mammoni, dicevamo, che all’età in cui i loro genitori avevano già costruito tutto, ancora non sanno nemmeno da che parte andare, esattamente. Dove andare a costruire (i più fortunati, che almeno non hanno famiglia e figli a carico… stai a vedere che per una volta quella che è considerata una “sconfitta” sociale, per pura botta di Q è stata la “scelta” giusta), o dove andare a RI-costruire.

Genitori che, al tramonto della loro vita, quel lungo plateau che nell’’immaginario collettivo dovrebbe essere dedicato al “godersi la pensione” si ritrovano a ricominciare tutto da capo con i sacrifici, il mantenimento dei figli, il mutuo, etc. etc.

Nessuno mai che pare abbia sperimentato davvero la cosa, però, e che offra un punto di vista sensato sull’argomento.

Nessuno mai che si chieda se non sono anche i figli, a decidere di “fare il sacrificio”, e tornare a casa per aiutare loro, a loro volta, i genitori. Nessuno mai che alzi la mano e dica: un attimo, questa è tutta gente che si, le difficoltà, gli stenti, la disoccupazione, ma hanno deciso di “fare quadrato” e tornare all’unica cosa davvero importante. La famiglia.

Non quella che non sono riusciti a costruirsi, vuoi per testardaggine, per sfiga o per mancanza di opportunità (anche monetarie), ma quella che, fino a che morte non ci separi, è quella che li ha cresciuti.

Scusatemi, ma io non la vedo una cosa sbagliata o da additare come una vergogna (come vergognosa per chi lo ha permesso si, ma non una vergogna, per chi si trova a dover fare quella scelta). Sarò di parte, sarò anche troppo coinvolta emotivamente dall’argomento, ma la trovo una cosa commovente. L’ultimo baluardo contro l’egoismo imperante che ci spinge ad andare avanti, passando sui cadaveri altrui.

La trovo una cosa strappacuore: figli che rinunciano alla propria indipendenza, che accantonano o mettono in standby un pezzo della loro vita per tornare a casa e aiutare i genitori a tirare a fine mese, a pagare il mutuo della casa oppure a fare la spesa e riempire il frigo, a pagare le bollette di una casa padronale ormai troppo grande per essere scaldata tutta, d’inverno. Qualcuno ci ha mai pensato, che le cose possono stare anche così, e non secondo il solito stereotipo dei figli che vivono sulle spalle dei genitori?

A me pare proprio di no, ma tanto è la solita storia: è più comodo nascondersi dietro gli stereotipi che cercare di comprendere la realtà o, dio non voglia, cercare di sistemare le cose. Offrire un futuro alle generazioni, sia quelle nuove che quelle vecchie, garantire un modo per guadagnarsi onestamente il quanto basta per vivere una vita dignitosa e indipendente.

Perché in fondo è così, che dovrebbe fare la canzone:

Mamma son tanto infelice, perché ritorno da te…

E ancora:

Mamma, solo per te la tua pensione vola…

Con la buona pace della Fornero e delle sue riforme “intelligenti”, e di quella di Renzi che aveva l’intenzione di abbassare il costo del lavoro, ma finora è riuscito solo ad abbassarne vergognosamente il prezzo (il genio).

E grazie tante, eh… alle prossime elezioni voto la mia mamma, che almeno lei, del mio bene, ne sa qualcosa…