Mammaliturchi: la difesa delle coste dalle incursioni barbaresche

Creato il 09 dicembre 2010 da Cultura Salentina


Secolo XVI°: le coste della Terra d’Otranto, sempre più spesso, sono prese d’assalto da una congerie di bande provenienti dai Balcani e dal Nord-Africa. Attraccano nottetempo in calette isolate e vengono per fare razzie: beni di prima necessità, ma soprattutto uomini, donne e bambini da rendere schiavi; la Puglia divenne così uno dei loro territori di caccia privilegiati (n.d.r.).

di Vincenzo Scarpello

A livello di difesa della costa vennero costruiti torrioni di avvistamento, generalmente costituiti da una cinta muraria a pianta quadrangolare (le più antiche, risalenti al XV secolo sono a pianta circolare) alta fino a 10 metri. All’interno la torre era divisa a tre livelli, congiunti mediante una scala prevalentemente in legno. Nel livello più basso erano i magazzini, che consentivano un’autonomia delle torri anche di diverse settimane, nell’intermedio gli alloggiamenti per i soldati (che variavano dalle 5 fino alle 10 unità, stipendiati dalle comunità circostanti) ed in quello superiore le armi ed il fuoco, col quale venivano segnalate per tempo le eventuali incursioni.

L’accesso avveniva tramite una porta posta al livello intermedio ed avveniva generalmente mediante una scala di corda retraibile.  A meno che tali torri non venissero deliberatamente diroccate dai cannoni, esse potevano resistere autonomamente per tutto il tempo dell’incursione e costituivano una vera e propria spina nel fianco alle operazioni di sbarco corsare. La tempestiva comunicazione fra le torri e fra torri ed entroterra consentiva una rapida individuazione della zona di sbarco, atta ad adottare prontamente contromisure militari e a consentire alla popolazione delle campagne di nascondere masserizie di valore e preziosi e rifugiarsi nei castelli.

Talora veniva predisposto un contingente di uomini a cavallo, i cosiddetti cavallari, che avevano il compito di perlustrare le coste e di collegare le torri di avvistamento, all’interno delle quali avvenivano i turni di riposo. In modo combinato alle torri vi era anche una costante attività di sorveglianza delle coste sottoposte alle incursioni, attuata da piccole flottiglie che, nel caso, potevano anche ingaggiare uno scontro con le navi corsare. In questo senso si adoperarono gli spagnoli a Napoli ed in Sicilia, lo Stato Pontificio e la Repubblica di Venezia, grazie al cui costante controllo l’Adriatico era quasi del tutto esente da incursioni, prova ne sia il fatto che le torri difensive diventavano sempre più rade già nella Puglia settentrionale, fino a scomparire nelle Marche.

Contemporaneamente al sistema delle torri e del pattugliamento navale delle coste, furono rafforzati i forti e le cittadelle costiere e si intraprese, soprattutto sotto Carlo V e Paolo III, un’opera di fortificazione delle mura di cinta delle Città e di costruzione di nuovi castelli, improntati ad una difesa da assedi di artiglierie, come si nota dalla strutturazione dei nuovi bastioni a cuspide aggiunti a preesistenti strutture o costruiti nei nuovi forti.

Tra i più efficaci metodi di contrasto alla corsa fu la controcorsa occidentale, messa in atto soprattutto da ordini cavallereschi riadattati a tale scopo, col compito non solo di contrastare la corsa barbaresca, ma di compiere incursioni nei territori dei barbareschi. La corsa occidentale non può certo essere paragonata a quella barbaresca (secondo una semplicistica teoria storiografica, che parte da una strumentalizzazione della più articolata chiosa di Braudel), quanto a portata e a modalità strategiche, ma fu sempre messa in atto con fini di rappresaglia, che solo in un paio di casi si macchiò di eccessi sanguinari. Cosa che invece nella corsa barbaresca costituiva la regola.

Un’altra contromisura fu l’intervento da parte della Spagna direttamente nei territori dei barbareschi e la costituzione negli stessi di fortilizi e di enclave grazie ai quali la corsa poteva essere controllata. Già questi elementi devono portare a ritenere che a livello militare la corsa barbaresca sarebbe potuta essere facilmente debellata e fu tenuta in vita esclusivamente a fini diplomatici, tanto che si afferma che l’occidente con una mano combatteva i corsari e con l’altra ne garantiva la sopravvivenza, financo sovvenzionandola.

A margine l’attività diplomatica, che soprattutto nei secoli XVIII e XIX, si può paragonare grosso modo alla stipula da parte degli stati occidentali di una sorta di “assicurazione” contro la corsa, pagata agli stati barbareschi.


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