di Luigi Ladu
L'abbigliamento del Mamuthone comprende ora l'abito in velluto scuro, la mastruca nera (casacca di pelle ovina caratteristica dei pastori sardi) chiamata sas peddes, le scarpe in pelle conciate a mano dette sos hòsinzos; sul volto porta sa visera, una maschera nera antropomorfa, sul capo il berretto sardo (coppola) ed il fazzoletto del vestiario femminile (su mucadore) che avvolge visera e berretto.
Sul dorso del Mamuthone, legato da una serie di cinghie in cuoio con un complesso sistema di ancoraggio, è sistemato un pesante mazzo di campanacci di varia misura mentre un altro carico più piccolo di campanelle bronzee è collocato sul davanti all'altezza dello sterno e dello stomaco. L'insieme dei campanacci e sonagli viene chiamato sa carriga. Il peso complessivo di tutta l'attrezzatura si aggira sui 20/25 chili, ma non è solo il peso quello che fa faticare bensì la "morsa" delle cinghie in pelle, ben strette tra le spalle e la gabbia toracica che rendono difficile la respirazione; infatti, a fine esibizione le spalle dei partecipanti sono spesso segnate da varie ecchimosi. Una delle doti richieste per fare il Mamuthone è la resistenza alla fatica.
I Mamuthones vanno accompagnati dagli Issohadores, portatori di soha, una lunga fune in giunco.
L'Issohadore non porta i pesanti campanacci, il suo abbigliamento è del tutto diverso da quello del Mamuthone e viene indicato a Mamoiada ed in altri paesi come "veste 'e turcu" (vestito da turco). L'abbigliamento ora comprende: sul capo la nera berritta sarda legata al mento da un fazzoletto variamente colorato, larghi pantaloni e camicia di tela bianchissimi, sopraccalze di lana nera, il corpetto rosso del costume tradizionale maschile, a tracolla una cinghia in pelle e stoffa dove sono appuntati piccoli sonagli, uno scialle, di solito scuro con bellissimi ricami, legato alla vita con la parte variopinta che scende lungo la gamba sinistra.
I componenti di questa straordinaria rappresentazione si ritrovano tutti nel punto stabilito per indossare gli abiti della "cerimonia". La vestizione sa' di rito. La prima uscita annuale dei Mamuthones e Issohadores avviene il 17 Gennaio il giorno di Sant'Antonio, di quello stesso Santo per cui si accendono grandi fuochi votivi in tutta la Barbagia, ma in altri tempi quest'uscita avveniva già verso l'Epifania o addirittura a Natale.
I Mamoiadini affermano «senza Mamuthones e Issohadores non c'è Carnevale» il che vuole significare che è questa la manifestazione più importante e il simbolo del Carnevale e allo stesso tempo che l'apparizione di questa misteriosa "mascherata" è segno di festosità, di allegria, di tempi propizi.
Benché si sappia che la sfilata durerà dal pomeriggio fino alla tarda sera, Mamuthones e Issohadores mangiano e bevono poco perché l'esibizione richiede molto sforzo e forse anche perché in principio bisognava digiunare come nei misteri. Quest'origine è certamente antichissima: «est anticoriu», dicono i Sardi delle cose il cui ricordo è perduto nell'oscurità dei tempi. (Marchi).
Si è parlato finora di carnevalata, ma quella dei Mamuthones e Issohadores è una cerimonia solenne, ordinata come una processione che è allo stesso tempo una danza; «una processione danzata» come l'ha definita l'etnologo Raffaello Marchi che per primo, negli anni '40, ha osservato molto da vicino questa manifestazione. Il gruppo è composto tradizionalmente da 12 Mamuthones e 8 Issohadores e vanno avanti disposti in quest'ordine:
L'ordinamento sembrerebbe del tutto militaresco, specie per la funzione di avanguardia, di retroguardia, di fiancheggiamento e protezione mobile che hanno gli Issohadores, ma la parata per quanto battagliera possa essere, non è certamente la miniatura di un esercito sardo.
La processione si muove lentamente, in modo non uniforme perché diverso, ma non discordante è il passo dei Mamuthones e quello degli Issohadores. I Mamuthones, disposti su due file parallele, procedono a piccoli passi cadenzati, quasi dei saltelli, come se avessero catene ai piedi, appesantiti dai campanacci, dalle vesti di lana grezza, dalla visera. Ad intervalli uguali danno tutti dei colpi di spalla ruotando il corpo una volta verso destra e un'altra verso sinistra; a questo movimento in due tempi, eseguito in perfetta sincronia, corrisponde un unico squillo dei campanacci; ogni tanto tutti insieme fanno tre rapidi salti su se stessi, seguiti da tre squilli più alti di tutta la sonagliera.
Gli Issohadores si muovono con passi più agili e sciolti, ma sempre misurati ed accordati, per quanto possibile, con l'andare faticoso dei loro cupi compagni; poi d'improvviso si slanciano, gettano sa soha (il laccio) fulmineamente e quasi senza rompere la compostezza dei loro atteggiamenti colgono, legano e tirano a sé come un prigioniero l'amico o la donna che hanno scelto nella folla. Mentre compiono questo esercizio essi possono scambiare qualche parola con la gente che li circonda, al contrario dei Mamuthones che restano muti per tutto il percorso della processione, come gli iniziati di alcuni misteri pagani. (Marchi). Specialmente se sono uditi a distanza, per le vie di Mamoiada mentre avanzano gradualmente dal silenzio, gli squilli alti e leggeri dei sonagli, quelli gravi e cupi dei campanacci e i colpi faticosamente cadenzati dei passi creano nello spazio una sonorità amplissima e solenne, piena di oscuri significati. In questo clima di mistero avanza la processione, austera e tragica, con i Mamuthones neri e oppressi come schiavi in catene e gli Issohadores slanciati e colorati.
Fonte del testo: www.luigiladu.it
Fonte dell'immagine: www.targatocn.it