Tutto questo pippone per dire che l’ultimo disco, Peace Was Never An Option, è bellino. Non è ai livelli del precedente (e temo che mai sarà possibile arrivarci) ma è tutto sommato godibile nella sua interezza. L’assalto death vero e proprio lascia di tanto in tanto spazio ad aperture più melodiche e in qualche modo “nostalgiche”. Si sente purtroppo la mancanza di pezzi veramente memorabili (eccezion fatta per The Hell I Fear, probabilmente la migliore del lotto) ma nonostante questo il platter scorre bene. Tuttavia permane, come per il precedente lavoro, un problema potenzialmente capace di inficiare il risultato finale. La produzione. Il tallone d’Achille della band scozzese, perché, se da un lato i ragazzi hanno un talento indiscutibile, io vorrei capire d’altro canto chi diamine è il responsabile della registrazione; suoni spenti, secchissimi e finti, una batteria privata di qualsiasi tipo di armonico, capace di riprodurre sempre lo stesso identico suono, chitarre troppo, decisamente TROPPO perfette per poter essere considerate genuine e il solito grande assente, il basso. Comprendo benissimo la necessità di una produzione curata nei minimi dettagli (stiamo pur sempre parlando di musica “virtuosa”) ma quando questa necessità prende a pizze in faccia il disco stesso snaturandolo, beh poi non lamentatevi se le valutazioni cambiano.
In sostanza che cosa possiamo dire? Che Peace Was Never An Option è un bel disco, che piacerà parecchio ai fan della band e lascerà indifferenti tutti gli altri. E in fondo è giusto così. Stay Djent (ma anche no).