Man of Tai Chi [Recensione]
Creato il 19 aprile 2014 da Paopru
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Keanu Reeves segna il suo esordio registico con una pellicola stupida e dai contenuti vaghi. Man of Tai Chi è il suo discutibile progetto Made in China sull’arte del Kung Fu a cui è tanto legato fin dai tempi di Matrix, ma il risultato è sconfortante per non dire pessimo. L’uomo del tai chi è un ragazzo di nome Tiger che cerca di padroneggiare questa arte marziale attraverso gli insegnamenti del suo maestro. Il Tai Chi richiede lentezza nei movimenti e meditazione, circostanze che Tiger sembra reprimere e che gli causano una certa frustrazione. La sua umiltà lo porta a fare comunque progressi tanto col proprio maestro che nella vita, portando il tai chi sotto i riflettori di una importante competizione sulle arti marziali. La competizione non è però solo un sport, ma un banco di prova per trovare nuovi lottatori da inserire in un circuito di combattimenti clandestini gestito dalla potente organizzazione di Donaka Mark (Keanu Reeves), un losco figuro che si muove nell’ombra ed al centro di un’ indagine della polizia. Quando l’antico tempio del maestro di Tiger è a rischio espropriazione per dei cavilli riguardanti le misure di sicurezza non a norma, a Tiger verrà offerta l’occasione di combattere per denaro e salvare il tempio, snaturando al contempo tutti i precetti del tai chi insegnatigli dal maestro (e visibili in questa clip).
La storia raccontata così sembra anche degnamente valida, sarà la regia di Reeves a trasformarla in una gloriosa puttanata senza senso, piena di rimandi e riferimenti che il film non mostra e scarse caratterizzazioni dei personaggi (a cominciare proprio dal personaggio di Reeves). Il protagonista della storia interpretato da Tiger Hu Chen (si! ha lo stesso nome anche nel film) non è poi così male, anche se i capelli a caschetto lo rendono quantomeno ridicolo. Ma può un personaggio del genere essere convincente quando lotta in combattimenti clandestini fino alla morte in stile Mortal Kombat? Più di una volta si può sentire il famigerato Finish Himmmm al termine dello scontro, purtroppo mai seguito da una degna Fatality. Anche volendo non si sarebbe potuta fare una cosa simile data l’evidente censura della pellicola. Non una goccia di sangue viene versata durante i combattimenti, ne un occhio divine pesto o un braccio finisce per essere spezzato. Colpi da orbi che lasciano miracolosamente illesi tutti i protagonisti rendendo inverosimili le scene di lotta più cruente.
Keanu Reeves è irriconoscibile nelle vesti del villain, assolutamente ingessato nei movimenti e inespressivo in quasi tutte le sue apparizioni. Spesso si rende volutamente ridicolo, con alcune faccette davvero esilaranti (immagine al lato) che rovinano la scena o quantomeno l’atmosfera che il film cerca faticosamente di costruire. La risata esce spontanea e involontaria. Nella scena finale, quella dove Donaka e Tiger si fronteggiano in un match all’ultimo sangue Reeves mostra tutto il suo talento nel padroneggiare le arti marziali, coreografando, sotto la supervisione del leggendario Yuen Woo Ping, uno scontro credibile e non scontato benchè non se ne capisca il senso. L’impressione è che il climax finale non si regga su solide basi, e non si capisce il perchè Reeves stimoli Tiger a mostrargli la famigerata mossa che prevede la totale padronanza del Chi sapendo che questo lo avrebbe condotto alla morte. Le similitudini coreografiche con Matrix sono più che una semplice coincidenza, spesso ricalcando medesime scene come questa.
Film lacunoso e curato solo nell’aspetto estetico di rappresentazione del Kung Fu. La storia è debole o del tutto assente per una pellicola che poteva essere meglio di come realmente è.
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