Manca il lavoro? Gli archeologi tornano alla capanna

Creato il 06 ottobre 2013 da Filelleni

06/10/2013 di Redazione Filelleni

di Laura Danile

E' fatto ben noto che per gli archeologi, soprattutto per i più giovani, trovare spazio all'interno dei ruoli istituzionali sia oggi quasi un'utopia. Ora poi che anche la via dell'archeologia preventiva è pressoché preclusa a causa delle paghe improponibili (7 euro all'ora lordi proposti da Italgas per la sorveglianza, come hanno denunciato l' ANA e Giannantonio Stella sul Corriere della Sera del 24 luglio), non resta che inventarsi altro.

Una via da percorrere è forse quella di creare link tra passato e futuro, tra preistoria e nuove tecnologie. Così, nel suggestivo scenario dell'entroterra siciliano, per l'esattezza a Pietraperzia (EN), nei pressi dell'insediamento di Tornambè, occupato dal IV millennio all' età arcaica, è in corso la costruzione di una capanna dell'antica Età del Bronzo. Il progetto "Hut and Fire", curato da Kati Caruso e Claudia Speciale dell'Associazione Archaeogreen , sta così portando per la prima volta l'archeologia sperimentale in Sicilia, ricostruendo in scala 1:1, una capanna preistorica, analoga a quelle attestate nei coevi contesti insulari e dell'Italia meridionale.

Il metodo, rigorosamente filologico e scientifico, prevede che la costruzione sia fatta utilizzando le materie prime, le conoscenze e gli utensili che l'uomo preistorico aveva a disposizione. A tal fine è stato indispensabile innanzitutto documentarsi e creare una rete internazionale per entrare in contatto con archeologi che avevano già realizzato progetti simili, in Italia e soprattutto all'estero, dove l'archeologia sperimentale gode di una maggiore attenzione. La condivisione di esperienze è stata molto utile per costruire gli "strumenti del mestiere".

Una volta create asce di pietra, coltelli e corde (non senza difficoltà ed in mezzo allo scetticismo generale) si è deciso di pianificare la costruzione della capanna. Una volta terminata, la struttura verrà incendiata così da poter osservare e registrare i fenomeni di crollo e distruzione documentandoli con foto e filmati.

Un progetto pilota di archeologia sperimentale che vuole porsi domande, senza la presunzione di trovare tutte le risposte, e che intende far aprire e conoscere il mondo, talvolta ostico, dell'archeologia preistorica ad un pubblico ampio e differenziato. Tutte le fasi del lavoro, infatti, sono rese note non soltanto alla comunità scientifica (convegni, seminari, articoli e pubblicazioni scientifiche), ma anche al vasto pubblico generico, tramite la condivisione immediata sui social network ( Facebook), sui canali di video sharing ( youtube) e sul sito internet dedicato all'evento.

Creare, ricreare il passato coniugandolo al futuro. Potrà davvero diventare per tanti di noi una strada percorribile, una via d'uscita?


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