Manca(va) l’acqua

Da Abattoir

giovedì 25 luglio 2013 di Noemi Venturella

Da bambina, la mamma era bianchissima e ci portava a mare con fatica ché si bruciava facile. Secondo me innanzitutto si annoiava, e difatti urlava irritata, e ribadiva e controribadiva che “al villino acqua un cinn’è!” e che “stu mare è una gran camuria, camula ri cascia!”.
Per la precisione, andava che verso le 19:00 di un giorno ics, col sole rigorosamente calante, lei cedeva esasperata alle nostre richieste, ci infilava in macchina col beneplacito del pater, 5 minuti di curve e si accostava in un angolo d’ombra della spiaggia Magaggiari: finalmente sabbia e acqua all’orizzonte e noi che sgusciavamo della Ypsilon10 turchese con lo sportello ancora mezzo aperto per un bagno veloce di quelli senza secchiello e un veloce ritorno alla macchina. 
Lei, la madre, era rimasta lì dentro a sbuffare. Ci aspettava sotto il caldo con la nostra doccia accanto: due bottiglie d’acqua “tutte” per noi, due bottiglie verdi della Ferrarelle (una cadauno, s’intende) private dell’etichetta rossa e riempite preventivamente di acqua del rubinetto, ché a Cinisi non c’era acqua, mai, e l’autobotte per entrare a casa nostra doveva passare dal terreno dei vicini; da noi l’ingresso era troppo stretto e storto anche, e gli altri per darci il permesso di usare la loro entrata storcevano il muso, o così mio padre faceva capire. Oppure era che a Cinisisecca comprare l’acqua per mio padre costava troppo.

E così, nel ’97 io avevo 14 anni, una bottiglia di Ferrarelle-dal-rubinetto tutta per me e poi tra le mani l’odiosa sensazione dell’acqua salmastra + sabbianonfina infilata ad arte tra le dita del piede misura 32. Perché in Sicilia c’era la siccità, e per mia madre bastava così; forse le seccava sapere se era vero. In ogni caso, una tovaglia l’uno di quelle piccole e si tornava a casa, senza sporcare, piccarità di Dio e matrimaria! …Il prossimo mare tra un mese, forse; se non fa troppo caldo e se fate i bravi.

…In Sicilia vent’anni fa c’era la siccità e l’acqua a pagamento era cara, non so ora. Non li studio più i libri di geografia e i tg non si capisce mai quanto dicano il vero tra un gossip e l’altro. D’altronde, Lady Dì è sempre morta e la regina ne è sempre contenta, meglio documentarlo.
In compenso, oggi la secca è un ricordo infantile o africano. Io a Cinisi ci vado per lo più il 9 maggio per Peppino Impastato e la gente a mare ha l’i-pad, la doccetta portatile e mille bottiglie d’acqua agghiacciata, thé limone&pesca, gelatini e cornettini, poche pollanche e poco “cocco bello” a confronto delle leccornie confezionate portate da casa; e come ciliegina sul caldo umido, sigarettina elettronica e unghia rifatte e appuntite con cui dare il latte al picciriddo senza curarsi di non cavargli gli occhi.

Qui la secca pare decisamente solo un ricordo per tutti e io posso andare a mare con comodo e poi fare la doccia senza raccogliere l’acqua che mi scende di dosso dentro una bacinella azzurra. Posso usare shampoo da un euro e bagno schiuma bianco o verde senza paura di ammazzare le piante che berranno l’acqua del mio corpo perché altro non c’è, diceva papà, e chissà se era vero.
Però, quando oggi faccio la doccia, non faccio scorrere troppo l’acqua, lo giuro.
Non si sa mai.


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