Manco a farlo a Posta

Da Hombre @LaLineadHombre
L’impiegata della posta non si può guardare, tant’è brutta. E già per questo si meriterebbe di morire. Secca come un uscio, infilata in un maglione nero a collo alto, sfoggia capelli spioventi di un rosso innaturale, tagliati a casaccio. Ha un migliaio di piercing per orecchio e un’orrenda campanella d’acciaio proprio al centro del labbro inferiore. Infine si ritrova un naso adunco, di per sé neppure orribile ma, nel contesto della sua faccia da topo, decisamente fuori luogo.Se la prende comoda. Io devo inviare una raccomandata in ditta, sono in malattia da tre mesi appena, che non mi rompessero i coglioni. Sono il terzo della fila e dopo non ho da fare un cazzo, vero, però fuori tira un vento siberiano e non vedo l’ora di tornare a casa e piantare le tende sul divano per dedicarmi a un dvd scaricato due sere fa: un pornazzo di rispetto con una dozzina di casalinghe disperate ma non troppo. Oltretutto minaccia neve, e io sono in bici.Sta a una tipa straniera, accento dell’est, chissà mai rumena. Ha consegnato un pacco giallo da mandare chissà dove a chissà chi, ma la fottuta impiegata della posta non gliela rende agevole.-   Signora, mi deve descrivere il contenuto. Diceva, vestiti?-   Sì, quello lì ho messo a interno. Pantalone e maglietta e gonne – sgrammaticava così, ma si capiva, diosanto! Dietro di me, non arriva più nessuno. Ogni tanto l'impiegata dal piercing facile occhieggia di là dal bancone per controllare la fila. Di certo il tre non è un numero che la manda nei pazzi, altrimenti chiamerebbe uno straccio di collega per aiutarla con quelli dietro alla rumena spedisco-abiti-a-tutti-i-miei-parenti-creati. E non intende darsi una mossa.-   E il valore? Serve anche il valore del pacco.-   Tutto ho pagato come 180 euro – fa la rumena.-   Sì, 180, bene, il valore totale. Però mi serve diviso per articolo… abbia pazienza.Cazzo! Diviso per articolo. Non la vedo la faccia della ragazza dell’est povera bella donna innamorata d'amore e della vita, non la vedo, ma posso immaginarmela.Cala il silenzio, il vecchio tra me e lei nella fila è tranquillo, aspetta il suo turno, o magari una nevicata coi fiocchi. Anch’io, a vedermi da fuori, son tranquillo.L’impiegata, buttando ancora una volta l’occhio sulla fila, incrocia il mio sguardo. Qui le do un'ultima chance, nel senso che la guardo duro come a dire “sbrigati, non vedi che siamo qui da un'eternità?”, per tutta risposta lei alza il mento, sdegnosa, come a dire “tanto io devo farci l’una qui”. Resto cristallizzato nella coda, e la cosa diventa una questione di principio.La rumena è ancora impegnata con un’improbabile spartizione dei suoi bei 180 euro, quando l'impiegata, strano a dirsi, le lancia una ciambella di salvataggio.-   Mettiamo 60, 60 e 60? - le fa con un finto sorriso, strizzando in su gli zigomi.-   Sì, ecco, penso io va bene.Ingenuamente ritengo che ci siamo, ma la manfrina è tutt'altro che agli sgoccioli.-   Dia qua, ci son da fare le fotocopie.Se ne va sul retro con i moduli e sparisce in un buco spazio-tempo dal quale riaffiora una vita dopo.Tornando mi guarda come a dire “la fotocopiatrice si è fatta la fase di riscaldamento e poi si è pure inceppata”, io la guardo come a dire “troia!”La rumena, che il diavolo se la inculi, ha spedito il rinnovo guardaroba in capo al mondo. Sospiro di sollievo.Tocca al vecchio prima di me, ha una busta rigonfia, siamo sotto Natale, sarà un regalo per una figlia sperduta nel mondo, magari una sciarpina di cashmere, tenero.Il lavoro è semplice, l'impiegata prende la busta e controlla l'indirizzo al computer. Ma c'è qualcosa che non le sfagiola. Pigliare la busta e mandarla dov’è destinata sembra contro la legge. Controlla ancora. Patetica.-   Guardi, è via del Carretto, forse, non via del Cerreto. Non risulta nessuna via del Cerreto.-   Ah, bene, può darsi, allora correggo, grazie.Il vecchio riprende la bustona, cancella, poi si fa dare un pennarello, cancella ancora e poi, con i suoi comodi, mentre l'impiegata lo guarda ammirata, si degna di vergare “Carretto”.Ha finito, ma non si schioda da lì. Mette a posto il resto, poi rinfila in tasca il portafoglio. Indossa pure i guanti, sempre impalato davanti allo sportello impedendo, di fatto, che io mi possa avvicinare per dire alla stronza cosa mi serve. Sbircia di là dal bancone la sua bella busta gialla, sta lì, cazzo, nessuno te la piglia. Aspetto, non fiato, studio la logistica dell'ufficio, l'entrata e la via di fuga. Tra breve saremo soli, io e la mia impiegata del cuore con tutti i suoi piercing e con il suo bel nasone a pinna di squalo.Non ricordo bene come ma, alla fine, il vecchio riesce a traslocare le sue chiappe in un altro universo. Non ci ho fatto nemmeno caso, sono ormai proiettato sul dopo, ne sento già l’odore.-   Avanti! Tocca a lei.Faccio i due passi da “aspettate qui il vostro turno” fino al bancone e le passo la raccomandata con il modulo già compilato. Lei la prende e la pesa. Poi la solleva e la pesa di nuovo.-   Due euro e venti.Appoggio i soldi là dove si deve, lei appiccica la targhetta adesiva sulla raccomandata e poi, senza nemmeno guardare, allunga la mano per prendere le monete e io gliela afferro. Allora alza di scatto la testa e strabuzza gli occhi, proprio non capisce, eppure dovrebbe. La sua incredulità le impedisce di fare l’unica cosa che potrebbe cavarla fuori dai guai: gridare.Afferrata la sua mano, la tiro verso di me, salto sul bancone e le abbranco i capelli dietro la nuca.-   Cosa… cosa… – solo questo dice.Le sbatto la testa sulla taglierina azzurra, più volte, finché mi va. Poi, finalmente, dall’altra parte dell’ufficio qualcuno si accorge dell’inconveniente che sta capitando alla collega. La lascio lì, mentre il sangue comincia a colare da sotto il suo viso, faccio appena in tempo a tirare via la mia lettera prima che si sporchi, la butto nella cestina “raccomandate” ed esco all’esterno. Respiro.Mi lascio alle spalle, adesso sì, urla di vario ordine e grado e pedalo via, veloce, verso casa.

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