L'unico modo per fermarle (finché funzionerà, presto non funzionerà manco questo): prendi il telefonino e filmale. Non hanno problemi di privacy anzi si espongono volentieri alla telecamere, ma per lo meno interrompono la flagranza di reato e la ennesima potenziale vittima è salva. Salvata da un semplice cittadino e non dalla legge, non dall'allerta terroristica, non dalle mille - finte - attenzioni dell'anno giubilare.
Le stazioni della metropolitana di Roma, la città gestita ormai da novembre da due prefetti di ferro, sono di proprietà esclusiva ed assoluta di bande di meninos de rua spietate e impunite. Nessuno fa loro nulla. Le forze dell'ordine di volta in volta tentano qualche intervento, ma da una parte c'è la poca voglia di sbattersi, dall'altra il volemose bene (spesso i ladri e i poliziotti scherzano insieme all'insegna del "dai per oggi basta"), dall'altra le leggi criminogene e garantiste (sempre verso i furfanti, mai verso le persone oneste) di cui il nostro paese si è dotato. La somma di tutto costituisce la retorica delle "mani legate". "Nun potemo fa gnente, c'avemo le mani legate" ripetono tutti.
Poi scopri che basta mettere mano al telefonino e fare un video - o fingere di farlo - per interrompere i furti. Si pensi cosa potrebbe fare (se lavorasse invece di fumare sigarette subito fuori alla stazione) un vigilantes.
Certo ci sono conseguenze: le ladre insultano, tirano colpi con lo zaino, cercano di rubare la telecamera e soprattutto sputano. Questa volta ce la siamo cavata solo con qualche sberleffo e qualche dito alzato.