Mangia le mele al padrone

Creato il 25 maggio 2010 da Renzomazzetti

Chi vespa mangia le mele, dice nella primavera del ‘69 un azzeccato manifesto pubblicitario della Piaggio affisso in tutta Italia. Mangia le mele al padrone, risponde un altrettanto azzeccato manifesto del PCI provinciale con la mela stilizzata e sbocconcellata ai due lati. E le mele gli operai quell’estate le mangiarono davvero! In venti giorni dalla fine di giugno a metà luglio cominciò e si concluse una lotta aziendale per il premio ferie e i delegati sindacali di reparto e per molti versi anticipatrice del clima e delle conquiste dell’autunno caldo. Era quello il ritorno dei piaggisti alla lotta dopo gli anni bui della repressione e dei licenziamenti a metà degli anni ‘60. I comunisti di Pontedera avevano lavorato intensamente dopo la falcidia dei licenziamenti politici del ‘65-’66 per riannodare un rapporto politico e sindacale con la fabbrica. Un episodio seppur minimo aveva rivelato nell’autunno del ‘67 l’esistenza tra gli operai di un forte malessere e malcontento. In preparazione della Conferenza operaia nazionale convocata a Torino per i primi di dicembre era stato distribuito alla Piaggio un questionario sul salario, i ritmi, le condizioni di lavoro. Di questionari compilati ne tornarono poco più di un centinaio ma tutti sottolineavano che in quel modo in fabbrica non si poteva andare avanti, che insomma era tempo di riprendere la lotta. Anche la Conferenza operaia di zona tenuta a Pontedera con Giuliano Pajetta era andata bene. Per la prima volta dopo anni il saloncino del Palazzo Aurora era pieno di operai della Piaggio e delle piccole aziende. Nel maggio’69 le organizzazioni sindacali rompono gli indugi incoraggiate anche dalla buona riuscita degli scioperi contro le zone salariali e presentano alla direzione dell’azienda la richiesta di un premio annuale da corrispondere in occasione delle ferie e l’istituzione dei delegati di linea, di collettiva e di reparto, con funzioni di controllo sulla produzione effettuata e sui tempi di lavorazione. La figura del delegato è il fatto nuovo che interviene e prefigura la fine della vecchia e gloriosa Commissione interna. Con il delegato vogliamo controllare l’organizzazione del lavoro: ritmi, cadenze e la produzione da noi realizzata. Dopo aver detto che il padrone si riprende sempre con cento mani ciò che è costretto a concedere, in quello stesso volantino si sottolinea come in molte officine i lavoratori abbiano già cominciato a protestare. Cosa fanno gli operai? Semplicemente si mettono d’accordo, si organizzano tra loro per il controllo della produzione e, nel caso, incaricano uno, due, tre di loro di reclamare verso il caporeparto. Se vogliamo cambiare le cose in fabbrica dobbiamo fare così: generalizzare questi esempi, organizzarci in ogni linea o collettivo attraverso l’istituzione dei delegati conclude il volantino. La lotta parte forte con scioperi generalizzati, poi si articola per reparto, officine, turni. La partecipazione è davvero totale, i crumiri si contano sulle dita di una mano. Anche l’articolazione della lotta è un fatto per molti versi nuovo e importante. La sua piena e convinta riuscita indica che gli operai si organizzano nei reparti e nelle officine, che non aspettano solo il segnale da fuori per lottare. Aniello Coppola tratteggia su Rinascita gli aspetti salienti e più significativi di questa lotta in un pezzo davvero magistrale: La lotta alla Piaggio si sente letteralmente durante le ore dei pasti. Dai saloni della mensa rimbomba all’esterno un lungo grido di scherno. E’ l’urlo che accompagna fino all’uscita il crumiro o una guardia particolarmente detestata. Da almeno tre settimane l’ordine non regna in fabbrica. Dopo una sfilata operaia per le vie della città, gli scioperi si fanno nel modo più difficile: restando nei reparti a sfidare e a contestare quel complesso sistema di condizionamento e di intimidazione che il sindacalista Luciano Boschi con espressione efficace chiama il “picchettaggio del padrone”. All’officina 1, riferisce ancora Coppola, dove si montano le vespe e i ciao si lotta, quando serve, anche con il mutismo. Se i capi si rivolgono agli operai a tu per tu o collegialmente non ottengono risposta. Tutti zitti, tranne uno: il delegato di linea. La direzione non li vuole riconoscere, ma i lavoratori ne hanno già eletti una ventina in tutto lo stabilimento. Se il capo ha qualcosa da dire o da chiedere parli con lui. Tra gli operai, l’unità che si cimentava non guardava alle tessere ma alla combattività, ricorda Gianfranco Lazzeretti allora dirigente sindacale. Quando la scelta cadeva su un operaio della Fim-Cisl era perché questi si impegnava alla testa delle lotte e anche per impegnare a fondo la sua organizzazione sindacale, compiendo un gesto chiaramente antisettario dinanzi a tutti gli operai del reparto. Al primo incontro tra sindacato e azienda il 19 giugno c’è la rottura voluta dalla direzione. Questo non fa altro che scatenare un crescendo di lotta. Il punto di riferimento per tutti sono ora i cancelli della Piaggio, le portinerie degli operai e degli impiegati. I piaggisti imparano a conoscere i gruppetti che ogni giorno sono presenti in forze davanti alla fabbrica e come sempre c’è il PCI e ci sono i sindacalisti. Alla lotta si intreccia l’iniziativa politica del Partito Comunista e delle assemblee elettive. Nel Consigli comunali vengono votati ordini del giorno di solidarietà. Prendono posizione le organizzazioni giovanili di sinistra e la gioventù democristiana di sinistra a nome della quale Alberico Burchi dichiara di rifiutare l’equazione capitalismo uguale democrazia. Alla Villa comunale di Pontedera si svolge anche una assemblea promossa dalle Sezioni cittadine del PSI, del PCI e del Psiup. La lotta dei piaggisti, dice in quella circostanza Luciano Casola, dirigente del Psiup e della Commissione interna, sta dando ampio respiro anche alle rivendicazioni operaie in tutte le fabbriche della zona. Dal canto suo Marianelli, Vice Sindaco e segretario della sezione del PCI, sottolinea che è compito dei partiti dare uno sbocco politico a questa battaglia attraverso un collegamento forte tra fabbrica, città e istituzioni. Di fronte a questa situazione la Piaggio non ha davvero via di uscita se non quella della trattativa e dell’accordo, che viene raggiunto nella notte dell’11 luglio e rappresenta un successo netto dei lavoratori. Essi ottengono un premio ferie di 35 mila lire e il riconoscimento di fatto del delegato. E’ l’accordo migliore fatto negli ultimi vent’anni alla Piaggio, commenta su L’Unità Giacomo Dolo, un operaio comunista che in fabbrica ha passato tutta una vita, innanzitutto perché è netta la sconfitta del padrone, poi, al di là delle conquiste economiche, questo accordo si innesta in un processo di trasformazione dell’azienda (cottimo, collettive, ecc) e pone le basi per la risoluzione dei più urgenti problemi attraverso un maggiore potere degli operai. Sempre L’Unità, il 20 luglio, dedica una intera pagina alla vittoria dei piaggisti. Nel fondino di apertura si scrive: Dinanzi alla lotta dei piaggisti, alla loro unità, alla loro sete di giustizia e di libertà è apparsa più meschina che mai la scissione socialdemocratica e il tentativo di spostare a destra la situazione politica del nostro Paese. In questi giorni di crisi di Governo, di giochi di vertice rimasti a dosare opportunamente la composizione del centro-sinistra, i lavoratori della Piaggio, come quelli della Pirelli, della FIAT, i braccianti pugliesi, come tutti i lavoratori in lotta nel nostro Paese, hanno dato l’indicazione netta che l’Italia ha bisogno di una politica nuova, che il paese deve andare a sinistra. La lotta dei piaggisti non era davvero che il debutto. Poche settimane e, a settembre, cominciarono gli scioperi per il contratto nazionale dei metalmeccanici: inizia l’ autunno caldo. -Luciano Ghelli- tratto da: 68 e dintorni, Edizioni Progetto, 1988.

COME URAGANO

A chi distrattamente cammina

lungo la catena del montaggio

il movimento può apparire fermo

l’officina come un’isola lontana

e le menti sembrare

al sentimento che vede superficiale

in numeri di matricola catalogate.

Eppure vi sono arti e corpi

che si muovono frenetici

come gli arti ed i remi

al ritmo ossessivo dei tamburi

sui grandi legni antichi

e le menti studiano utopie

dove i poveri appaiono in sogni ricchi.

Poi

goccia goccia

come benzina nel motore

l’impegno alimenta

il moto della conoscenza:

Fieri alzano lo sguardo

l’un nell’altro vedono se stessi

e gli enormi perché

diventano risposte precise

prospettive reali e vicine

vere ed efficaci garanzie.

Così

nello slancio fiducioso

in bisbigli di zanzare

esce l’aria dalle bocche

poi le parole come abbaiare

infine come uragano

in urlo prorompe.

-Renzo Mazzetti-

(Verso levante, poesie del mio autunno caldo, ISMECA, 2009)


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