Mangia prega ama non è la regola da applicarsi nella ricerca della felicità: è la storia di una donna e del suo complicato rapporto con l’eros. Una donna esigente che ama abitare la verità, e dirla sempre, a qualunque prezzo.
E’ terribile innamorarsi di un uomo, sposarlo, e scoprire che tutto può finire dopo solo pochi mesi. E senza un perchè, un motivo tangibile, una ragione specifica.
Viene il dubbio di non essere normali, di avere preso un abbaglio, e vengono terribili sensi di colpa, ma ci si trova di fronte ad una scelta: o rendere quel che accade pubblico, o tenerlo nella sfera del non detto, mettendosi dentro una situazione di falsità e di recita.
Impossibile la seconda ipotesi: impossibile fingere, impossibile essere quella che non si è, impossibile pensare di costruire cose nuove e importanti dentro un niente…
L’avvento di un divorzio tra due persone che si sono sinceramente molto amate è lacerante.
Tutto viene minato dentro di sè, e intorno le solite cose e persone
Cambiare paese, amici, vita, abitudini e perchè no, modo di nutrirsi, può essere una conseguenza inevitabile e necessaria.
Questa donna molto fortunata, perchè dispone di grandi possibilità economiche, ma anche molto disperata, perchè si è trovata dentro un terribile lutto di cui si è trovata la principale artefice involontaria, comincia a vedere nel cibo una forma compensativa del piacere perduto.
Non si cade in nessuna forma di patologia e di degenerazione alimentare, non si diventa obesi o bulimici o anoressici; semplicemente ci si dedica anima e corpo al piacere della buona tavola.
Della miglior tavola immaginabile e disponibile al mondo: quella italiana.
Niente più innamoramenti, niente più uomini, nè di passaggio, nè di compensazione; solo amici, e solo del buon cibo.
Fino a che il cibo e gli amici non bastano più.
E dalla sazietà della pancia e dei sensi ordinari si passa al volere riempire la sazietà dell’anima.
E dove potere percorrere questo cammino spirituale se non andando in India?
Così questa donna americana della migliore tradizione newyorkese lascia la bella Italia e si butta nel silenzio, nel caos e nella mortificazione della vita contemplativa indiana.
Ci sono altre donne e uomini vicino a lei, di tutte le razze, che stanno dentro questo luogo di orazione e di ricerca dello spirito per le più varie ragioni, ma tutte hanno in comune la venuta da un grande dolore e/o da una grande sconfitta.
Dolori laceranti, che hanno segnato un solco profondissimo, dal quale si teme di non potere guarire e rinascere.
Non occorre essere dei soldati di guerra per portare sulla pelle cicatrici indelebili.
Qui la nostra compagna di sventurata avventura si mette a pregare, non come pregano le suore o i monaci, ma come pregheremmo noi se andassimo a ritirarci in un luogo spirituale, alla ricerca del proprio equilibrio perduto. Tra un pasto e l’altro, tra una piccola fuga nel mondo e il ritorno al silenzio.
E lentamente si placa dentro di lei il subbuglio delle onde oceaniche in movimento.
Nascono simpatie umane, affetti puri e sinceri, nutriti dalle medesime sensibilità.
Nascono positive iniziative di solidarietà e partecipazione.
Nascono serenità incerte di cui si nutre la speranza di farle diventare solide.
Fino a che si ritorna pronti a reinnamorarsi.
Senza calcolarlo.
Accade e basta.
E si comprende che l’amore come il non amore sono la sola cosa che non ci possiamo imporre e che non possiamo controllare. O c’è o non c’è.
O si può o non si può condividere.
E non esiste nessun’altra cosa da capire e da perdonarsi o perdonare.
Amare è un dono immenso, prezioso, insostituibile. Assoluto.
Dobbiamo esserne degni ed orgogliosi di farne parte e di mostrarci capaci di esso.
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