Ogni estate, nei giorni più caldi, ascoltiamo il consiglio: “Bere molto e mangiare molta frutta e verdura!”. Probabilmente in tanti di noi sbufferanno considerando tale ammonimento noioso, già sentito, stucchevole. Siamo sicuri che sia davvero così?
L’atteggiamento di supponenza di fronte al consiglio su frutta e verdura rappresenta un esempio ed un segnale di una più generale difficoltà e delegittimazione di chi è incaricato di trasmettere valori, regole e precetti che mirano al nostro benessere e formazione come persone; cominciando dagli insegnanti e finendo, banalmente, per l’hostess che intima – con giusta ragione – ai passeggeri dell’aereo di non alzarsi prima che si spenga il segnale delle cinture.
Forse sarà capitato a molti di constatare come, ultimamente, in occasione di anniversari (ad esempio quelli delle morti di Falcone e Borsellino) o di celebrazioni particolari (ad esempio il 25 aprile), si ascoltino commenti di una certa insofferenza, come a dire: “Ancora con ‘ste storie?!? Basta! Le abbiamo già sentite mille volte! Andiamo avanti!”. Come, insomma, se i valori e gli insegnamenti che alcune ricorrenze rappresentano, fossero ormai acquisiti o semplicemente non fosse più necessario ricordarli e trasmetterli. Eppure la tolleranza, l’accettazione della diversità, la capacità di ascoltare e rispettare gli altri, l’obbligo morale a ribellarsi di fronte ai soprusi, ecc. ecc. sono cose che non sono trasmesse geneticamente e automaticamente dai genitori ai figli. Tutt’altro! L’uomo nasce, naturalmente, predisposto a dominare l’altro ed è solo attraverso l’educazione e la memoria che possiamo costruire un futuro che ci risparmi le guerre, le sofferenze, gli orrori del passato.
Il quest’epoca di generalizzata crisi delle autorità, il rischio è enorme: evitare di soffermarsi sul valore di un precetto, di un anniversario, di una visita ad un museo, solo perché l’abbiamo già ascoltato o fatto tante volte, significa condannarsi a nuove sventure e ad una vita più vuota e grama.
Certo, l’educazione non può limitarsi ad alcune frasi o alla celebrazione di un evento passato, ma è comunque un ottimo mezzo per andare oltre, una chiave per aprire una porta. Genitori ed insegnanti dovrebbero tenere bene a mente l’estrema importanza dell’educazione e anche di norme che possono apparire “fuori moda” perché già sentite o pallose. Forse tanti problemi nella nostra società sono cominciati e la vittoria del “berlusconismo” è stata sancita quando i genitori hanno smesso di intimare ai figli di “non stare così vicino alla televisione” o di non guardarla per troppe ore al giorno.
Paradossalmente sono proprio i regimi totalitari a ricordarci l’importanza di precetti ed educazione: nazismo, fascismo, stalinismo avevano posto estrema attenzione sull’educazione dei giovani, ben comprendendo quanto sia “plasmabile”, nel bene e nel male, la mente umana e come sia possibile “installarci” qualsiasi tipo di valore, anche i più biechi e violenti. Educare alla tolleranza, all’apertura mentale o trasmettere precetti, anche banali, ma corretti, come quello della frutta e della verdura, è compito arduo, soprattutto oggi, quando in tanti credono che la scuola e l’educazione debbano essere solamente dispenser di strumenti per cavarsela nel mondo del lavoro. Eppure è assolutamente vitale e necessario, anche a costo di apparire barbosi e “vecchi”.
Ed ora, andrò dal verdurario, lo saluterò con un educato: “Buona sera, come sta?”, comprerò frutta e verdura, aiuterò un’anziana signora a portare la spesa a casa, mi laverò le mani prima di mangiare e – solo dopo aver mangiato – guarderò non più di una partita di football in televisione.