Maniero querela il questore di Treviso e chiede risarcimento per 1 milione di euro

Creato il 06 ottobre 2011 da Yourpluscommunication

L’ex boss della mala del Brenta Felice Maniero ha incaricato il suo legale, l’avvocato Maurizio Scattolin, di presentare una querela in relazione a una intervista concessa nei giorni scorsi dal questore di Treviso Carmine Damiano a Il Gazzettino.

Secondo «faccia d’angelo» alcune dichiarazioni attribuite a Damiano non corrisponderebbero alla realtà dei fatti. Per questo è intenzionato a chiedere un risarcimento danni di un milione di euro da devolvere ai frati di Assisi.

A far arrabbiare Maniero, in particolare, secondo quanto riportato oggi dai quotidiani veneti del gruppo Finegil, l’attribuzione alla banda da lui capeggiata di una violenza sessuale avvenuta durante un rapina in villa a Padova, l’esistenza di un «tesoretto» nelle mani dell’ex boss mai venuto fuori, nonostante il pentimento e la conversione religiosa, e l’attribuzione da parte di Damiano della paternità del suo arresto nel ’94.

«Io Damiano proprio non lo conosco – ha detto Maniero al suo legale – probabilmente l’ho visto una sola volta, quando era capo della squadra mobile di Padova, sono sicuro che non c’era a Capri quando mi hanno arrestato sul mio yacht e non c’era neppure a Torino quando mi hanno arrestato di nuovo dopo l’evasione da Padova, l’anno successivo».

Quanto alla violenza sessuale alla quale si fa cenno nell’intervista, l’ex boss fa sapere attraverso il suo legale «di non aver fatto un’azione del genere», ma se fosse capitato che qualcuno dei suoi avesse commesso un tale crimine «non l’avrebbe di certo passata liscia».

Da parte sua Damiano replica oggi attraverso l’ANSA: «quello che leggo dai giornali di oggi mi sembra assurdo e anche ridicolo. Confermo il mio operato, che ha consentito allo Stato e al Veneto in particolare di sradicare un fenomeno che la terra veneta non merita assolutamente».

Quella contro la banda di Maniero, aggiunge, «è stata un’intensa attività della polizia di Stato, testimoniata dai numerosi rapporti di polizia giudiziaria sotto i quali c’è la mia firma – sottolinea Damiano – e che sono il frutto di molti anni di indagine che hanno delineato i contorni di un’associazione per delinquere nota appunto come mala del Brenta».

Indagini, prosegue il dirigente di Polizia, che hanno attribuito ad ognuno degli indagati «fatti specifici che riguardano i più gravi reati previsti dal codice penale». Rispondendo indirettamente a Maniero, che in un’intervista aveva detto di non conoscerlo, Damiano ha ricordato inoltre che c’è la sua firma «anche nei rapporti di denuncia di coloro che avevano favorito l’evasione del carcere, chiarita a distanza di sole poche ore dal fatto».

Damiano, che per sconfiggere la mafia del Brenta ha lavorato in stretto rapporto con la Mobile di Venezia e della Criminalpol Veneto, ha sottolineato di essere stato impegnato «in prima linea, in maniera incessante, coi colleghi della polizia di Stato» e di essere stato testimone come altri funzionari, «nel corso di numerose udienze davanti al tribunale e in particolare della Corte d’Assise di Venezia».

Damiano, in conclusione, sottolinea che tutto il lavoro svolto dalla polizia di Stato e dalle forze dell’ordine contro la mafia del Brenta si trova negli atti «che sono pubblici».

Fonte Ansa


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