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Manifesti a Roma per Battisti Libero. Chi li ha affissi? Nel 2004 su la Repubblica un articolo a favore del terrorista rosso. E su Carmillaonline di Valerio Evangelisti diversi interventi che incitano Battisti a fuggire

Creato il 04 gennaio 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

E su Carmillaonline di Valerio Evangelisti
diversi interventi che incitano Battisti a fuggire

di Iannozzi Giuseppe

Per una volta il mondo politico italiano si è schierato compatto contro la decisione di Lula di non estradare il terrorista Cesare Battisti.

Manifesti a Roma per Battisti Libero. Chi li ha affissi? Nel 2004 su la Repubblica un articolo a favore del terrorista rosso. E su Carmillaonline di Valerio Evangelisti diversi interventi che incitano Battisti a fuggire
Tuttavia oggi, poche ore prima delle manifestazioni indette in diversi capoluoghi italiani, a Roma sono comparsi nella zona dell’ambasciata brasiliani dei manifesti che recitano “Battisti libero, liberiamo gli anni 70″. I manifesti sono firmati dalla sigla Militant. Si legge: “La persecuzione è finita. L’inquisizione ha perso. Grazie alla determinazione e al coraggio del presidente brasiliano Lula, i secondini del Capitale almeno questa volta sono rimasti a mani vuote”. Chi li ha affissi? Non è da escludere che la bislacca iniziativa -  bislacca sì, ma non per questo poco o nulla pericolosa – sia stata in qualche modo favorita da uno o più amici del terrorista rosso. E’ una ipotesi da non scartare, non a priori. Tra gli amici del terrorista Battisti figurano i nomi più o meno noti di Valerio Evangelisti, Serge Quadruppani, Wu Ming, Luigi Bernardi, Tommaso Pincio, Loredana Lipperini, Sandrone Dazieri, Alex Cremonesi. La lista completa degli amici dichiarati di Cesare Battisti  è qui consultabile.

Sulle colonne della webzine Carmilla (1 gennaio 2011) introducendo le considerazioni di Serge Quadruppani, un altro amico di Battisti il terrorista rosso, Valerio Evangelisti scriveva: “Ci guardiamo bene dall’esultare, perché sappiamo che la battaglia sarà ancora lunga. Preferiamo riportare, a commento della decisione del presidente del Brasile Lula di non permettere l’estradizione di Cesare Battisti, un articolo di Serge Quadruppani apparso un anno fa sul sito di Derive Approdi. Permette di capire perché una minoranza niente affatto esigua di italiani, oltre a moltissimi francesi e brasiliani, vuole che Battisti torni in libertà. Di pari interesse un articolo di grande acume pubblicato su Info-Aut. (Valerio Evangelisti)
Nel delirio di Serge Quadruppani spiccano diversi pensieri inquietanti: “[...] sappiamo che i morti provocati dai complotti fascisti legati a settori dello Stato sono stati di molto superiori a quelli delle azioni armate dell’estrema sinistra. Questa violenza, distillata dalla stessa società, è stata rimossa al costo di una repressione poliziesca di massa e di una legislazione di emergenza, per poi essere ricoperta dall’ondata consumista degli anni Ottanta. Di questa rimozione Cesare Battisti è il capro espiatorio, fabbricato di sana pianta da frenesie politiche post-11 settembre. La sinistra istituzionale, che alla rivolta degli anni Settanta non ha perdonato di aver minacciato il proprio monopolio sulla classe operaia e la cultura (mentre la democrazia cristiana era intenta a governare), è stata l’avanguardia del programma applicato nei confronti di Cesare: mostro subito! [...]“. Ed ancora: “Quando scompare la comprensione storica e restano solo appelli a reazioni emotive, quando sull’insieme delle sofferenze veicolate da un’epoca si scelgono solo quelle utili in quel preciso momento (conservando ad esempio solo quelle provocate dai «terroristi rossi», «dimenticando» tutte quelle sofferenze perturbanti subite da milioni di persone nelle fabbriche, nelle metropoli, nelle università, nelle prigioni, «dimenticando» tutte le sofferenze inferte dalla repressione), quando una tale riformattazione è finita, non è difficile trasformare la comparsa del nome di «Cesare Battisti» in una seduta di odio di massa di tipo orwelliano. Sono i tre minuti dell’odio di 1984. Nel 2009, in Italia, sono le tre ore di svariati programmi televisivi orientati in modo assolutamente univoco a suscitare l’odio del mostro.”

Il 18 febbraio 2004 i Wu Ming scrivevano: “L’appello per la liberazione di Cesare Battisti, arrestato a Parigi il 10 febbraio scorso, ha avuto in pochi giorni un sorprendente numero di adesioni. La sera di domenica 15 si era a quota 1360. Scrittori, registi, produttori cinematografici, deputati, docenti universitari, giornalisti, addirittura missionari, e “semplici” cittadini/e hanno voluto esprimere la loro solidarietà. [...]“

Addirittura su la Repubblica (19/02/2004) appare l’appello “Non estradate Cesare Battisti”.

Manifesti a Roma per Battisti Libero. Chi li ha affissi? Nel 2004 su la Repubblica un articolo a favore del terrorista rosso. E su Carmillaonline di Valerio Evangelisti diversi interventi che incitano Battisti a fuggire
PARIGI – Come negli anni ’70 e ’80, una parte dell´intellighenzia parigina si mobilita per difendere gli italiani riparati Oltralpe dopo la fine degli anni di piombo. L´arresto di Cesare Battisti (nella foto), l´ex leader dei “Proletari armati per il comunismo” condannato all´ergastolo per quattro omicidi, ha suscitato appelli e manifestazioni per evitare l´estradizione. In Francia, Battisti è molto conosciuto come scrittore di gialli. Una petizione dei suoi colleghi ha già raccolto 7.500 firme e alcune personalità di spicco, come Philippe Sollers, hanno manifestato di fronte al carcere parigino della Santé.

Nell’agosto del 2004 Valerio Evangelisti scrive: “Mentre scrivo non so che fine abbia fatto Cesare Battisti. Se sia in effetti fuggito o se, come affermano i suoi avvocati, possa essere vittima di una crisi depressiva.
La mia speranza è che la prima ipotesi sia quella vera. Che ancora una volta l’eterno fuggitivo sia scivolato dalle mani dei suoi eterni aguzzini e si trovi lontano, lontanissimo. Momento, certo, terribilmente doloroso per lui. La prima volta che scappò di prigione era appena ventenne, adesso ha cinquant’anni e due figlie, una di nove e l’altra di diciannove anni. Meglio però questo distacco che venire seppellito per sempre in un carcere. Cesare non è tipo da carcere. Nessuno lo è, in effetti, ma lui meno di tutti. Eppure è da quando era adolescente che pesa su di lui l’ombra della prigione. Vi è finito in Italia, in Messico, in Francia. Ogni volta è riuscito a tornare in libertà, per vie legali o illegali. Ha praticato con sistematicità il diritto all’evasione, e ha fatto benissimo. Questa volta soprattutto. [...] i soliti “picisti” di un tempo che fecero della delazione una strategia, della prigione ai dissidenti uno scopo, dei pentiti un mezzo, delle leggi speciali un’arma. Non a caso li si trova equamente ridistribuiti tra centrosinistra e centrodestra. Si chiamino Massimo D’Alema o Giuliano Ferrara, lo stalinismo lo hanno nel sangue. E, malgrado le apparenze, un cordone ombelicale tra post-stalinisti e post-fascisti, rinsaldato a Genova da un massacro predisposto dai primi e attuato dai secondi, li unisce ancora. Anche il patto Ribbentrop-Molotov hanno nel sangue.
Corri, Cesare, corri. Spero di non avere tue notizie per molti anni. Poi, appena sarà possibile, ti raggiungerò in qualche angolo del mondo in uno di quei baretti di periferia che prediligi, a berci una tequila alla faccia di tutte queste merde.”

Se qualcuno volesse far chiarezza, se volesse far veramente chiarezza su Cesare Battisti e sul perché della mancata estradizione, avrebbe non poco materiale da prendere in considerazione, purtroppo proprio qui in Italia.


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