Sono nel mio ufficio e prego di non dover uscire per le prossime ore.
La pioggia batte contro la finestra e il colore del cielo ricorda la pelle di un alcolizzato morto da tre giorni.
Una mosca mi ronza intorno, fingo di ignorarla e sfilo l’ultima sigaretta dal pacchetto. Muovo gli occhi in cerca dell’accendino. Non lo trovo e mastico una bestemmia.
Qualcuno bussa alla porta.
“È aperto” borbotto.
L’uscio si spalanca e la copia di Charles Bukowski entra nella stanza. “Sei tu l’esperto di pulp?”
Incastro il mento nel palmo e osservo il tizio che ho davanti. Indossa una maglietta macchiata e un paio di jeans stracciati.
“Hai d’accendere?” gli chiedo.
Bukowski sbatte le palpebre senza capire.
Gli mostro la sigaretta e lui annuisce. Mi allunga uno Zippo con tre lettere sulla cover: F. T. W.
Fuck The World?
For The Win?
Fuck The What?
Sbuffo una nuvola di fumo. “Come posso aiutarti?”
“In giro si dice che ti dai arie da scrittore.”
Gli mostro il dito medio. “Confermo.”
“Bene, perché ho una storia da raccontarti” dice e occupa l’unica sedia a disposizione.
Prendo il mio bloc-notes.
“Comincia, sono tutto orecchie.”
“Prima offrimi qualcosa da bere, ho la gola secca.”
Allargo le braccia. “Mi hai scambiato per un cazzo di cameriere?” Charles socchiude le palpebre senza staccarmi gli occhi di dosso. “In giro si dice che sei una gran testa di cazzo.”
Gli mostro ancora una volta il dito medio. Cambio solo mano. “Confermo.”
Si schiarisce la voce. “Sono nato il 16 agosto del 1920 in Germania e sono morto il 9 marzo 1994 a San Pedro. Nel corso della mia vita ho scritto sei romanzi, centinaia di racconti e migliaia di poesie.”
Schiaccio la cicca nel posacenere. “Lasciami indovinare: sei morto di leucemia poco dopo aver completato il tuo ultimo romanzo, Pulp.”
La brutta copia di Henry Charles Bukowski sorride e annuisce. “Vedo che sai chi sono.”
“Cosa ci fai qui?”
“Te l’ho detto, ho una storia da raccontarti.”
Guardo l’orologio appeso alla parete e sbuffo. “Allora vediamo di muoverci, tra un paio d’ore dovrebbe arrivare Burroughs e non voglio farlo aspettare.”
Andrea Mariani Ossarotte
Dal nostro archivio:
Manifesto ideologico del pulp – Parte II