Manifesto surrealista – parte V

Da Ragdoll @FotoComeFare

Eccoci giunti all’ultimo capitolo di “Manifesto Surrealista“, il viaggio in parole e immagini che ci ha portati dentro il lavoro di Henry Cartier Bresson, attraverso le profonde riflessioni di un suo grande ammiratore, Adam Marelli.

Se vuoi rileggere i precedenti articoli, eccoli qui:

  1. Parte Prima
  2. Parte Seconda
  3. Parte Terza
  4. Parte Quarta

Ci sono stati molti “giochi” che Cartier-Bresson ha fatto con le sue fotografie. L’anarchico in lui amava mettere alla prova i limiti di una fotografia.

Quando si è scontrato contro quei limiti, ha usato gli effetti 2D del piano pittorico a
suo vantaggio. Scopriamo come e perché l’ha fatto.

USA. New Jersey. Prigione modello di Leesburg. Cella di isolamento. 1975. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Fuori dalla scatola

Esistono alcuni termini artistici che sono terribilmente abusati. Parole come creatività, originalità e genio sono usate incautamente, con una tale facilità che un giovane fotografo potrebbe trovarsi in difficoltà nel capire chi sia davvero un buon fotografo e chi faccia solo finta di esserlo.

Per riuscire a pensare outside the box (o “fuori dalla scatola”) è importante capire di che scatola stiamo parlando.

Se ci riferiamo alla fotografia surrealista di Cartier-Bresson (un termine che lui preferiva rispetto a foto giornalismo) la scatola è la difficoltà di raffigurare una scena 3D su una superficie 2D. Ricorda che una fotografia è completamente piatta. La profondità è un’illusione che può essere incrementata o diminuita, a seconda delle capacità del fotografo.

Per esempio, chiunque è in grado di fare una foto dell’oceano verso l’orizzonte. In realtà ogni sera vengono scattate milioni di immagini orribili del tramonto. Solo perché un fotografo scatta una scena che ha una grande profondità, non c’è garanzia che questa profondità risulti in foto.

Più lontani sono gli oggetti dal fotografo, più difficile sarà creare l’illusione della profondità. È per questo che il telescopio Hubble ci invia immagini che sembrano quadri di espressionismo astratto: perché è davvero difficile creare la profondità su una superficie piana.

Unione sovietica, Armenia. Erevan. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

I fotografi osservano un mondo dotato di profondità, ma producono solo immagini piatte. Questo crea un ampio numero di problemi da affrontare.

Per sua fortuna, Cartier-Bresson aveva ricevuto un’educazione scolastica in disegno classico (nel caso in cui qualcuno fosse curioso: non hai bisogno di saper dipingere per essere un fotografo, ma se impari a disegnare ti sarà comunque utilissimo).

L’insegnante che ebbe più influenza su di lui, Andrè Lhote, gli insegnò i trucchi utilizzati da centinaia di anni dagli artisti per introdurre la tridimensionalità sul piano pittorico. Gli venne mostrato come utilizzare griglie, geometria, contrasto simultaneo, prospettiva aerea, il punto di fuga e una miriade di altre convenzioni artistiche.

Il modello classico è davvero morto? Ne dubito. Turchia. Pergamo. L’Acropoli. 1964. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Regole, leggi, convenzioni e strumenti

Molte discussioni, parecchi forum e sezioni dei commenti sui blog sono rimasti fermi a certe idee sulle regole artistiche. Il neofita, che non riesce a tracciare una connessione tra artisti buoni e meno buoni, conclude che non ci sono regole nell’arte. Non è vero. Esistono, ma non in senso rigido. Eccone un esempio:

Un segno bianco su uno sfondo grigio stabilisce una relazione di luce e ombra.

Il principio del contrasto simultaneo afferma che se hai uno sfondo neutro (un grigio medio) e un elemento bianco, questo emergerà con una certa intensità di contrasto. Il grigio appare più scuro accanto al bianco e viceversa.

Quando aggiungi un segno nero vicino a quello bianco, questo rende il bianco più brillante. Anche il nero sembra più scuro.

Nel momento in cui aggiungi un nero di fianco al bianco, il bianco appare più chiaro e il nero appare più scuro. Inoltre, lo sfondo grigio ora appare più scuro dal lato che costeggia il bianco, e più chiaro dal lato opposto. Riesci a vedelo?

Ora, per rendere tutto più chiaro: questa non è la mia regola. Mi è stata insegnata dal mio maestro d’arte, al quale l’aveva insegnata il suo maestro. Nessuno di noi possiede queste regole, le custodiamo per poterle passare alla prossima generazione.

La vista di un quadrato sulla sinistra e un doppio trapezio sulla destra. Sono due immagini completamente piatte.

La puoi chiamare regola, legge, convenzione o strumento. Il nome non importa. La cosa che conta è che tu sappia cos’è, come usarla e dove trovarla quando guardi attraverso il mirino.

Se questi termini ti confondono o ti risultano nuovi, la mia raccomandazione per te è di metterti a studiare con qualcuno che li conosce e che ti possa spiegare come usare questi strumenti.

Altrimenti finirai con una cassetta degli attrezzi piena di cose, ma senza istruzioni per l’uso. Voglio dire, puoi usare un compasso per infilzare un gamberetto, ma non sarebbe meglio usarlo per disegnare un cerchio?

Inoltre, non sarebbe fantastico se ci potessi disegnare un cerchio, una sfera, ellissi isometriche e un arco? Riesci a intuire dove sto andando a parare?

Ci sono molti strumenti che potenzialmente sono a nostra disposizione, ma abbiamo la necessità di imparare a usarli a dovere. Da lì possiamo piegare, torcere e rompere le regole come ci pare e piace. Andiamo a vedere come Cartier-Bresson ha giocato con gli elementi 2D di una fotografia.

Quando vediamo tre lati, come la sagoma a sinistra, un’illustrazione 2D inizia a sembrare 3D. La figura sulla destra non riesce allo stesso modo, per ovvi motivi.

Cancellare gli errori

Cartier-Bresson era famoso per distruggere i negativi che non gli piacevano. Prima dell’inizio della seconda guerra mondiale tagliò tutti i negativi che aveva deciso non andassero bene, prima di essere inviato in un campo di detenzione per prigionieri di guerra.

Presumibilmente, molti dei suoi primi errori erano stati registrati su quei negativi. Anzi, sono sicuro che fossero pieni di errori. Tutti i primi negativi di chiunque non sono mai un granché.

Questo è il “lato principale”. Se volti un cubo in modo che sembri un quadrato, il “lato principale” sarà rivolto verso l’osservatore.

Nei suoi primi lavori, ha imparato a creare l’illusione della terza dimensione utilizzando convenzioni artistiche, come, per esempio, sovrapponendo forme nella maniera corretta. Si tratta di uno strumento che ha utilizzato molte volte per racchiudere un grande senso del mondo, in un piccolo negativo da 35mm.

Qui utilizza i lati principali della scatola per dividere gli spazi. Messico. Santa Clara. 1943. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Tuttavia, nel tempo, ha voluto sperimentare e vedere cosa sarebbe successo se avesse appiattito nuovamente l’immagine.

Una volta Picasso disse: “Ci sono voluti quattro anni per imparare a dipingere come Raffaello, ma un’intera vita per imparare dipingere come un bambino“. Nella sua iperbole, Picasso intende dire che la regola è facile da imparare, se qualcuno ti mostra come fare. Il padre di Picasso era un insegnante d’arte, e aveva insegnato a dipingere al giovane ragazzo.

Come risultato, il pittore aveva iniziato a produrre lavori promettenti già a dodici anni. Ma una volta che hai capito le convenzioni artistiche, ti trovi davanti a un nuovo problema. Cosa posso fare che non sia una ripetizione di qualcosa di già fatto? Cosa succede se spezzo, selettivamente, alcune delle regole che mi hanno insegnato?

Inquadrato da questo punto di vista, è tutto un insieme di forme appiattite. Ajaccio. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Rompere la scatola

Quando Cartier-Bresson inizia a produrre immagini bidimensionali, scopre che quando raddrizzi una scena, allineando gli elementi in verticale, succede una cosa curiosa. L’immagine diventa completamente piatta. Non c’è profondità.

Le figure volteggiano in un’astrazione di forme rettilinee. Le scene appaiono simili a sogni. Il paesaggio onirico era l’ossessione della maggioranza dei surrealisti, compreso Cartier-Bresson.

Calvi. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Rimuovendo l’effetto 3D della scatola, Cartier-Bresson iniziò a fare osservazioni su come le persone interagiscano con le altre e con l’architettura.

Però, se voleva che questa tattica funzionasse, doveva rispettare alcuni altri accorgimenti:

  • Dev’esserci una buona relazione figura/sfondo. Le figure spesso sono piccole, quindi hanno bisogno di stagliarsi contro terreni ad alto contrasto, che siano portoni scuri o cieli luminosi.
  • Non possiamo vedere il lato della scatola, altrimenti si spezza l’illusione.
  • Tutte le singole linee di prospettiva devono essere eliminate. Nel momento in cui si reintroduce la profondità, l’immagine tornerà a far parte del regno della mediocrità (a meno che non vi sia un folle bisogno di fuggire, vedi la foto sottostante)

Italia. Liguria. Genova. 1953. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Vita cittadina

Quando cresci in una città di provincia, tutti conoscono tutti. Io sono cresciuto in un paese di mille anime, ogni mio più piccolo errore veniva sempre riferito ai miei genitori.

Ma in una grande città, l’anonimato è la regola. Nessuno sa chi siamo o cosa facciamo. La vita in città significa che solo un muro può dividere le attività di perfetti estranei. A meno che non andiamo a togliere le facciate dai palazzi, è difficile rappresentare momenti di vita cittadina.

Pierre Josse nello studio di Giacometti © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Cartier-Bresson pensava che questa fosse una sfida interessante, che avrebbe fotografato in Europa, America e Asia.

Localizza scene dove ci vengono mostrate una serie di portoni, finestre o persino intere camere. All’interno dei confini della cornice attende il momento in cui una singola figura sarà in vista. L’immagine mostra persone connesse dalla prossimità, non dall’interazione.

Ciascun soggetto può stare semplicemente andando avanti con la sua vita, ma a brevissima distanza da un’altra persona. E, proprio come con ogni altra tecnica, inizia semplicemente focalizzandosi su una figura in un androne, come in Portogallo, per giungere alla fine al suo capolavoro, con sette figure in Francia.

Il quadrato contro il cubo

Nei primi esperimenti, Cartier-Bresson cerca scene dove si trovino figure isolate all’interno di un rettangolo, che possa essere compreso nella sua inquadratura.

Le scene ritratte in Giappone, Italia e Francia ci mostrano tutte la vista laterale di una scatola, con figure all’interno, bloccate per l’eternità. Vediamo momenti delle vite di queste persone, come se stessimo guardando due schermi televisivi affiancati.

Ciò che Cartier-Bresson sacrifica perdendo in profondità, lo recupera con le posizioni delle sagome, accuratamente scelte. L’immagine è appiattita con successo. Lo spazio tra le figure è compresso.

Dal nostro punto di vista esistono nello stesso spazio, anche se dal loro punto di vista potrebbero essere distanti. È affascinante, una volta che abbiamo la chiave per capire come manipola lo spazio, posizionando la sua macchina fotografica in un punto particolare.

Questo rende più chiara la sua frase sui “2mm”.

Giappone. Prove del teatro Noh. 1965. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Interno – esterno

Quando Cartier-Bresson era in Giappone, decise di fotografare una rappresentazione del teatro Noh da un angolo molto peculiare.

Lo vediamo di nuovo allineare la scena in modo da eliminare tutta la prospettiva. Ci lascia con una visione degli alberi e di una parte di una casa. Il contrasto tra la performance e il bosco si gioca attorno al palo di legno che divide la scena verticalmente.

Ora, se vuoi approfondire quanto ho detto aggiungendo che il legno è una componente della foresta, manipolata dall’essere umano, e quindi il prodotto è la rappresentazione teatrale all’interno, va benissimo.

Puoi fare una conversazione basandoti sul contenuto. Ma è importante capire cosa renda possibile questa conversazione.

L’immagine funziona solamente perché Cartier-Bresson ha impiegato con successo le sue tecniche artistiche. L’assioma della forma che segue la funzione può essere reinterpretato come: “Se la funzione è esistere, ha bisogno di una forma propria“.

Portogallo. Beira Alta. Lamego. 1955. Uomo ripara scarpe all’interno della sua casa. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Portogallo

Non ogni tentativo è andato a buon fine. E se sei come me, guardando questa foto potresti pensare: “Anche io ho fatto una foto così, e non mi sento come Cartier-Bresson“. Beh, questo è perché, se prendiamo queste idee nella loro forma più essenziale, non sono nulla di speciale.

Creeremo solamente un cumulo di fotografie piatte, come questa. È piatta, ha una buona relazione figura/sfondo, nonostante sia poco illuminata, e si nota il tremore della macchina fotografica. È talmente spoglia che tutto ciò che ci resta è una testa fluttuante. Può essere artisticamente corretta, ma risulta solamente noiosa.

È una cosa che può succedere.

Solo perché usi uno scalpello da 10000 dollari, non hai la garanzia di riuscire a fare una bella statua. O, nel nostro caso, solo perché usi una Leica non hai un’assicurazione contro le brutte fotografie.

Dobbiamo prendere queste regole, leggi o convenzioni e applicarle alle scene attive con diversi strati di complessità.

Francia. Regione delle Alpi dell’Alta Provenza. Città di Simiane-la-Rotonde. 1969. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Maestria

La scena di Simiane la Rotonde è una delle più raffinate fotografie di Cartier-Bresson. Dev’essere stata una scena su cui, imbattendovisi, deve aver pensato: “Oddio, ho di fronte una fotografia fantastica“. È assolutamente piatta, e lo è in maniera intenzionale.

C’è una leggera prospettiva lungo il muro di sinistra e lungo il soffitto, ma sono veramente sottilissime rispetto alle figure. Praticamente non le si nota nemmeno. Quel che spicca è la struttura brillante e la separazione dei quattro gruppi di persone in uno spazio.

Se guardiamo più da vicino come sono disposti, iniziamo a notare la maestria della tecnica, e non uso questo termine con leggerezza, in questo caso.

Sulla base di tutti gli articoli che abbiamo pubblicato fino ad oggi, vediamo come questa fotografia si pone rispetto ai nostri criteri.

  • Relazione figura/sfondo: abbiamo tutte figure scure contro uno sfondo chiaro. Funziona.
  • Riconoscimento delle figure: abbiamo una visione chiara di ogni figura, compresi i cani. C’è solo una sagoma all’estrema destra che è leggermente tagliata, ma se riesci a prendere sette figure in pieno, fallo.
  • Gamma: nella composizione, all’interno della cornice del rettangolo 1.5 (senza tagliarlo, perché distruggerebbe l’integrità di queste relazioni), troviamo un elemento dominante verticale, orizzontale e diagonale.
  • Illuminazione dei soggetti: i soggetti principali in primo piano sono ben illuminati. Non ci sono altri elementi che competono con loro. Le altre figure sono illuminate dal retro, e funzionano meglio come silhouettes che come volumi pieni. È un ulteriore livello di schiacciamento della prospettiva, studiato e ben applicato.

In cosa, invece, rompe le regole:

  • Bordi dell’immagine: le figure frontali sono quasi “sedute” sul bordo della fotografia. Questo da’ l’illusione che stiano quasi per caderci in braccio. Per un neofita, l’obiettivo principale di una fotografia è quello di riuscire ad aumentare l’illusione della profondità. Perché? Perché un fotografo inesperto farà continuamente, per caso, fotografie piatte. La sfida più classica è proprio riuscire a creare profondità su un supporto piatto. Se vuoi che una scena appaia come se fosse vista attraverso una finestra, generalmente la regola è quella di lasciare spazio alla parte inferiore dell’inquadratura. Ma se vuoi che i soggetti siano seduti sul bordo della fotografia, fai come Cartier-Bresson ha fatto qui sopra.
  • Sfondo cancellato: lo sfondo sovraesposto elimina l’orizzonte. L’immagine esiste al di fuori di uno spazio reale. Non abbiamo il senso di ciò che può esserci al di là di quel davanzale. Possiamo immaginare che ci sia qualcosa in lontananza, ma per quel che vediamo nella fotografia non c’è nient’altro che uno spazio bianco. È priva di spazio. Questo è uno dei molti casi in cui un maniaco di HDR rovinerebbe una fotografia. Se lo sfondo viene cancellato, a volte è meglio lasciarlo così. C’è un luogo e un tempo per ogni cosa.
  • Niente prospettiva: infine, l’immagine è così piatta che di più non si può. Le figure in primo piano sono le uniche che possiedono un vero volume. Le figure sullo sfondo e i cani sono solo sagome. Ma Cartier-Bresson li utilizza solo come elementi di sostegno del ritmo nella composizione. Non ha bisogno che abbiano tutti un volume. Le colonne e il muro sono illuminati senza profondità, e non emergono in senso volumetrico. Se giudichiamo quest’immagine per i suoi elementi 3D è un fallimento. Ma quando ci rendiamo conto che Cartier-Bresson rende tridimensionali le immagini che vuole, e sceglie deliberatamente di appiattire la prospettiva di questa fotografia, la lettura cambia. Qui fa il gioco dei pittori di affreschi, decidendo di non violare l’integrità del pezzo di carta piatto della fotografia.
  • Arretramento delle figure: la nostra unica, vera, indicazione dello spazio è data dal fatto che le persone sullo sfondo siano più piccole dei due ragazzini in primo piano.

Conclusione

In chiusura di questa serie sul Manifesto Surrealista, spero tu abbia iniziato a capire che Cartier-Bresson è molto più che un semplice specialista nello scovare il momento giusto.

A mio avviso il suo lavoro è fortemente sottovalutato, spiegato male e banalizzato. Nello scrivere dei suoi lavori, il mio obiettivo è quello di aprire la porta della discussione artistica a coloro che ne sono interessati.

L’arte, quando è fatta bene, possiede una profondità che può confondere e frastornare una persona inesperta. È un gioco così profondo che potremmo non riuscire a ripeterci nemmeno in cento vite. La mia tesi è che dopo un paio di questi brevi articoli si possa già iniziare a capire ciò che intendevo spiegare. Questo non richiede nessun grado di intelligenza e di specializzazione.

Le idee sono democratiche e accessibili a chiunque sia disposto a investirci una piccola parte del suo tempo. L’equazione con l’arte è che più tempo investi, più risultati otterrai. Il pozzo della conoscenza è molto profondo. Non ti preoccupare di berne troppo: è davvero impossibile.

Spagna. Valencia. 1933. © Henri Cartier-Bresson/MAGNUM PHOTOS

Ti stimo molto, per continuare a spingere la tua conoscenza verso nuovi livelli, giorno dopo giorno. Se continuerai, aspettati di veder svanire i limiti apparenti dei tuoi obiettivi fotografici.

La fotografia e l’arte hanno plasmato il corso della mia vita e possono fare lo stesso anche con la tua. È un invito aperto a esplorare le idee del design mentre viaggi per il mondo, esattamente come ha fatto Cartier-Bresson per quasi novant’anni.

Lungo la via, incontrerai persone straordinarie e sarai sempre in cerca di modi nuovi e diversi per ringraziarle tutte quante. L’interazione tra il mondo e la tua macchina fotografica è un dono, che puoi aumentare tramite la comprensione e la conoscenza.

Adam Marelli

Articolo di ADAM MARELLI liberamente tradotto dall’originale: http://www.adammarelliphoto.com/2012/03/the-surrealist-manifesto-part-vi

Ti sei perso le puntate precedenti di “Manifesto Surrealista“? Eccole qui di seguito:

  1. Parte Prima
  2. Parte Seconda
  3. Parte Terza
  4. Parte Quarta

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