Questa ricerca sui «Tratti dominanti» si configura non come uno studio sulla personalità o sui caratteri, bensì come uno studio sui processi e sulle dinamiche interpersonali, o, meglio, come uno studio sui comportamenti reciproci, comportamenti che gli agenti mettono in atto quando entrano in contatto con gli altri. Il mio intento è percorrere un processo a ritroso, cioè partire dalla trama della nostra personalità e sciogliere a uno ad uno i fili che la costituiscono. Questi fili, costituiti dalle reciproche interazioni, sono le modalità che strutturano la cosiddetta personalità. Quindi si parte dall’assunto che l’homo sia un «animale relazionale»: l’immagine che egli ha di Sé costituisce il prodotto delle continue e infinite relazioni con gli altri.
Ho scelto come punto di osservazione il «principio di reciprocità» e come unità di analisi le «forme di reciprocità». Attraverso il concetto di reciprocità è possibile in parte ricostruire la complessità delle interazioni. Per compiere questo lavoro, oltre alla filosofia sociologica di Simmel, ho utilizzato l’opera Georg Herbert Mead, che ha messo al centro della sua analisi proprio il concetto di interazione. Ho recuperato la lezione di Gregory Bateson e degli studiosi della Scuola di Palo Alto, che hanno fatto compiere alla “pragmatica del comportamento” passi in avanti decisivi. Fondamentale per la nostra analisi il loro concetto di “punteggiatura”. La punteggiatura delle sequenze, all’interno di un scambio reciproco, è quella sequenza di eventi comunicazionali in cui è possibile distinguere chi qualifica (o percepisce) il proprio comportamento come causa del comportamento altrui da chi, invece, qualifica (o percepisce) il proprio comportamento come effetto del comportamento altrui. Partendo dalla sociologia, oltre agli interazionisti simbolici (Mead, Blumer, Goffman), ho considerato la fenomenologia sociologica di Berger e Luckmann; meditato il saggio di Norbert Elias, Coinvolgimento e distacco; l’antropologia filosofica di Gehlen e la riflessione di Galimberti; la teoria sociologica di Luhmann; la teoria dell’attaccamento di Bowlby; il pensiero di René Girard; la riflessione sul potere di Popitz; le intuizioni originali di Elias Canetti, contenute in Massa e potere, sulla «paura di essere toccati».
L’obiettivo di questa ricerca è rispondere alla domanda: come si comporta il nostro Sé quando entra in relazione con un altro sé? Ossia: come comunica il nostro Sé? E quali contraccolpi hanno sulla nostra e altrui percezione? In sintesi, potrei dire che il mio scopo è analizzare l’origine e la natura dei conflitti inter/relazionali. L’intersoggettiva si configura come il “campo” entro il quale si confrontano o si scontrano i “punti di vista” dei singoli umani. Il Sé è, dunque, l’affermazione o la preservazione di un particolare punto di vista all’interno di un’interazione sociale, poiché ogni modalità interattiva esprime diversi stili nell’affermare o nel negare, a secondo dei casi, il proprio e l’altrui punto di vista. Molto dipende dal “potere” di cui gli attori sociali dispongono, quando vogliono “imporre”, “influenzare” o “suggestionare” l’altrui comportamento. Scoprire come si fa a modificare e porre sotto il proprio controllo il comportamento altrui, adeguandolo alle nostre aspettative, previsioni o attese significa scoprire il nucleo più profondo del potere. Non si tratta di un nucleo invisibile o di un meccanismo inconscio, bensì di qualcosa che è costantemente sotto gli occhi di tutti. Se sfugge agli osservatori, come aveva intuito Poe nella Lettera rubata, non è perché è nascosto, bensì perché è troppo evidente.
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