MANOWAR @Torwar Hall, Varsavia 16.01.2016

Creato il 21 gennaio 2016 da Cicciorusso

sulla destra io e charles che reggiamo alto lo stendardo di MS cantando canzoni di vero metal

L’abbiamo fatto ancora. Per il secondo gennaio di fila, i vostri affezionatissimi sono tornati in trasferta per i Manowar. Stavolta con me non ci sono solo i fedeli Ciccio e Charles e il fantasma del Messicano (nuovamente defezionario all’ultimo momento): pure Piero Tola è dei nostri, dato che abita da anni a Cracovia; il che è uno dei motivi per cui abbiamo scelto proprio la Polonia. Dall’altr’anno sono cambiate parecchie cose – tipo: Charles è diventato papà – ma la capoccia sempre quella rimane. Rispetto alle zingarate che facevamo a vent’anni è cambiata più che altro la forma: stavolta, per dirne una, abbiamo preso un quadrilocale in pieno centro con tanto di salotto, cucina e megaschermo, tutto però rigorosamente al prezzo di una bettola random vicino alla stazione Termini con gli eroinomani che giocano a freccette nella hall con le siringhe usate. L’importante è non scadere mai nel fighettume, per il resto se a una certa età ti ostini ad andare in tenda nella neve e dormire sul pavimento della stazione o sei una specie di Bear Grylls cresciuto in Cimmeria oppure finisce che prima di rifare una zingarata del genere ci ripensi tremila volte, che sono 2999 volte più del dovuto. Siccome noi gradiremmo continuare a fare ste cazzate finché ci reggiamo in piedi, cerchiamo di reggerci in piedi il più a lungo possibile.

Anche perché fa veramente freddo. In realtà pensavo addirittura peggio, perché una settimana prima Piero aveva mandato una foto di una bottiglietta d’acqua completamente congelata scrivendo “l’avevo dimenticata un giorno in macchina”. In quel momento c’erano -23 gradi, però quando arriviamo noi è tutto molto meno estremo.

ditemi se non vi sareste messi paura pure voi

Io e Ciccio prendiamo possesso dell’appartamento nel primo pomeriggio di venerdì. Charles arriva il giorno dopo, e dobbiamo aspettare Piero, bloccato nel traffico infernale della Cracovia-Varsavia. Nel frattempo decidiamo di provare la vodka locale, che ci era stata così tanto magnificata, giusto per assaggiarla e rilassarci finché non arriva Piero, sai, un bicchierino, lui non si offenderà. Finisce con me e Ciccio addormentati sui divani con la bottiglia vuota in mezzo e Piero che arriva alle otto di sera telefonando a raffica per farsi aprire. Alla millesima telefonata Ciccio si sveglia di soprassalto e in qualche modo – non ho visto quindi non saprei ricostruire la dinamica – passa direttamente dalla posizione riverso sul divano alla posizione steso per terra abbracciato alla piantina. Arriva Piero, ci denigra le birre che abbiamo preso (a lui piacciono le birre artigianali, a noi quelle industriali del supermercato) e usciamo a mangiare qualcosa. 

Voi non conoscete Ciccio. Cioè, ormai è come se lo conosceste, ma certi lati di lui vi sono ovviamente oscuri. Dovete sapere che in certi frangenti è una macchina da guerra. Riesce a mantenere una posizione eretta anche quando sarebbe fisicamente impossibile, mantenendo sempre un atteggiamento che, a un primissimo impatto, sembrerebbe da persona seria e posata. Invece è ubriaco come una pigna e continua a bere ripetendo: “Io non sono ubriaco”, e quindi il nostro timore è che scivoli sul marciapiede ghiacciato cadendo di faccia per terra, o che urti contro un kurwa boy (gli energumeni locali, perennemente ubriachi e violentissimi, solitamente ultras di giorno e buttafuori di notte) facendosi pestare a sangue. Invece riesce a sopravvivere anche questa volta, e come al solito mantiene quell’espressione impostata come se pretendesse di essere preso sul serio anche se è più sbronzo di un finlandese incastrato a testa in giù in una botte di kvass. Per esempio quella sera ha posto a Piero la stessa identica domanda per almeno una dozzina di volte (“Dove alloggi? Ah, e perché non sei venuto a stare con noi visto che il Messicano non c’è?”), sempre con l’espressione serissima e compunta; un plauso alla pazienza olimpica di quell’altro che ogni volta gli ha risposto seriamente senza mai ficcargli una bottiglia di birra artigianale in qualche orifizio corporeo a caso. Il povero Ciccio non ha però avuto la stessa fortuna quando ha chiesto due volte nel giro di pochi minuti alle stesse due tipe se poteva prendersi una sedia. Non ho visto loro come hanno reagito la seconda volta ma ho visto Ciccio che faceva un salto indietro con la faccia intimorita. Quando poi ha trovato uno sgabello libero ho temuto che scattasse finalmente la rissa perché ha urtato violentemente mezzo pub ondeggiando con il faccione tutto contento che aveva trovato lo sgabello.

Però alla fine non è mai morto né ha perso eccessivamente la dignità. Il metallo scorre forte in lui. Quando torniamo all’appartamento però prima cade dalle scale e poi si addormenta subito, e io e il Tola rimaniamo in salotto con una vodka alle arachidi. Dopo un po’ avevo questa canzoncina fissa in testa che non se ne andava neanche al trentesimo gruppo speed tedesco di sottofondo.

Il giorno dopo mi sveglio con calma e scopro che Piero ha dormito sul divano e Ciccio ha reso il bagno una succursale di R’lyeh. Nel primo pomeriggio arriva Charles, che è agguerritissimo. Da settimane si informava delle varie tipologie di alcolici polacchi, ed è arrivato con la stessa cazzimma di un diciannovenne in vacanza a Ibiza.  Io invece ero quello più placido di tutti, avevo avvisato di non essere tutto ‘sto bevitore e tenevo un profilo molto basso. Tenete a mente queste nozioni per il racconto della sera successiva.

Insomma a un certo punto è ora di andare al concerto. Ci accodiamo a una fila lunghissima a serpentone che tutti rispettano religiosamente. C’è neve ovunque e chiaramente mi viene in mente il testo di Army of Immortals. Siamo tutti un po’ su di giri e io agito la bandiera italiana griffata Metal Skunk dicendo le mie solite cazzate. La fila è lentissima e ci fa perdere i primi quattro pezzi: entriamo che stanno già suonando Hail and Kill, mi pare. Ci mettiamo il più sotto possibile, anche se non quanto vorremmo; del resto l’anno scorso siamo stati aiutati dalla puzza nauseabonda dell’inchiostro di china di cui la bandiera era inzuppata, invece adesso l’inchiostro si è asciugato e la bandiera non funge più da repellente per metallari. I Manowar fanno il solito concerto che gli vedo fare da quindici anni: professionale, lungo più di due ore, tutto basato sul fomento e (novità degli ultimi tempi) senza quegli interminabili assoli e con un discorso di Joey DeMaio più corto del solito. Come detto, i tempi sono cambiati e ora se invitasse le ragazze a uscire le tette sarebbe subito denunciato dalle femministe. Comunque stavolta ha detto che la Polonia spacca, che i polacchi sono veri guerrieri del metallo e cose così. Non suonano più Battle Hymn alla fine, ma ormai mi sto abituando alla chiusura con Black Wind, Fire & Steel. Il suono è ok, forse un po’ pastoso rispetto all’anno scorso, ma c’è da dire che il palazzetto di Basilea era veramente una cosa spaziale. Ne suonano quattro da Warriors of the World: l’opener, la titletrack, Hand of Doom e House of Death. Fomento puro. Di pezzi vecchi, purtroppo, molto pochi.

Finisce tutto molto presto e andiamo a mangiare due hamburger a testa, perché è la carne arrosto l’alimento del vero manowar. Ma è l’ultima sera, Piero lo rivedremo chissà quando e fuori fa un freddo nivale; dunque passiamo a fare il carico di birra e vodka locali per poi tornare in appartamento, far from the madding crowd. Piero si è buttato sulla birra più pregiata, mentre noialtri tre abbiamo preso quella che lui ci ha denigrato dicendo “questa è la birra dei barboni polacchi”.

la birra dei barboni polacchi

Il tempo di due cazzate e Charles è già steso sul divano, morto. Per svegliarlo lo importuniamo nei modi più socialmente sconvenienti che le notti in pullman delle gite liceali ci hanno insegnato, ma lui niente, è morto sul serio. Ciccio ha un singhiozzo fastidiosissimo che si porta dietro dalla sera prima, e io per terrorizzarlo gli dico una cosa che dico sempre alla gente col singhiozzo per terrorizzarla, e cioè che una volta ho letto un articolo di uno che dopo una serata in pizzeria ha avuto il singhiozzo per quarant’anni. Fatto vero, peraltro. Insomma alla fine rimaniamo solo io, Piero, una quantità di alcolici per quattro persone e l’ampli della JBL, sempre sia lodato. E chissà quando ci si rivede col Tola, mica posso andare a letto come quegli altri due genderfluid laggiù, né è ipotizzabile che lasciamo tutto quel ben di Dio ai polacchi dell’albergo. Quindi rimaniamo a parlare di metallo antico e a finire tutto, perché non si butta via niente e i bambini africani non hanno neanche l’acqua potabile, figuriamoci la vodka alle noccioline. Alle quattro ci raggiunge pure Ciccio e pian piano la discussione inizia a regredire al punto che verso l’alba stavamo discutendo se fossero meglio i Megadeth o i Metallica, argomento di cui almeno personalmente non dibattevo da almeno quindici anni.

Si fanno le sei di una fredda mattina polacca e Another Perfect Day dei Tankard diffonde il suo tupatupa per l’aere. Charles si è trasferito sfacciatamente a letto da ore, Ciccio è lì col suo sorriso sbarazzino da fattone e Piero Tola va ancora come un treno. Io mi stendo per terra perché per qualche motivo mi sembra più comodo. Ma continuo a parlare, eh, è solo che qui sto più comodo. Poi BUM e mi risveglio nel letto con Ciccio che bussa alla porta e mi dice di svegliarmi cazzo è tardi è tardi è tardi. Hangover in polacco si dice kac, pronunciato catz. Sarà un ritorno a casa complicato. Però penso: d’accordo che ora dormiamo in comodi letti e deiettiamo in comodi cessi invece che morire di freddo e cacare nel fosso dietro alla tenda, però io di gente che spacca quanto spacchiamo noi non è che ne conosco molta. Qualcuno c’è, tipo Massi, il batterista dei Kurnalcool, da cui c’è sempre qualcosa da imparare. Però non è molta. CAZZO DURO CUORE PURO: è questo il segreto dell’acciaio. Hail and kill.

hail and kill.