Dunque ieri ci eravamo lasciati concludendo che un sistema di governo "democratico" ed un sistema economico "di mercato", oltre al fatto di non presentare alternative pragmaticamente percorribili, sono anche nella loro amorale ed indegna imperfezione, il meglio che ci possiamo augurare a questo punto della partita. Quello che dobbiamo sforzarci di accettare, anche se non ci piace tanto, è che questo sistema dell'economia ha delle regole che non si possono ignorare, perché tanto è inutile pestare i piedi come i bambini piccoli che non vogliono fare le cose. L'economia basata sullo scambio e sul denaro come unità di conto ha come punto fondamentale la crescita. Con una crescita costante e controllata tutto funziona, la gente sta sempre meglio, i dissidi sociali si attenuano, le condizioni migliorano a poco a poco per tutti, non certo per bontà o accondiscendenza, ma perché conviene che tutti stiano meglio, in quanto più persone hanno un aumento del loro benessere materiale, più migliora il benessere generale, e tutto funziona, aumentano le occasioni di lavoro, si può allargare il wellfare, si possono tutelare i più deboli e così via, attenzione: sempre perché è conveniente farlo.
Quando si parla di economia infatti non bisogna confondere i livelli di giudizio inserendo valutazioni etiche, perché confonderebbero le considerazioni. Quando fai un calcolo matematico o statistico non ha rilevanza se un prodotto o un quoziente sono ingiusti o meno. Si deve solo cercare quali sono le possibili soluzioni di un problema e poi porle ai politici che ne valutino gli impatti sociali e prendano le decisioni corrette. Sono due piani diversi della discussione e non vanno confusi perché condurrebbero a risultati sbagliati. A parte questo inciso, e trascurando per il momento il fatto che in un sistema chiuso come è il nostro, planetario, la crescita infinita è teoricamente impossibile, bisogna obbligatoriamente ricercare strade che perseguano questo tipo di andamento generale, nella maniera più utilmente regolare e costante in tutto il mondo. La globalizzazione del nostro tempo (ultima di una serie di globalizzazioni che in passato hanno più volte rivoluzionato i sistemi di vita e gli assetti delle nostre civiltà) ha dato e continuerà a dare grandi vantaggi, ma come ogni cambiamento, ha anche degli svantaggi, che vanno conosciuti e regolati per massimizzare gli uni e minimizzare gli altri, rendendosi comunque conto che questi cambiamenti quando nascono, procedono da soli e non ci si può opporre in alcun modo, piaccia o non piaccia, ci si può soltanto adeguare e sfruttarli al meglio.
Se non c'è crescita, comincia una fase di stagnazione e automaticamente diminuiscono le occasioni di lavoro e comincia la crisi. L'economia, in generale, precede sempre le situazioni, le anticipa e se teme che stia per nascere un problema, quel problema già è in atto e provoca reazioni, tutte valutabili naturalmente e calcolabili nelle loro conseguenze. Tutti gli aspetti economici vengono nella pratica gestiti funzionalmente dalle entità economiche, che per comodità indicheremo come le Banche. E' un errore comune demonizzare questi soggetti, come normalmente si è portati a fare, inserendo come già detto valutazioni etiche o confondendole con le persone fisiche che le governano. Come già detto sono piani di discussione diversi che non vanno confusi. Se i banchieri si danno stipendi offensivi per la morale comune, non ha rilevanza con il fatto che l'entità bancaria funzioni bene o male al fine dell'economia mondiale. In sé, le banche non sono né buone né cattive e svolgono una funzione assolutamente indispensabile in questo tipo di economia. Se una banca, per errori di gestione sbaglia le sue scelte, la punizione che le dà il sistema è quella di perdere tutto il suo denaro, il ché equivale ad ucciderla.
Il fatto che la politica decida di "salvarla" non è per giustizia sociale o per bontà d'animo, ma perché questa soluzione conviene di più a conti fatti alla comunità. Inoltre, attenzione, la banca "salvata", non è una persona fisica, un malfattore che viene graziato, ma una entità giuridica che, col salvataggio, passa di mano, diventa di proprietà del "salvatore". Il vecchio proprietario (gli azionisti che ci avevano messo il grano e che ben sapevano di fare una attività rischio, lo perdono o tutto o in parte) lascia il posto a chi ci mette i nuovi soldi del "salvataggio" e la nuova entità bancaria ricomincerà a svolgere la sua attività secondo le leggi vigenti cercando di fare il massimo dei profitti, come è funzionale al sistema e come deve essere. Se in base a questo sistema si verifica che avvengono delle disfunzioni generali che provocano problemi, tocca alla politica intervenire con correzioni che obblighino il sistema economico a percorrere binari funzionali alla società. Dunque ragionando su quest'ultima crisi, si può dedurre che il sistema finanziario, che poteva disporre di strumenti sofisticati, tuttavia utili e necessari, ne ha fatto un uso talmente esagerato, anche se legittimo, da far saltare il sistema.
I coltelli, strumenti utilissimi per tagliare il salame e che non hanno colpe o meriti, sono stati usati invece per affettare le pance, in ultimo le stesse di chi li utilizzava, a causa dell'incapacità e dell'avidità degli uomini a cui ne era stato affidato il governo. La corretta punizione del sistema è consistita nella morte delle stesse istituzioni e nel loro passaggio di mano a chi le ha "salvate" mettendoci il suo grano. Se il grano ce lo mette lo stato ( e lo fa perché gli conviene), le banche diventano di sua proprietà e se poi queste risorgono lo stato stesso, quindi i cittadini ci guadagnano quando le rivenderanno. A questo punto ha sbagliato la politica a non accorgersi in tempo che i coltelli venivano usati troppo e male ed sarebbe suo dovere intervenire dettando nuove regole, sulla base dell'esperienza, perché questo non continui ad avvenire. Bisogna lasciare alle banche di fare il loro sacrosanto ed indispensabile mestiere, mentre la politica deve dettarne invece i regolamenti. Ma di questo parleremo domani.
Continua.
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