Sulle tracce dei figli. Manuale di sopravvivenza per genitori troppo “buoni” (collana partenze, pp. 96, Euro 13,50).
Lo psicologo Saverio Abbruzzese ci avverte: non è un problema di genitori “sbagliati” e i figli “giusti”, o viceversa. Oggi all’interno della famiglia esiste un problema di comunicazione: la modalità comunicativa impostata sin dal principio dal genitore determina il rapporto che si instaurerà con i figli soprattutto nell’adolescenza e l’autorità che essi avranno su di loro. Ma anche il tipo di rapporto che i figli successivamente stabiliranno con gli altri.
Nel nuovo libro l’autore invita ad analizzare le parole dei genitori, osservando le forme di comunicazione più comunemente utilizzate in famiglia. L’obiettivo è quello di «riflettere su quello che diciamo, su come lo diciamo e sui livelli di consapevolezza di quello che diciamo».
Studiando gli errori in cui un genitore si imbatte più frequentemente e spesso in maniera del tutto involontaria, Abbruzzese riporta nel testo gli effetti che queste modalità comunicative inefficaci o del tutto errate hanno in seguito sui figli. Siamo stati abituati in passato a confrontarci con figure genitoriali con ruoli ben definiti (generalmente il padre garante delle regole e della disciplina, la madre più affettuosa e disponibile); le rivendicazioni sessantottine in cui i figli si sono ribellati allo strapotere del padre padrone, hanno portato oggi a mamme e papà che eccedono in carezze, attenzioni e disponibilità. Eppure – afferma Abbruzzese – «spesso accade che la mancanza di affetto e l’eccesso di affetto producano lo stesso effetto», quasi sempre negativo. Bisogna quindi trovare la via di mezzo, evitando il buonismo e recuperando la propria autorità sui figli. Come? Risintonizzando genitori e figli sullo stesso canale comunicativo, in cui i ruoli siano ben definiti, in cui sia possibile coniugare la severità con l’affettuosità, l’intransigenza con la tenerezza, e soprattutto regole e affetti possano andare di pari passo. Impossibile? Il libro di Saverio Abbruzzese ci dimostra che non lo è.
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