Il mondo è sempre più complesso; continuare a produrre sempre meglio quello che fino a ieri il mercato chiedeva alle aziende può essere veramente un modo efficace per fare danni rapidamente.
Manifacturing BI non è solo saper produrre bene. Significa produrre le cose giuste al momento giusto distribuendole nel modo più conveniente, e per farlo occorre saper ampliare la prospettiva, coniugando pianificazione, logistica, produzione all’interno di un unico disegno. Nel mondo del fashion tutto questo è ulteriormente accelerato e reso complesso dalla tipologia del bene prodotto: la volubilità del mercato, la sua globalizzazione e una competizione sempre più impegnativa fanno sì che le vecchie certezze decadano, e l’esigenza di nuovi strumenti e nuove potenzialità di analisi si trasformino da elemento accessorio a vero e proprio asset aziendale.
Parlare di moda significa anche parlare di social BI, di informazioni non strutturate, di miniere di dati che possono aiutarci a comprendere cosa realmente vuole il mercato, cosa i clienti davvero chiedono. Sono masse di dati importanti, che non vengono trattate solo perché le imprese non sono abituate a trattarle, oppure vengono trattate con l’unico obiettivo di individuare la strategia di marketing più opportuna. La produzione in questo è lontana e la sua pianificazione tende a ricalcare vecchi schemi industriali.
Ma provando a pensare a cosa significhi monitorare costantemente il mercato analizzando dati social e web, tenere sotto controllo le risorse produttive, consegnare ciò che serve al momento giusto nel posto giusto, producendo beni volubili – come abiti e accessori d’abbigliamento – in un contesto dove aprirsi a mercati emergenti significa adattare la produzione a nuove taglie, nuove misure e – ampliando la prospettiva – nuove abitudini, culture e stili di vita.
Continuare a produrre in modo tradizionale significa cercare di imporre la propria visione al mercato. Saper guidare il mercato assecondandolo e producendo ciò che più chiede significa rafforzare la capacità di vendita.
Non significa, quindi, diventare passivi, piuttosto avere la capacità di cogliere le opportunità e instaurare un rapporto costruttivo con un’entità che non parli direttamente all’azienda, ma che si manifesti continuamente nel Web, nei negozi, nei giornali, ovunque si generi un punto d’incontro o di discussione.
Se il mondo ci parla (e vuole parlare) con l’impresa, quest’ultima deve ascoltarlo e comprenderlo: per farlo ci occorrono strumenti di analisi contestuale e predittiva. Ma il mondo non dice solo ciò che vuole, ma anche come lo vuole. E l’obiettivo dell’azienda dovrebbe essere proprio quello di riuscire a produrre ciò che serve e consegnarlo dove serve, con canali tradizionali e non. Questa è la manufacturing BI di oggi: una visione integrata che attraversa tutta l’organizzazione e che trasforma la conoscenza in azioni e le azioni in crescita. Gli strumenti concettuali e tecnologici esistono. La vera sfida è saperli utilizzare e trasformarli in una leva per vendere di più e meglio.
In questo contesto, per affrontare un progetto così complesso come quello della BI in ambito manufacturing, così come quello delle social analytics, le aziende devono:
- impostare correttamente priorità e obiettivi, prendendo coscienza di tutto quello che si può fare con la corretta integrazione dei dati;
- integrare i dati strutturati e non;
- analizzarli con strumenti adatti;
- agire con rapidità ed efficacia.
E per farlo serve un partner che coordini i vari player coinvolti nei progetti di manufacturing BI (dai consulenti di alto livello, che aiutano le aziende a stabilire gli obiettivi strategici, ai vendor, che dispongono delle tecnologie necessarie): idealmente un system integrator ugualmente incentivato al raggiungimento degli obiettivi da parte dell’azienda.
E qual è il valore aggiunto di un system integrator esperto di business intelligence per il fashion?