Il termine "marangone" deriva da quello dell'uccello lacustre, "smergo" (dal latino mergere: tuffare), che per nutrirsi si tuffa nell'acqua, proprio come facevano i primi falegnami per sistemare le carene delle galee, per cui, in seguito ad una serie di successivi variazioni, smergo-mergo-marango, si arriva appunto a marangone.
Questa categoria di lavoratori era così suddivisa:
- marangoni da case: realizzavano le parti in legno per gli edifici e oggetti per uso domestico
- marangoni da noghera: fabbricavano mobili
- marangoni da soazze: eseguivano cornici
- marangoni da nave: lavoravano all'Arsenale
Da non confondere con i marangoni erano gli intagliatori.
Questi lavoravano il legno d'intaglio e spesso lo rifinivano con una decorazione colorata o dorata. Alcuni di essi erano talmente abili da imitare perfettamente stoffe, cuoio e metallo.
Questa nobile arte si è tramandata ancora fino ai giorni nostri. In città il più celebre di questi maestri è forse Livio de Marchi, eccentrico artista-scultore che si contraddistingue non solo per la tecnica ma soprattutto per l'estro creativo non comune.