Il dipinto, tanto più ambiguo quanto vuol presentarsi semplice, costituisce secondo me il perno attorno al quale Tadini fa ruotare e continuerà a far ruotare il suo pensiero fino agli anni Ottanta. Si tratta sempre, per lui, della stessa problematica: essere o non essere pittore, credere alla pittura o non crederle più? È la questione che ci si pone ancora e alla quale Tadini fu il primo, con assai pochi altri, a rispondere in modo offensivamente positivo. Ma questa prima questione è legata a un’altra: quella dell’esistenza stessa del mondo reale e degli oggetti che lo abitano.
Si devono dipingere oggetti (sotto forma di rinnovata “natura morta”) o decidere di presentare, come nuova forma di espressione, gli oggetti stessi nello spazio, come avevano iniziato a fare gli Objecteurs sin dal 1965, ben prima che questo divenisse, poi, un sistema dominante? La mano rappresentata nel dipinto, con quel pennello rivolto verso il basso, sembra fornire una risposta negativa a quest’ultima domanda, ma è un’illusione. L’esternazione di questa problematica riguarda forse anche lo stesso Duchamp? Niente affatto: contrariamente a ciò che tutti credono e ripetono, Duchamp non era per niente ostile alla pittura, visitava le mostre dei suoi amici pittori, per esempio quelle di Rauschenberg e di Jasper Johns, di cui apprezzava l’intelligenza, ciò che definiva “l’auto-intelligenza”, la capacità di comprendere se stessi, di comprendere ciò che si sta facendo. Per verificarlo è sufficiente fare riferimento alla conversazione che ho avuto con lui a New York nel 1961, divenuta oggetto di un CD edito dal Centre Georges Pompidou. Emilio Tadini non ha nulla contro Duchamp, di cui non ha mai sottovalutato l’importanza, ma diffida, non senza ragioni, dalla strumentalizzazione che ne è stata fatta ad opera di artisti più o meno ignoranti riguardo a tutto ciò che Duchamp ha realizzato, al fine di giustificare, ai loro occhi, pressoché tutto, indifferentemente.
In questo senso, La porte del 1978, idea di pittore e di scrittore, è anche un quadro, ingegnoso, di “critica d’arte”. Una sorta di opera concettuale? Forse, benché il termine “concettuale” non convenga affatto al lavoro creativo di Tadini, dove i concetti sono sempre incarnati in immagini fisiche, sempre figurative. (…)
Alain Jouffroy
(dal testo: Emilio Tadini: pittore della rivoluzione interiore contro il nichilismo planetario, catalogo Silvana Editoriale, mostra Palazzo Reale di Milano, 2001)
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Questi file audio di Francesco Tadini integrano un archivio – di testi e immagini – che Spazio Tadini (Spazio Tadini è attualmente diretto da Melina Scalise, che cura e pubblica anche questi video) dedica a Emilio Tadini, grazie anche alla collaborazione di Fondazione Marconi di Milano.
Un grazie da Francesco Tadini a tutti i frequentatori del sito /archivio on line.
Gianfranco Pardi
Francesco Tadini consiglia: lettura di versi di Gianfranco Pardi in dedica a Emilio Tadini dal libro Torno subito: vedi LINK al canale Youtube di Francesco Tadini