Marcello Malandugno espone a Bergen

Creato il 10 settembre 2011 da Cultura Salentina

Marcello Malandugno espone alla galleria “The Obsession of Art” di Bergen (NL)

L’incessante attività di Marcello Malandugno non finisce di stupire per l’alto valore pittorico delle sue opere e l’entusiasmante, continua sperimentazione compositivo-materica che riesce, qualitativamente, a realizzare. Il 4 Settembre 2011 l’artista ha presentato, accompagnato dal critico d’arte Paolo Marzano, il suo nuovo ciclo di pitture alla galleria “The Obsession of Art” di Bergen, Amsterdam (NL) dal titolo “Myths of Man”. I diversi ‘osservatori’ del pittore italiano, già proprietari di alcune sue opere, hanno confermato l’evidente sofisticata evoluzione espressiva dell’artista che continua a distinguersi nel panorama nazionale e mondiale per l’originale ‘densa’ scelta espressiva.

All’inaugurazione, dopo l’introduzione dei gallerista Joost van Zoelen, Malandugno ha potuto interloquire con i curiosi, con gli appassionati ed i collezionisti che lo seguono ormai da diverso tempo.

Intervento critico di Paolo Marzano (versione italiana) presentato all’inaugurazione, presso la galleria “The Obsession of Art” di Bergen Amsterdam (NL), della personale di Marcello Malandugno dal titolo “Myths of Man”, del 04/09/2011.

FIGURE ‘IMMODULI’

In quest’ultimo ciclo di opere, Malandugno, giunge a maturazione comprovando il capace controllo della sua complessa strumentazione espressiva.
Un ‘codice’ interessante elaborato nel corso di tutti questi anni.
Gli ‘angeli’ o le ‘figure alate’ di Malandugno, ‘terreni’ nel corpo, ma evanescenti nello sguardo, sono stati capaci di strutturare e costruire un ambito pittorico prettamente organico e assolutamente contemporaneo, a cui, il ‘sofisticato’ pittore, continua a porre, non poche domande.
La figura, ne esce affrancata, trovando una sua collocazione ‘di prossimità’, sempre più affinata dall’incessante sperimentazione.
E’, nella lenta elaborazione dell’opera che si celebra la ‘tecnica’, basata nel sovrapporre materia e comprendendo maggiormente l’azione di un tempo ‘pittorico’ in nuce.
Meticoloso e paziente scultore della superficie, Malandugno assoggetta le leggere pellicole di carta alla composizione, come strati di una nuova pelle, diffonde i colori sommandoli a patine dense, coinvolgendo così, in quest’azione, l’attività di uno spazio da sempre ricercato ed evocato. La figura ri-generata assume allora vigore, assorbe energia.
Evidente indagine metafisica della struttura compositiva o ricerca spasmodica di una divinità delle distanze ? La risposta potrebbe essere nello sguardo.
Però, potrebbe.
Dolci sguardi; attoniti, nostalgici, forse sgomenti, di ‘figure alate’. In quest’ultimo ciclo l’apparato strumentale ed espressivo di Malandugno, c’è tutto; volumi e profili di memorie ‘novecentesche’, ‘brevi’ sovrapposizioni morandiane di piani che si alternano a possenti, tornite classicità chiaroscurali sironiane.
Tutta terrena quindi la figura, s’impone nella sua classica postura, ma rinnova il significato della sua stessa presenza. Lo sguardo è carico, per Malandugno, di una componente attiva che così, chiede e ottiene spazio, proiettando l’intera composizione, magistralmente, su dimensioni diverse.
Lo sguardo è un ponte sempre in costruzione, l’accesso senza margini, necessario per mutare … un’altra volta. Lo sguardo è sempre un’efficace sovrapposizione, sfiora gli oggetti e accarezza l’intorno, stratificando mondi ed elargendo generosamente su di essi, livelli sempre nuovi, di conoscenza. Solo una virtù, che per Malandugno è divina (angelica), può trasformare lo sguardo in sedimento, i ricordi in fossili.
Interessanti sono le ultime opere ‘capienti’ di spazi e di superfici. Consentono l’evolversi di un gioco frattale creato da imprevedibili accostamenti, di sostanza, colore, segno.
L’artista unisce sapientemente pannelli di legno (dittico), accosta riquadri, disarticola superfici oppure ‘taglia’, secondo un atto sublime di recupero di spazio materico e concettuale, utile alla nuova multidirezionalità delle componenti pittoriche ‘sensazionali’.
Opere ‘modulari’ e geometrie ‘multiple’. Una controllata crescita frattale che qui, realizza una prassi dinamica dimensionale e un comodo accesso dell’azione, su spazi diversificati tutti possibili. Questo diventa l’ambito ‘periferico’ delle figure alate di Malandugno. Entità che non concedono il tempo dell’appartenenza a questa realtà, manca infatti la loro ombra proietta nell’intorno.
Gli sguardi verso un altrove sempre desiderato, hanno dunque liberato Crisopelea (ninfa della natura) dal nativo tronco di quercia. Perfetta l’alchimia tra tempo, memoria, realtà delle cose e della loro percezione. Il divino, che Malandugno trae dalla figura femminile, non è altro che la possibilità di completarne la presenza, in questo infinito.
E mentre la donna alata, appena posata, genera la terra, volge un’altra volta lo sguardo, verso un tempo nuovo: desidera il senso inedito delle cose del mondo. Il sogno di un altro infinito che si rivelerà da qui a poco, nel tempo breve, di un battito d’ali.

Marcello Malandugno è presente all’iniziativa promossa dal PADIGLIONE ITALIA nell’ambito della 54esima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, curata da Vittorio Sgarbi, dal titolo “Lo Stato dell’Arte” Puglia – Lecce, dall’ 8 Luglio al 23 Ottobre, all’Ex Convento dei Teatini a Lecce, con l’opera “De Consolazione Philosophiae”.


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