“più nulla qui
è rimasto che sia un qui.”
Stavo nel mezzo, tra invenzione ed ansia
di nominare, inseguendo corsivi
e stampatelli lungo continenti,
chino per imparare a menadito
vocali e consonanti, nomi e strane
corrispondenze; poi cambio di pagina
e rotta verso casa. Lì, al suo posto
una certezza, sempre: inamovibile.
***
Darei qualsiasi cosa – se non
tutto parecchio almeno – per prendere forma
di pulviscolo, microbo, o tarlo
dell’immaginazione, farmi strada
poi chiudere le vie di fuga.
Allora avrei buon gioco
A scambiare gli allacci tra i neuroni,
a dissodare un pò il terreno;
potrei tracciare segni per tutti
Identici ed al borbottio ridare senso
e grinta di parola.
Averla questa forza di accorciare
le distanze, indicare gli orizzonti,
nuovamente raccogliere le facce
disparate in un’unica medaglia,
di opposti fare sintesi efficace:
assomigliare quindi un poco a dio.
***
Ripiegavo sul fiume: era la spanna
il nuoto della lontra per il tempo
e lo stupore mai veniva meno
per un nome sospinto senza sosta
oltre i recinti, intatto ai dialetti.
Stupore per l’inizio e per la fine,
per l’esserci di un limite alla corsa
dell’energia che nasce tra gli estremi.
(Conoscenza del vento, Ladolfi, 2011)