di Patrizia Poli
Anime nude
Marco Milone
Narcissus, 2014
“Anime nude” è una raccolta di liriche brevi. Alcune ricordano molto da lontano l’ultimo Caproni del “Conte di Kevenhüller”, quasi che si sia rinunciato ad esprimersi per l’esterno, a comunicare con un’umanità che le speranze deride e violenta, e si ripieghi sulla nostra sabbiosa malinconia, sui nostri ricordi, che sono sentieri dolenti, “solo per me”, perché nessuno può capire i sentimenti altrui, né condividerli.
Insistito il concetto di morte, la signora oscura, (salme, lastra tombale) insieme alla ricerca dell’Assoluto, che non è solo Ente Supremo che scaglia la sua ira sul creato -e, al contempo, si manifesta a chiunque lo cerchi - ma anche sovrannaturale in senso più ampio.
Rime volutamente facili e sgraziate, (immensità-profondità- radiosità/ abbarbagliate-levigate- salassate); parole che tornano come echi quasi in ogni poesia: malinconia, salma, eterno, scelte lessicali non complicate ma desuete per un autore classe 1980 – persino echi foscoliani, la fatal quiete - che non si lasciano per niente influenzare da una facile contemporaneità: cotanta beltà, giammai, opifici, zefiro.Il verso è disadorno, aspira, come l’autore, alla purezza e all’autenticità.
Ci piace riproporre qui, in particolare, la dolente “Palme insanguinate”
Palme insanguinate
Intinsero di dolore
Le mie scapole
Lo splendore
dell’uomo che fu
scomparve
assalito
dalle arcane forze
or ora liberate
Un inquieto zefiro
Ci stipò
In angusti anfratti
Che soffocavano i nostri tremiti
E come si fece buio,
tal era rarefatta l’aria
che i nostri respiri si annullarono.