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Margaret Mazzantini: l’Attualità Diventa una Favola

Creato il 15 dicembre 2011 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il dicembre 15, 2011 | LETTERATURA | Autore: Manuela Marascio

Margaret Mazzantini: l’Attualità Diventa una FavolaLe emozioni forti possono condire la cruda oggettività del racconto di un fatto. Un giornalista osserva e commenta in base a ciò che i suoi occhi percepiscono, ma la realtà che gli sta di fronte non può cambiare, rimane cristallizzata nello spazio ristretto del presente. Se quella storia, invece, è narrata attraverso persone che ne sono protagoniste a tutti gli effetti, allora le parole si arricchiscono di odori, sapori e ricordi, sfumando e perdendo contorni netti. Margaret Mazzantini apre il suo “Mare al mattino” (Einaudi, 2011) con frasi brevi e incisive tipiche del bravo giornalista che vuole imprimere nella mente di chi legge certe immagini. Viene presentata la dura realtà dei profughi in fuga dalla Libia, rivolta direttamente a quel lettore che forse si lascia passare distrattamente sotto gli occhi i titoli dei quotidiani o ascolta il telegiornale senza particolare interesse. Poi, come per magia, questa voce si fa sempre meno distaccata e si confonde con i pensieri dei personaggi, che vivono due storie parallele, ma, in qualche modo, intrecciate: due donne, con i rispettivi figli, agli estremi opposti di un mare che può rappresentare salvezza o dannazione. Da una parte, Jamila e Farid, in fuga verso l’Italia, completamente abbandonati nelle mani del destino; dall’altra, Angelica e Vito, con i piedi sul suolo italiano ma la mente e il cuore sempre rivolti a una terra ricordata o vagheggiata. La loro vicenda è priva di avvenimenti significativi nel presente: tutto si sviluppa attraverso continue proiezioni verso il passato o verso il futuro, con alternanza di speranze, illusioni e disillusioni, mentre, alle loro spalle, in un luogo e in un tempo che ormai li riguarda solo in parte, si snoda la difficile evoluzione politica del loro Paese.

Margaret Mazzantini: l’Attualità Diventa una Favola

Emergono, quindi, nello stesso tempo, la fragilità e la grande determinazione di due donne che aspirano a una vita nuova, magari migliore, ma comunque diversa. Jamila è l’immagine che siamo stati abituati ad osservare negli ultimi mesi: è la cieca e folle fiducia in un barcone troppo instabile, è la ferma volontà di non perdere del tutto la dignità umana quando si viaggia ammassati come bestie. Angelica rappresenta l’infanzia bruciata, annientata troppo presto dal rumore e dalla violenza degli adulti; rappresenta l’attesa che non vuole piegarsi alla rassegnazione e che si alimenta ricordando gli angoli e i volti di Tripoli. Sono due donne, ma sono soprattutto madri. E mentre Jamila stringe a sé il corpicino tremante di Farid che abbandona a malincuore la terra africana, calda e selvaggia, Angelica accetta di accompagnare Vito in un viaggio alla scoperta del luogo in cui è nata, che ancora riesce a conservare qualche tratto familiare nonostante gli anni più terribili. Spesso, l’italiano medio, distratto, chiude il giornale sospirando o commentando con qualche parola di circostanza, nonostante sia appena venuto a conoscenza di fatti cruenti e drammatici; ma la Mazzantini, in questo caso, essendo riuscita così bene a mescolare i diversi punti di vista della cultura italiana e di quella libica, non può non suscitare una riflessione in più, un indugio maggiore di fronte agli spazi bianchi della pagina. E la favola, nonostante l’amarezza, non rinuncia a cercare il suo lieto fine nell’annuncio lontano di un’imminente liberazione dal dittatore sconfitto.



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