Ecco, Margherita Hack, la grande astrofisica, ricorda così la sua professoressa al liceo, donna innamorata di scienza che ha tanti ha trasmesso l'amore della scienza. La professoressa Enrica Calabresi. Una donna minuta e taciturna, segnata profondamente dal dolore. Una scienziata cacciata dalla ricerca e dall'insegnamento perché ebrea.
Della sua professoressa Margherita Hack ha già parlato diverse volte, con una fedeltà che trovo commovente. Lei, la scienziata affermata. Torna ora a parlarne in una conversazione con Daniela Gross pubblicata su Pagine ebraiche, con un titolo che forse è la cosa più bella: Ho scelto la libertà nel nome di Enrica.
Margherita Hack incontrò per l'ultima volta la sua professoressa in una via del centro di Firenze, quando ormai si era scatenata la grande caccia all'ebreo. Mi parve un animale braccato. Di lì a poco l'arrestarono e si suicidò nel carcere di Santa Verdiana, alla vigilia di quel treno che la avrebbe dovuto consegnare ai forni di Auschwitz.
Di Enrica Calabresi fino a qualche anno fa era rimasto solo il nome, che non era facile collegare nemmeno all'orrore delle persecuzioni razziali. Sono contento di aver scritto un libro, Un nome appunto, che racconta la storia di Enrica Calabresi. Sono contento che Margherita Hack dimostri ancora una volta che scrutare le stelle non è un buon motivo per ignorare le storie degli uomini.
I professori che valgono hanno sempre buoni allievi. E viceversa.