Siamo state molto occupate, di recente.
Abbiamo viaggiato, molti chilometri di strada lasciandoci dietro la città nota, gli amici di scuola, le giornate di routine consolidata e rassicurante.
Siamo arrivate nella città delle origini, cose da sistemare, appuntamenti da fissare e faccende da sbrigare, nonne zii e cugini, una casa che non è la nostra, un prato appena fuori dal cancello, che dichiara primavera aperta, primavera imperiosa e ruggente.
Sono loro, le messaggere, le portavoci, profetesse di un felice annuncio.
Lei si è tuffata nell'oceano frusciante e sussurrante di petali delicati e molli steli, di luce e vita che prorompe da ogni singola corolla, e chiama e proclama:
"Siamo, noi, le messaggere, le aralde della nuova stagione. Diamo il benvenuto al caldo, e al sole, alla luce e alle brezze. Stendiamo morbidi tappeti di velluto sotto i corpi delle bambine, rallegriamo l'aria con il nostro profumo, gli occhi con il nostro candore, punteggiamo i prati di speranza di rinascita, cacciamo via l'uggia del grigio inverno, ci nutriamo di gocce di rugiada e regaliamo felicità ai visi, offriamo i nostri steli alle dita cicciotte di manine appiccicose e attente, siamo l'effimero piacere di mani e occhi che smaniano di riconoscere i segni delle stagioni che si avvicendano, siamo le rappresentanti ufficiali della prima, vera stagione dell'anno, quella in cui tutto inizia e niente ristagna, ci stendiamo a perdita d'occhio ove il verde in città lo consente, stringendoci in quei quadrati di terra che ancora sfuggono all'asfalto, e al lastricato, regaliamo ore a chi voglia, per un po', fare di noi un momentaneo memento del tempo che passa, raggruppandoci a mazzolino e donandoci, a sua volta, come gesto di affetto e riconoscimento reciproco: Tieni, mamma, questi fiori sono per te. Sei contenta, mamma? Hai visto, mamma? Che bel mazzolino ho raccolto per te?
Siamo le vittime incolpevoli di giochi crudeli, di amorevoli possessi e spietati abbandoni, non ci offendiamo, non recriminiamo. Altre figlie nasceranno nei prati, dopo il nostro sacrificio.
Dopotutto la nostra vita dura appena il tempo di un "Oh! Che meraviglia! Guarda: il prato è pieno di margherite! Non ne ho mai viste così tante".
Regaliamo giornate fresche come risate di bambine, ronziamo di api industriose e ci scostiamo per lasciarvi passare, in cambio ci prendiamo un posto nella vostra memoria, i vostri ricordi più belli d'infanzia, le vostre ghirlande, le vostre passeggiate, i vostri pomeriggi dopo scuola, i vostri rientri nella sera sempre più stiracchiata nel giro più ampio di un sole rampante, i profumi che per tutta la vita vi accompagneranno, sussurrando al vostro spirito: ecco, primavera!
Un buco sulle calze a pois, i capelli a caschetto tagliati di fresco, il vestitino a righe e le scarpette nere fiorite, che oscillano a pelo d'erba, un'altalena, e il sole che ci abbaglia.Eccolo qui il nostro ricordo, il ricordo che ci donate, che vi doniamo, fiorellini gentili, generosi, umili e, per me, indissolubilmente legati all'infanzia, al passato, a qualche vecchia foto a colori sbiadita.
Punti-luce su uno sterminato verde, in cui affondare i nostri piedi.
Gioia un po' sorpresa, incredula, per la vita che trabocca, così, gratuita, dalla terra, bastevole di sé.
Come queste due piccole viaggiatrici dell'universo, che lascerò proseguire un giorno da sole, che piano piano si allontanano da me, sulle loro gambe.
Buona primavera.